Svizzera

Iraniano e gay: la Cedu blocca l'espulsione dalla Confederazione

Secondo la Corte europea dei diritti umani i giudici elvetici non hanno ben valutato i rischi per l'uomo in patria se la sua omosessualità fosse scoperta

Immagine di archivio
(Keystone)
12 novembre 2024
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La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha bloccato l'espulsione di un iraniano omosessuale verso il suo Paese da parte della Svizzera. Secondo i giudici elvetici, l'uomo poteva essere rinviato in Iran senza che la sua incolumità fosse messa a rischio, a patto che continuasse a vivere la sua omosessualità in modo discreto.

In particolare, la giustizia svizzera, pur riconoscendo che l'uomo è omosessuale, non ha creduto al fatto che è fuggito perché i suoi familiari lo hanno scoperto e attaccato fisicamente. E quindi è giunta alla conclusione che dato che le autorità e altri non sono a conoscenza della sua omosessualità, e difficilmente possono scoprirlo, il diretto interessato non correrebbe alcun rischio.

La corte di Strasburgo ha attaccato questo ragionamento affermando che i giudici non hanno preso in considerazione cosa gli accadrebbe se la sua omosessualità fosse scoperta una volta in patria. Soprattutto alla luce di numerosi rapporti che indicano che la situazione per le persone LGBTI in Iran è ulteriormente deteriorata e che le autorità iraniane non lo proteggerebbero da attacchi da parte della sua famiglia o altri.

La Cedu ha quindi indicato alla Svizzera che deve riesaminare il caso alla luce di questo elemento per decidere se l'uomo può essere espulso senza incorrere nel rischio di essere soggetto a trattamenti inumani e degradanti. La corte non ha ritenuto necessario esprimersi su un eventuale rischio di morte se l'espulsione dovesse aver luogo, come richiesto dall'iraniano.

La Cedu ha inoltre riconosciuto al ricorrente un risarcimento di 7'000 euro per le spese sostenute. Insultato e picchiato dalla famiglia a causa del suo orientamento sessuale, l'uomo aveva presentato domanda di asilo in Svizzera nel 2019. La Segreteria di Stato della migrazione (Sem) non aveva ritenuto credibile la sua storia e ha respinto la domanda. La decisione era stata poi confermata dal Tribunale amministrativo federale.