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I trasformisti #1

Entrano in azione i signori del camuffamento!

Pianta o pietra? Qui un’immagine della famosa Lithops karasmontana, la pianta ‘sasso’ © Martin Harvey / WWF
9 febbraio 2019
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Entrano in azione i signori del camuffamento! Che siano in mare o nella savana, fra le sabbie del deserto o nel fogliame delle foreste, queste creature nel corso della loro storia evolutiva hanno adattato la forma o il colore del corpo all’ambiente circostante per sfuggire allo sguardo dei predatori. O, in molti casi, predare a loro volta, rendendosi praticamente invisibili alla vista delle vittime. Nel mondo animale, si sa, si mangia e si viene mangiati e la predazione è un avvenimento più che naturale! Vediamo nel dettaglio che tipo di strategie di difesa e di attacco hanno sviluppato diversi animali, creando somiglianze, minimizzando le diversità con l’ambiente e riducendo i movimenti.

C’è mimetismo e mimetismo…

In natura sono innumerevoli gli esempi di mimetismo e altrettanto numerose sono le specie animali che vi ricorrono, dai più piccoli insetti ai grandi felini come leoni, tigri, leopardi… dagli uccelli ai pesci, dai mammiferi ai celenterati come seppie e calamari… Ecco perché gli etologi hanno pensato di ricorrere a delle suddivisioni per distinguere vari tipi di mimetismo.

Non sempre nel maschio e nella femmina di una stessa specie si manifesta il fenomeno del mimetismo. Spesso, questa capacità è propria di uno solo dei due sessi. Fra gli uccelli passeriformi o fra gli anatidi, ad esempio, è solo la femmina a presentare caratteristiche mimetiche grazie ad un piumaggio molto sfumato e poco appariscente. Al contrario del maschio, che con la sua livrea sgargiante sembra far di tutto per farsi notare. Ma perché? Semplicissimo! Queste specie nidificano al suolo e per madre, nido e piccoli è essenziale confondersi nell’ambiente circostante per sfuggire ai predatori! Ecco perché hanno colori molto simili a quelli del terreno su cui nidificano e covano.

Solo qualche settimana fa abbiamo parlato per esempio delle zebre. Secondo gli scienziati, infatti, la zebra sfrutta una colorazione “distruttiva”, che non serve a mimetizzarla nell’erba, ma a “rompere” l’immagine della sagoma dell’animale, in particolar modo quando corre in branco. Il mimetismo, invece, è un fenomeno piuttosto raro fra le piante, ma non del tutto sconosciuto! La Lithops karasmontana, una curiosa pianta originaria del Sud Africa, sfrutta proprio i vantaggi del camuffamento per non essere vista e mangiata. Vivendo in luoghi aridi e pietrosi si rende “quasi” invisibile somigliando in tutto e per tutto ad un sasso! Questa pianta è alta qualche centimetro appena con foglie piccole, “cicciotte” e carnose nelle quali immagazzina acqua e nutrimento.

Gli insetti illusionisti! 

Per sopravvivere bisogna mangiare. Ovvio, lo sanno tutti! Ma cosa ancor più importante: occorre non essere mangiati dai predatori! E in questo gli insetti sono dei veri campioni, mettendo in atto una serie pressoché infinita di stupefacenti travestimenti. Eludono lo sguardo di un eventuale nemico imitando alla perfezione ogni sorta di oggetti: ramoscelli, spine, foglie verdi o foglie morte, fiori, sassi, maschere terrificanti, altre specie e persino… un escremento di uccello!

I più bravi sono gli insetti

E non a caso sono fra le creature più numerose della Terra. Quando l’Umbonia spinosa (l’insetto spina), il ragno del genere Caerostris, l’insetto stecco o l’insetto foglia decidono di passare inosservati su di un rametto o su una foglia, diventano praticamente invisibili all’occhio umano, così come a quello di un eventuale predatore. Provare per credere! E chi non ha queste capacità? Ebbene s’ingegna: è il caso del bruco agrimensore (famiglia Geometridae) che per nascondersi ritaglia dei brandelli di petali dal fiore su cui è posato e poi se li incolla addosso. Bruco sì, ma con stile.

Il mimetismo batesiano

Esiste anche un’altra forma di mimetismo detta mimetismo batesiano (del naturalista inglese Bates che, per primo, scoprì i meccanismi di quest’ulteriore, efficacissima, tecnica di sopravvivenza), un trasformismo che consente a un animale innocuo di imitare nelle forme o nei colori specie pericolose o velenose. Convincendo, con l’inganno, i potenziali predatori a lasciarlo in pace. E vuoi sapere una cosa? Il trucco riesce piuttosto spesso. Da che mondo è mondo sono le mosche a cadere nella tela del ragno e non viceversa. Ma c’è almeno una mosca sulla Terra che riesce (spesso) a farla in barba ai ragni: è Rhagoletis zephyria, una mosca della famiglia delle Tephritidae – vera regina del trasformismo – che ha fatto del mimetismo batesiano la sua arma vincente. Queste mosche, infatti, imitano sia fisicamente che nel comportamento i ragni saltatori (famiglia Salticidae), loro principali predatori. E se ne incontrano uno si mettono a saltare “sbattendo” rumorosamente le ali (sulle quali hanno disegnate le “zampe” del ragno), in atteggiamento di minaccia. Una “sceneggiata” che riesce nella maggioranza dei casi, e che induce i ragni alla fuga!

Che ci piaccia o meno, anche ad un occhio allenato delle volte riesce difficile scorgere un insetto che si mimetizza. Altri ditteri (a cui appartiene fra l’altro anche la comune mosca domestica) vengono confusi con api e vespe (a quanti è capitato di fuggire?). La colorazione a bande gialle e nere è una sorta di arma di difesa passiva: non possiedono un pungiglione, ma quello che conta è il risultato. A questo punto è bene ricordare anche il mimetismo mulleriano (che prende il nome dallo zoologo tedesco Fritz Muller), che notò come alcune specie non appetibili o tossiche si siano evolute, “indossando” una colorazione ammonitrice. In questi casi l’insetto punta ad assomigliare ad un altro animale poco appetibile o aggressivo.

Mimetismo o no?

Lo stratagemma messo in atto dall’innocuo serpente “del latte” (Lampropeltis triangulum) per somigliare il più possibile ad un suo velenosissimo parente: il serpente corallo dell’America Settentrionale (Micrurus nigrocinctus). L’innocuo serpentello ha tutti i vantaggi del mondo ad assomigliare in maniera così spiccata ad un “cugino” tanto velenoso. Sono pochi i predatori che, nel dubbio, si azzardano a toccarlo! E come distinguere quello “vero” da quello “falso”?

Ecco due piccole filastrocche, sperando ovviamente di non dover mai fare i conti con il cugino velenoso: “Nero su giallo, serpente corallo; rosso su nero, non è quello vero” oppure “Da rosso a nero è libero il sentiero; da rosso a giallo di sicuro è un corallo”. Nel dubbio, facciamo come fan tutti: non disturbiamo il serpentello.