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Il Mediterraneo sta soffrendo!

Tra specie invasive e coralli fragili

Coralli meravigliosi, ma a rischio a causa dei cambiamenti climatici
19 giugno 2021
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Sono quasi mille le specie cosiddette “aliene” che, migrate nelle acque più calde del Mar Mediterraneo, hanno sostituito le specie endemiche. Specie che stanno mettendo a rischio gli equilibri marini di uno dei mari più amati dagli svizzeri. Allo stesso tempo, condizioni meteorologiche sempre più estreme devastano le fragili zostere e le barriere coralline, minacciando così città e coste. Il WWF Mediterranean, attraverso un rapporto, intende mostrare come il cambiamento climatico abbia già trasformato – in alcuni casi in modo irreversibile – alcuni dei più importanti ecosistemi marini del Mediterraneo, con conseguenze per i settori economici come la pesca e il turismo, ma anche per le nostre abitudini di consumo del pesce. È necessaria un’azione urgente per evitare ulteriori emissioni di gas serra e per adattarsi alla nuova realtà di un mare che diventa sempre più caldo. Il cambiamento climatico, infatti, amplifica gli effetti di tutte le altre minacce sugli ecosistemi marini. Studi recenti hanno dimostrato che oltre il 90% del riscaldamento che ha interessato la Terra tra il 1971 e il 2010 ha riguardato l’oceano, e il Mediterraneo detiene il record per il mare che si è scaldato più velocemente, diventando peraltro sempre più salato.

Il clima che cambia

Il Mar del Mediterraneo è a rischio. Non si tratta di proiezioni future, sono eventi che si stanno già verificando nel Mediterraneo, tutti causati o accelerati dal cambiamento climatico. È la realtà. Realtà che viene evidenziata in casi studio. Il WWF promuove la creazione di un network di aree marine protette e di altre efficaci misure di conservazione basate sulla tutela dello spazio marino affinché entro il 2030 il 30% del Mar Mediterraneo sia protetto in modo efficace. L’obiettivo è ambizioso, ma lo deve essere.

Un mare tropicale?

Il Mediterraneo non è un mare tropicale – almeno, non ancora. Il processo di tropicalizzazione è però già in fase avanzata nella parte più calda del bacino, il Mediterraneo orientale. Qui il mare si sta scaldando più velocemente della media globale e le specie invasive tropicali – la maggior parte delle quali arrivate attraverso il Canale di Suez – stanno espandendo i propri areali di distribuzione coerentemente con l’aumento delle temperature. Un recente studio, effettuato nelle acque poco profonde della piattaforma continentale israeliana – una delle aree più calde del bacino – ha messo a confronto le segnalazioni attuali e storiche di molluschi nativi ed è emerso come solo il 5-12% delle specie storicamente presenti ci siano ancora. Specie invasive come il pesce coniglio e il pesce scorpione stanno devastando gli ecosistemi nativi.

Invasori distruttivi

La maggior parte di questi invasori proviene dal Mar Rosso o dall’Oceano Indiano e ha raggiunto il Mediterraneo attraverso il Canale di Suez: si pensa che 986 specie (di cui 126 di pesci) siano diventate migratori stabili, un numero destinato ad aumentare a seguito della recente espansione del Canale. Per esempio, un’analisi nell’Area Marina Protetta di Gokova, in Turchia, ha mostrato che il 98% dell’intera biomassa dei pesci erbivori è composta da pesci coniglio alieni e che perfino il restante 2% è costituito da pesci pappagallo il cui areale si è espanso verso le acque settentrionali ora più calde. Questa non è solamente una comunità modificata, è una comunità interamente nuova.

Un mare di meduse

Le meduse esistono più o meno da prima dei dinosauri. Sebbene siano creature innegabilmente strane – composte per il 96% da acqua, senza un cervello, ossa né sangue – sono comuni in tutti gli oceani e sono una componente importante di un ecosistema marino in equilibrio. Nel momento in cui l’ecosistema non è più in equilibrio, le meduse possono diventare un problema, e questo è quello che sta accadendo dal 2003 in un Mediterraneo sempre più caldo. Basti pensare che sulla costa tunisina, i pescatori pescano ormai più meduse che pesci.

La Posidonia

La Posidonia oceanica, una pianta marina endemica del Mediterraneo, è una delle specie più importanti dell’intero ecosistema marino. Formando larghe praterie sui fondali sabbiosi fino a una profondità di circa 40 metri, la Posidonia ossigena le acque e fornisce un habitat vitale per circa il 20% delle specie marine che si trovano nel Mediterraneo. Inoltre, si stima che le praterie di Posidonia abbiano immagazzinato l’11-42% delle emissioni totali di CO2 dei Paesi mediterranei dai tempi della Rivoluzione Industriale. Purtroppo, ancoraggi indiscriminati nelle aree di navigazione da diporto sono la minaccia principale.

Coralli a rischio

Le gorgonie – anche chiamate “ventagli di mare”, sono spesse solo pochi millimetri ma possono raggiungere il metro in altezza e larghezza – sono tra i coralli morbidi più belli del Mediterraneo. E anche tra i più importanti: questa specie che cresce lentamente forma foreste sottomarine che forniscono habitat fondamentali a supporto dei ricchi ecosistemi marini, offrendo riparo e aree nursery e resistendo alle alghe invasive. Con una bassa mortalità naturale, le gorgonie possono vivere fino a 60 anni: ora il rapido riscaldamento climatico del Mediterraneo le sta uccidendo e gli effetti ricadono su tutto l’ecosistema. Quando le gorgonie muoiono e cadono, la natura tridimensionale degli habitat si riduce. Gli eventi climatici estremi influenzano soprattutto gli ambienti di superficie. Per esempio, nell’ottobre 2018, una forte mareggiata con venti fino a 130 km/h ha colpito il Mar Ligure, distruggendo quello che i ricercatori dell’Università di Genova hanno stimato essere il 30% di tutte le gorgonie dell’area. Colonie fino a 25 m di profondità sono state completamente distrutte.

Una storia profonda

“Oceani” è una guida indispensabile e accessibile alla storia degli oceani e al loro ruolo fondamentale nel plasmare il clima del nostro pianeta. Il libro, scritto dal famoso paleoceanografo Eelco Rohling ricostruisce la storia di 4,4 miliardi di anni degli oceani della Terra e fornisce le prove scientifiche che dimostrano il loro ruolo cruciale nel sistema climatico del nostro pianeta. Mondo affascinante, che ricopre circa tre quarti della superficie terrestre, culla della vita organica e sistema respiratorio della Terra, insieme alle foreste. In questo lungo viaggio di storia naturale, Rohling descrive vividamente i principali eventi nell’evoluzione degli oceani – dalla Terra palla di neve all’estinzione di massa del Permiano – mettendo in luce gli impatti dell’umanità sulla salute e l’abitabilità del nostro pianeta. Danni che in 150 anni sono stati più significativi e catastrofici di qualsiasi processo mai accaduto prima nella storia del pianeta.
Se non freniamo la crisi climatica, il nostro pianeta vivrà la sua Sesta Estinzione di massa. E continuerà a girare come ha sempre fatto dall’inizio della sua nascita. Senza di noi.

Osso la lupa

“Osso la lupa. Uomini e lupi sulle Alpi” di Matteo Antonio Rubino (Editoriale Lombarda, 2021) parla di lupi, di amicizia e di un profondo amore verso uno degli animali più affascinanti dell’arco alpino. La lettura è scorrevole e i contenuti sono stati documentati con molta cura dallo scrittore. I dialoghi ci catapultano ogni tanto nelle discussioni che abbiamo sentito sui lupi ed essendo questo un libro per ragazzi, non poteva mancare l’elemento fantastico. In questo libro viene data la parola ad allevatori, cacciatori, ricercatori, ambientalisti, giornalisti e lupi. Tutti hanno la possibilità di spiegare il proprio punto di vista. Ma soprattutto, questo insieme di voci ci fa capire non solo la complessità del tema, ma anche l’importanza di saperne di più di come questo animale vive e di quanto sia importante per la biodiversità delle Alpi. Il ricavato della vendita del libro, patrocinato dal WWF e dal supporter del progetto “Io non ho paura del lupo”, viene destinato interamente al WWF, a vantaggio di iniziative di salvaguardia della specie e di supporto alla convivenza fra umani e lupi.