ISRAELE/LIBANO

Israele minaccia reazioni: «Hezbollah viola la tregua»

Secondo il ministro della Difesa israeliano Israel Katz i combattenti nemici violano una delle condizioni dell'intesa.

5 gennaio 2025
|
(fonte: ats ans)

TEL AVIV - «Hezbollah viola la tregua, Israele sarà costretto a reagire». Nel pieno dei 60 giorni di cessate il fuoco stabilito dopo due mesi di guerra al confine tra il Libano e lo Stato ebraico, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz alza i toni contro le milizie filo-iraniane responsabili di non rispettare i termini dell'accordo.

Secondo Katz, i combattenti Hezbollah non si sono ancora ritirati a nord del fiume Litani, a circa 30 km dal confine israeliano, una delle condizioni dell'intesa. «Se questa condizione non verrà soddisfatta, non ci sarà alcun accordo e Israele sarà costretto ad agire unilateralmente per garantire il ritorno sicuro dei residenti del nord di Israele alle loro case», ha aggiunto il ministro.

Gli israeliani sfollati dalla zona dopo il 7 ottobre 2023 dovrebbero rientrare il primo marzo, è stato l'annuncio del ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich. Ma la situazione al confine resta tesa: dal 27 novembre, data di avvio della tregua, entrambe le parti si accusano a vicenda di violarla ripetutamente. Sabato era stato il leader di Hezbollah, Naim Qassem, ad avvertire che i suoi erano pronti a rispondere se Israele non avesse rispettato l'accordo.

Un funzionario israeliano ha spiegato al Times of Israel che le minacce di Israele di restare in Libano dopo i 60 giorni di cessate il fuoco servono soprattutto a fare pressione sulle forze armate libanesi affinché rispettino i loro obblighi e prendano il controllo del sud del Libano. Israele preferirebbe infatti di gran lunga che l'area fosse presidiata dall'esercito regolare di Beirut e che Hezbollah si ritirasse completamente dalla zona, ha aggiunto la fonte, spiegando che in Israele "la sensazione è che non abbia senso riaprire quel fronte".

Il dossier Libano era sul tavolo dell'incontro sulla sicurezza convocato dal premier Benyamin Netanyahu nel pomeriggio a Gerusalemme con un piccolo gruppo di ministri. La riunione dovrebbe aver affrontato anche la questione degli ostaggi e i negoziati in corso a Doha, con i ministri di estrema destra Smotrich e Ben Gvir che si sono già opposti alle proposte avanzate per il cessate il fuoco.

Sul fronte di Gaza infatti, mentre l'Idf ha intensificato i raid contro «obiettivi di Hamas» causando ogni giorno decine di vittime, proseguono i colloqui indiretti mediati in Qatar anche da Egitto e Stati Uniti. Ai negoziati si è unito nelle ultime ore - secondo Axios - anche l'inviato di Joe Biden per il Medio Oriente Brett McGurk, mentre il sito saudita Saudi Al-Hadath riferisce che lunedì arriverà in Qatar il capo del Mossad David Barnea per discutere i dettagli della bozza di intesa.

Un esponente di Hamas ha annunciato alla Reuters che il movimento palestinese ha approvato la lista di 34 ostaggi, come richiesto da Israele, da rilasciare in una prima fase (circostanza subito smentita dall'ufficio del premier). Tuttavia, il funzionario del gruppo ha precisato che qualsiasi intesa resta subordinata al ritiro completo dell'esercito israeliano da Gaza e a un cessate il fuoco permanente: su questo punto - ha però ammesso - non ci sono stati progressi da parte israeliana.

Netanyahu ha infatti più volte ribadito - anche nei precedenti tentativi di accordo - che Israele non intende impegnarsi a porre fine alla guerra e che, al contrario, riprenderà la sua lotta contro Hamas alla fine di qualsiasi accordo venga raggiunto.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE