Culture

Fabio Concato, 40 anni di musica: 'Gigi è mio padre'

Fabio Concato e Paolo Di Sabatino
(Roberto Manzani)
31 maggio 2017
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C’è stato un tempo in cui per suonare i tormentoni dell’estate in riva al mare bisognava essere un buon chitarrista. Se ti chiedevano “Domenica bestiale”, non te la potevi cavare con quattro accordi. Le canzoni di Fabio Concato, anche i momenti più popolari, sono sempre state un banco di prova per tutti, diplomati, dopolavoristi seri e strimpellatori semplici. Tra i professionisti, una delle massime aspirazioni in sua presenza è accompagnarlo nel brano “Gigi”, il ponte che collega Fabio al jazz.

“Gigi”, inteso invece come album, è un live celebrativo di 40 anni di carriera uscito lo scorso 12 maggio, con il cantautore accompagnato dal Paolo Di Sabatino trio. “Gigi è mio padre”, raccontano le note di copertina, che narrano di un genitore non musicista, ma con una passione così grande per il jazz e la musica brasiliana da produrre nel figlio il migliore dei plagi possibili. «Mio padre ascoltava Jerry Mulligan, Chet Baker, Bill Evans, e poi Jobim…», ci racconta Concato. «Quando avevo 3 o 4 anni mi faceva sentire delle cose e io svisavo sulla musica con un pettine e una velina, arrotolata sopra», pari pari a quanto cantato nella prima versione di “Gigi” canzone (anno 1990, album “Giannutri”), con videoclip annesso:

Il Concato che sul palco si offre in pasto alla platea, nella vita è persona riservata, «nemmeno t’immagini – racconta – quante volte durante un’intervista mi hanno detto “sì, va bene la musica, ma dimmi qualcosa di piccante, di scabroso…”». Sorride, l’artista: «io rispondo che no, non ho niente di scabroso, nemmeno se mi mettessi d’impegno». Proviamo ugualmente a entrare nel privato, ma soltanto in quello della canzone: «dunque…1989, inverno inoltrato, piena Maremma, Ansedonia (frazione di Orbetello, provincia di Grosseto, ndr)». Fabio ricorda «il buio, niente luce sulla strada, un disperato bisogno d’isolarmi». Oggi, in quella casa, giura che non ci passerebbe nemmeno mezz’ora. «Ricordo anche i 12 gatti che sfamavo, appoggiati alla porta a vetri che dava sul giardino», aggiunge. Riassumendo, «“Gigi” è nata in perfetta solitudine, come accade di solito, scritta in un pomeriggio, musica e parole. La mattina dopo l’ho riascoltata, mi sembrava funzionasse. Oggi è la canzone che amo di più…». E oggi "Gigi" – singolo brano, ma anche album (riassunto in 4 minuti) – suona più o meno così:

Considerato Fabio come strumento a sé («mi hanno dato spesso del ‘fiato’, trombettista o sassofonista»), in questo nuovo album suonano Marco Siniscalco (il contrabbasso), Glauco Di Sabatino (la batteria) e Paolo Di Sabatino (il pianoforte), colui che al trio dà il nome, arrangiando tutto. Pianista-autore-arrangiatore-docente, il suo biglietto da visita è “Voices” (2011), album zeppo di stelle nel quale – con Gino Vannelli, Peppe Servillo, Gegé Telesforo e molti altri – appare pure l’amico Fabio in “Cosa ne sarà”. Concato è autore che non teme chi mette le mani sulle sue ‘creature’: «le canzoni sono degli altri già nel momento in cui le facciamo ascoltare – risponde – com’è giusto che sia. Sono anche mie, non soltanto mie». E, con Di Sabatino, dice di trovarsi così bene che «alla fine dei concerti ci chiedono “Ma c’è il disco?”, e fino a ieri noi rispondevamo “No, non c’è il disco”. Adesso finalmente c’è». L’amalgama tra i ‘musici’, come li chiama lui, ha permesso di registrare questo nuovo live assai rapidamente: «è un ‘quasi buona la prima’», confessa. E con la consueta ironia aggiunge – «dico ‘quasi’ per non suonare presuntuoso…».

Il rapporto di Fabio con il pianoforte è viscerale: «mi sono incallito su Chick Corea, anche se il mio preferito resta Bill Evans, mi fa impazzire Gonzalo Rubalcaba, il jazz del nord Europa, ma ci sono anche cose che mi fanno perdere tempo, non perché è jazz allora è per forza tutto buono». Un elogio anche per Bollani (ospite in “Tutto qua”, ultimo Concato inedito) e per Enrico Pieranunzi («per come mette poche note quando è il caso di metterne poche, mi ricorda molto Bill Evans»). La bossanova e il jazz di papà stanno un po’ ovunque nella discografia di Concato. «Sì, credo sia proprio l’imprinting», dice. «”Rosalina” me la chiedono già dopo 5 minuti di concerto, “Gigi”…anche». Tanto che gli arrangiamenti di questo nuovo live sono sì jazz, ma per canzoni che sembrano essere sempre state così.

Un passo indietro, per concludere. Aprendo il libretto di quest’ultima opera, ci s’imbatte in una manciata di righe così belle che quasi vien voglia di buttar via l’articolo e fare un copia-incolla. Quelle note, scritte da Fabio di suo pugno, si chiudono con una domanda da figlio a padre, la stessa domanda che sta nel testo della canzone, una richiesta tanto intima quanto la sua risposta, forzatamente disattesa: “…chissà se ti piacerà”.

p.s. di seguito, "Gigi" così come ce lo avrebbe presentato il suo autore...