Ascoltando i canti in Alaska
Il Mare di Bering orientale, al largo delle coste dell’Alaska, ospita più di 12mila balene beluga. Almeno, questo è il numero di cui gli scienziati sono a conoscenza. Ma questa stima comprende solo le balene avvistate nell’oceano. Non tiene conto, infatti, dei beluga che potrebbero trovarsi nei fiumi Yukon o Kuskokwim – e dei cacciatori indigeni della regione sanno che spesso migrano a monte in cerca di cibo. È qui che entra in gioco una recente collaborazione tra il Programma Artico del WWF USA e le comunità indigene di Kotlik ed Emmonak. Il progetto pilota sta testando l’uso di idrofoni (apparecchi che captano rumori sott’acqua) per rilevare i beluga nel fiume, al fine di ottenere un quadro più accurato di come i beluga utilizzino l’habitat d’acqua dolce e per contribuire a garantire la protezione di questi animali marini artici. Gli sforzi per la conservazione dei beluga dipendono, infatti, da un conteggio accurato delle balene. Anche i cacciatori indigeni hanno bisogno di sapere quanti beluga ci sono, in modo da decidere quanti se ne possono catturare in sicurezza. Ecco perché il WWF sta unendo la scienza occidentale e le conoscenze degli indigeni per aiutare a rispondere a domande importanti per tutti coloro che hanno a cuore i beluga.
I beluga sono mammiferi estremamente socievoli che vivono, cacciano e migrano insieme in branchi che vanno da pochi individui a centinaia di balene. La loro fronte bulbosa, chiamata “melone”, è flessibile e in grado di cambiare forma. Questo permette loro di assumere diverse espressioni facciali. I beluga possono produrre una serie di cinguettii, scatti, fischi e strilli. Questi suoni gli hanno procurato il suo secondo nome: “il canarino del mare”. Per noi possono sembrare musica o suoni senza senso, ma agli altri beluga trasmettono informazioni importanti. Molte popolazioni migrano quando il ghiaccio marino cambia nell’Artico. Si spostano a sud in autunno, quando si forma il ghiaccio, per poi tornare a nutrirsi in quelle zone in primavera, quando il ghiaccio si rompe. Si possono trovare anche vicino alle foci dei fiumi e spesso vi si avventurano anche. I beluga si nutrono di diverse specie di pesci, come salmoni e aringhe, ma anche di gamberi, granchi e molluschi. Come le balene, sono in cima alla catena alimentare e hanno un ruolo importante nella salute generale dell’ambiente marino. Le balene beluga hanno un ruolo culturalmente importante per le popolazioni locali ed è per questo motivo che è stato avviato il progetto insieme agli abitanti del posto. Solo uniti si può salvare questi esseri così splendidi che forniscono informazioni sul loro ecosistema. “È un esempio di come esperti e indigeni vogliano capire meglio il tipo di comportamento dei beluga”, afferma Elisabeth Kruger, responsabile del WWF per la fauna artica.
Ma come fare a osservare gli spostamenti di questi incredibili mammiferi senza disturbarli? Semplice. Bisogna solo imparare ad ascoltare, iniziando dalle acque fangose dello Yukon. I beluga sono culturalmente importanti per le comunità yupik dell’Alaska e sono anche fondamentali per la loro sicurezza alimentare, poiché svolgono un ruolo essenziale nella loro dieta. Alcuni stock dell’Alaska sono sottoposti a divieto di caccia cosa che però rende difficile la sopravvivenza alle comunità che vivono in queste zone aride e difficili. In altri posti il numero che può essere cacciato si basa ovviamente sull’effettivo di esemplari presenti. Per questo motivo è essenziale per le comunità far parte del progetto. Sono stati collocati, dunque, sul fondo del fiume Yukon dei dispositivi di registrazione acustica, o idrofoni, per verificare se fosse possibile ascoltare i beluga e determinare se essi utilizzano il fiume nello stesso momento in cui gli scienziati li contano nel loro habitat oceanico. Una delle incognite era però se questo tipo di attrezzatura avrebbe funzionato in queste acque torbide. Nel corso di quattro mesi, il progetto pilota ha dimostrato chiaramente che l’uso di idrofoni per rilevare i beluga nel fiume Yukon funziona e si tratta di un approccio economico e non invasivo. È una buona notizia per gli scienziati e i cacciatori che cercano di garantire che i beluga continuino a prosperare in futuro. “Come ambientalisti, diamo valore alle informazioni. Diamo valore alla scienza. Ma apprezziamo anche le conoscenze indigene”, afferma Kruger.
In Pakistan c’è sia troppa che troppo poca acqua. Negli ultimi anni, il Paese ha sperimentato gravi inondazioni sempre più frequenti, con impatti devastanti sulla salute pubblica, sull’agricoltura, sulle abitazioni e sulle infrastrutture che hanno anche contaminato le riserve idriche locali. Ora, i pozzi delle falde acquifere della città di Lahore vengono usati per aiutare a ritrovare un equilibrio raccogliendo, filtrando e reindirizzando l’acqua piovana. Questo è un progetto sostenuto dal WWF viste le ripercussioni del fenomeno. Il 20% della popolazione pakistana non ha infatti accesso all’acqua potabile a causa della contaminazione dovuta allo smaltimento improprio di sostanze chimiche tossiche, alle acque reflue non trattate, alla salinità dovuta all’eccesso di irrigazione e al dilavamento agricolo. Ma come funzionano questi pozzi? Appena l’acqua piovana viene catturata, si passa al filtraggio: le precipitazioni penetrando nel terreno si fanno strada in una scatola di filtraggio costruita con strati di ciottoli, silice e pietre frantumate. Questi materiali contribuiscono a rimuovere tra il 25% e il 35% dei contaminanti presenti nell’acqua. Alla fine del ciclo un sistema monitora la quantità e la qualità. Per finire, un tubo perforato permette all’acqua di infiltrarsi nel sottosuolo per finire nella falda acquifera. Questi bacini forniscono quasi tre quarti dell’acqua domestica e oltre la metà di quella agricola del Pakistan. La sfida però rimane importante: con la rapida crescita della popolazione, l’urbanizzazione, l’eccessiva estrazione e i cambiamenti climatici, queste risorse si stanno esaurendo: la disponibilità pro capite di acqua dolce è diminuita di quasi l’80% dagli anni 50, mentre la domanda aumenta di circa il 10% ogni anno, minacciando la sicurezza idrica del Paese.