L'Associazione genitori non affidatari: 'Sempre più casi di madri che non fanno vedere i figli all'ex marito, per le tutorie servono regole chiare'
“Facciamo del coronavirus un’opportunità per i diritti alle relazioni personali dei bambini con ambedue i loro genitori”. È l’appello lanciato dall’Associazione genitori non affidatari (Agna) con una lettera inoltrata nei giorni scorsi a consiglieri di Stato, granconsiglieri, sindaci, municipali e presidenti di partito. Un appello «necessario», spiega da noi interpellato il presidente dell’Agna Pietro Vanetti: «Con l’insorgere di questo virus siamo confrontati con molti casi dove madri separate, con il sostegno di patrocinatrici e presidenti delle Autorità regionali di protezione (Arp), sfruttano la situazione per allontanare, cancellare i padri dalla vita dei figli». Risposte a questo appello? «Una sola, un ringraziamento per aver spedito il materiale, da parte di un deputato. Fine, stop. Siamo molto preoccupati». E il motivo è che «le Arp vanno riorganizzate, il prima possibile».
L’attualità, riprende Vanetti, «non fa che confermarlo. Una madre, dietro consiglio della patrocinatrice, ha comunicato all’ex marito e padre dei suoi figli che se avesse voluto incontrarli per i regolari diritti di visita deve presentare un tampone negativo, insomma, dimostrare di non avere il virus. Non può farlo, perché non ha sintomi. Si rivolge all’Arp ma nessuno risponde proprio a causa del virus...». E di casi simili ve ne sono «tanti».
Non colpevolizza più di tanto comportamenti come questi, il presidente dell’Agna. «Magari è anche comprensibile», concede: «Ma i padri separati non possono vivere incrociando le dita che i rapporti con la madre siano civili, le Arp devono dare indicazioni chiare». E non lo fanno? «No che non lo fanno», risponde. Nel senso che «è dal 2008, dalla pubblicazione del rapporto Affolter, che tutti sanno cosa serve per la loro riorganizzazione: più risorse umane, preparazione professionale, predisposizione personale al diritto di famiglia, coordinamento e uniformità nelle decisioni, promozione della mediazione e promozione dell’affido condiviso». Insomma, «bisogna muoversi» conclude Vanetti.
«Come tutte le autorità, anche le Arp hanno dovuto limitare per quanto possibile il loro lavoro: cercano però di rispondere ai bisogni di protezione pure in questo difficile periodo», dice alla 'Regione' Frida Andreotti, direttrice della Divisione giustizia al Dipartimento istituzioni -. Come riferitomi dalla Camera di protezione del Tribunale d'appello, i servizi essenziali sono assicurati: le decisioni relative alla privazione del diritto di determinare il luogo di dimora, quelle di sospensione dell’esercizio delle relazioni personali, i ricoveri a scopo di assistenza, l’adozione e/o la modifica di misure urgenti di protezione. Tengo inoltre a ricordare che anche in questo periodo chi non condivide un provvedimento dell'Autorità regionale di protezione ha la facoltà di ricorrere alla Camera di protezione, la quale continua pure a vigilare sull'operato delle Arp».
Quanto all’esercizio dei diritti di visita delle famiglie affidatarie, nel rispetto comunque dei provvedimenti sanitari adottati dal Consiglio di Stato, «le Arp e i curatori educativi si adoperano da settimane per aiutare i genitori a valutare vie alternative, dando loro la possibilità di concordare una soluzione accettabile per entrambi e intervenendo unicamente quando questa non sia possibile o percorribile», spiega la responsabile della Divisione giustizia. Insomma, «si dà ai genitori l'opportunità di tentare di trovare delle soluzioni, anziché vedersele imposte.
E non si può escludere che alla fine di questa crisi certe soluzioni possano consolidarsi, visto che le Arp non mancheranno di tenere conto di ciò che è stato negoziato tra i genitori se quanto concordato ha 'funzionato'». Riguardo alla futura organizzazione del settore tutele e curatele in Ticino, il Gruppo di progetto istituito dal governo, e di cui fa parte anche Andreotti, propende per il modello giudiziario. In sintesi: tot nuove Preture, distribuite sul territorio cantonale, in ognuna delle quali un pretore e specialisti in ambiti come quello sociale o pedagogico adotterebbero le misure del caso in materia di diritto di protezione del minore e dell'adulto.
«Su questo scenario - indica Andreotti - siamo in attesa che il governo si pronunci».