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L'impatto del Covid sul costo del petrolio

Gli effetti della pandemia sul turismo globale

28 maggio 2021
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La pandemia del Covid-19 è la causa di un’emergenza sanitaria, sociale ed economica senza precedenti, con pesanti conseguenze sulle prospettive di crescita di molti Paesi e di molteplici settori. Uno dei comparti più in sofferenza è quello dei viaggi e del turismo, un’industria fortemente connessa con i processi di globalizzazione. L’evento pandemico ha mostrato la vulnerabilità dei sistemi turistici a livello mondiale, nazionale e locale, generando uno scenario caratterizzato da forti incertezze, prospettive sfavorevoli e fragilità diffuse. Dopo anni in cui si è registrata una notevole espansione del comparto turistico, confermata anche all’inizio del 2020, le limitazioni alla libertà di movimento delle persone e la sospensione di molte attività economiche hanno fortemente inciso sulle condizioni di operatività e di economicità delle aziende turistiche.

Se tra le prime conseguenze si assiste, da una parte, ad una drastica diminuzione, rispetto all’anno precedente, dei voli per piacere e di quelli per lavoro, dovuti anche al taglio delle diverse rotte e del numero di aeromobili, dall’altra compagnie come l’Air Charter Service dichiarano un aumento delle richieste di voli logistici professionali da parte dei settori petroliferi, del gas e minerari. Il loro obiettivo è mantenere una connessione a lungo termine senza dover incorrere in ritardi o interruzioni dovuti alle norme di restrizioni per il Covid o alle quarantene nelle destinazioni d’arrivo. Vi sono alcune zone dove le richieste sono rimaste piuttosto stabili, riporta il direttore commerciale Matthew Purton, ricevendo sempre più richieste da Sudamerica, Africa e Australia.

Inevitabilmente la diminuzione dei voli aerei ha inciso profondamente sull’altalenarsi del prezzo del carburante nel mercato globale della produzione.

Qual è stato l’impatto del Covid sui costi del carburante?

Anche se le energie rinnovabili stanno facendo registrare uno sviluppo molto importante, è chiaro che il ruolo del petrolio nell’economia mondiale è ancora fondamentale. A partire dal combustibile fino arrivare alla produzione industriale, il legame con quello che viene chiamato “oro nero” è decisamente forte. Ecco spiegato il motivo per cui, di conseguenza, il prezzo del petrolio rappresenta uno di quei fattori da non perdere assolutamente di vista, visto che svolge un ruolo di primo piano in riferimento all’inflazione, senza dimenticare come, per colpa della pandemia da Coronavirus, la volatilità che l’ha caratterizzato è stata altissima. 

Come cambia il prezzo del greggio

La pandemia ha condizionato notevolmente il prezzo del greggio. Per esempio, il WTI aveva toccato i 65 dollari al barile nel corso della primissima fase dell’anno scorso, arrivando invece persino al di sotto della soglia di 10 dollari nel corso del primo tremendo impatto del virus sull’economia mondiale.

Una volta passata la fase più difficile, ecco che il prezzo del petrolio ha fatto registrare un trend nuovamente in aumento, raggiungendo in estate del 2020 i 45 dollari al barile. Da quel momento, ha fatto registrare un trimestre piuttosto debole e poco incisivo, salvo poi riprendere la sua inesorabile corsa fino a toccare nuovamente i 65 dollari al barile. Insomma, una vera e propria montagna russa, riprendendosi i livelli che erano stati toccati a inizio 2020.

Tuttavia dall’analisi fatta dall’International Energy Agency (Iea) viene fuori che il petrolio consoliderà la sua risalita. Il ritorno ai livelli pre Covid dovrebbe avvenire tra il 2022 e il 2023. Poi la marcia proseguirà, con un picco di 104 dollari al barile nel 2040. 

Quale futuro dopo la pandemia?

Prima di passare al lungo periodo bisogna soffermarsi sulla risalita odierna. Il petrolio post Covid sarà lo stesso di quello del pre pandemia nei prossimi due-tre anni, quando cioè si rientrerà dal colpo del virus? No. Stringendo ancora di più la prospettiva della risalita, nel terzo trimestre di quest’anno (aprile-giugno), le tre principali agenzie di analisi del petrolio prevedono il ripristino del 60-65% della richiesta persa e tra il 60 e il 75% nel quarto trimestre. Poi la risalita proseguirà per arrivare a saturare le perdite nel 2022-2023.

Prendiamo gli Stati Uniti, primo produttore al mondo. Per parecchi anni produrranno meno del picco del 2019. Quindi la produzione non sarà più la stessa a fronte di un prezzo che invece sta registrando una risalita più decisa. In sintesi: i prezzi stanno tornando gradualmente quelli di una volta, ci vorranno due-tre anni, ma il primo produttore del mondo diminuirà la sua produzione. Altro discorso - ma questo è legato alle decisioni che prenderanno - è quello che faranno l’Arabia Saudita e la Russia.

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