Un lamento squarcia all’improvviso il silenzio che regna sovrano nell’Artide. Sola, in un mondo tutto ricoperto di ghiaccio, una piccola foca della Groenlandia è in attesa della madre. La mamma emerge poco dopo dall’acqua gelida che fa capolino da un foro nella distesa ghiacciata. Quando il piccolo la raggiunge, i loro nasi neri si sfiorano per un attimo, per riconoscersi dall’odore (pur riconoscendo anche la voce). Aggrappandosi al ghiaccio, la femmina esce dall’acqua con molta prudenza: al contrario del suo cucciolo dalla pelliccia bianca, il suo manto è grigio, un colore che non la mimetizza e la rende facilmente visibile al suo predatore, l’orso polare. Sarà quindi più sicuro non rimanere a lungo sul ghiaccio, anche perché in acqua fa più caldo. Tempo per giochi e coccole non ce n’è: solo quanto basta per allattare il suo piccolo che deve nutrire più volte al giorno. Il suo latte è molto nutriente e permette al piccolo di crescere di oltre due chili al giorno.
Appena nate, le foche della Groenlandia pesano circa 9 chili e sono lunghe ottanta centimetri. Nascono in primavera, quando migliaia di femmine si riuniscono per partorire sul pack, che, costituito da lastroni di ghiaccio alla deriva, ricopre il mare attorno al Polo Nord e può anche essere molto spesso. Per raggiungere facilmente i cuccioli sul pack, le madri entrano ed escono dall’acqua attraverso un foro che spesso viene utilizzato da più femmine. I piccoli trascorrono le prime settimane di vita sul ghiaccio, muovendosi appena. Rimanendo sempre fermi, sotto di loro si formano delle piccole conche che offrono un po’ di riparo dal vento gelido. Alcune madri invece costruiscono per i piccoli delle cavità nella neve. Se ciò non bastasse, i cuccioli tremano per riscaldarsi. Dopo alcuni minuti la madre s’immerge nuovamente attraverso il foro nel ghiaccio lasciando il suo cucciolo da solo.
Se il piccolo cade nell’acqua gelida la madre lo spinge di nuovo sul ghiaccio perché non è ancora pronto per stare in acqua. Il suo strato di grasso non è sufficientemente spesso per tenerlo al caldo e la sua pelliccia morbida si inzupperebbe subito di acqua. È invece una pelliccia perfetta per vivere sul ghiaccio: essendo chiara, rende i piccoli di foca praticamente invisibili nella neve. I peli non sono bianchi ma trasparenti e cavi, così non ostacolano il calore del sole che arriva direttamente sulla pelle che è scura. Infatti i colori scuri si scaldano più rapidamente alla luce del sole rispetto a quelli chiari.
La vita di questo piccolo pinnipede è difficile: ad appena trenta giorni dalla sua nascita la madre non si fa più vedere. Abbandona il suo cucciolo – che continuerà a chiamarla ancora per un po’ – perché ormai è abbastanza grande per cavarsela da solo. La giovane foca cambia aspetto: senza il latte della mamma, perde peso e lentamente le cresce la nuova pelliccia, che da bianca diventa chiazzata e di colore grigio-argenteo. Il nuovo manto le permette di mimetizzarsi meglio sott’acqua e il pelo, più corto, è più pratico per nuotare. Dopo aver trascorso ancora qualche giorno sul pack, il piccolo si immerge in acqua. Ora nessuno lo farà tornare indietro sul ghiaccio.
Le foche sul ghiaccio sono troppo lente per cacciare, ma non certo in acqua. Questi animali sono dei provetti nuotatori sebbene i loro antenati vivessero sulla terraferma. Certo, parliamo di milioni di anni fa, ma ancora oggi le ossa delle foche testimoniano il loro passato: il loro scheletro assomiglia di più a quello di un cane che non a quello di un pesce. È facile distinguere le zampe anteriori da quelle posteriori. Le lunghe ossa delle dita dei piedi sono collegate tra di loro da lembi di pelle e fungono da pagaia mentre le pinne anteriori funzionano come un timone.
Alcune foche possono immergersi per centinaia di metri sotto il livello del mare. A questa profondità è buio e la visibilità è ridotta, ma grazie alle vibrisse, i peli sul muso, riescono a percepire ogni minimo movimento nell’acqua e sono in grado di individuare con precisione i pesci dai loro movimenti. Sott’acqua il battito delle foche rallenta, per consumare meno ossigeno. Alcune specie riescono a immergersi anche per un’ora, ma prima o poi devono riemergere a respirare. Gli orsi polari aspettano proprio questo momento: si appostano accanto ai buchi nel ghiaccio e aspettano fino a quando gli animali spuntano dall’acqua. Le foche sono il cibo preferito degli orsi bianchi. Lo spesso strato di grasso, il cosiddetto “blubber”, le rende un pasto davvero nutriente. Tuttavia, anche sott’acqua ci sono pericoli in agguato: le orche si riuniscono in gruppi per cacciarle. Una volta adulte le foche passano gran parte del tempo in acqua. Addirittura, la maggior parte delle specie si gira sulla schiena per dormire e si lascia semplicemente trasportare dall’acqua. A circa quattro anni sono abbastanza grandi per avere dei piccoli: ritornano sul pack, dopo 11 mesi nascono i cuccioli e il ciclo ricomincia da capo.