Quando si ama, lo si dimostra con i fatti. Nella sua recente dichiarazione sul verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu) sul clima, il Consiglio federale ha formalmente dichiarato la sua adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Rifiutando di prendere sul serio la sentenza emessa dai giudici di Strasburgo sul ricorso presentato dalle ‘Anziane per il clima’ di fatto il governo disconosce la Corte.
La sentenza in questione si inserisce in una giurisprudenza innovativa in materia di clima, che si basa sul principio delle “responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità”. Questo principio è stato formulato per la prima volta nel 1992 nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e poi perfezionato nell’Accordo di Parigi del 2015. Riconosce le disparità esistenti tra i Paesi nella loro capacità di contenere i cambiamenti climatici. Invece di prenderne atto e di impegnarsi in misure più ambiziose per la protezione del clima, la Svizzera si aggrappa alla logica secondo cui la sua azione è solo una “goccia nell’oceano”, sbandierando le leggi sul CO2 e sull’elettricità come garanzia della sua presunta conformità alla sentenza europea.
Con questa posizione ostinata, il Consiglio federale indebolisce la lotta al cambiamento climatico. Allo stesso tempo alimenta il movimento revisionista in seno al parlamento che attacca le istituzioni europee per la protezione dei diritti umani. A giugno, la maggioranza di entrambe le Camere federali ha appoggiato una dichiarazione in risposta alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui la Svizzera sta facendo abbastanza per proteggere il clima. Anche diverse mozioni che saranno discusse durante la sessione parlamentare in corso a Berna hanno nel mirino la Cedu. A turno si chiede di denunciarla, di ritirarsi o di limitare la portata delle sentenze della Corte rafforzando il potere di interpretazione degli Stati.
Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo non sono esotismi superflui che macchiano la nostra sovranità. Al contrario: sovranità significa anche capacità dello Stato di proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone che vivono all’interno dei suoi confini. Con la piena adesione alla Cedu la Svizzera dimostra chiaramente che i diritti e le libertà individuali sono garantiti sul suo territorio.
Il nostro Paese ha i mezzi per dare l’esempio. Ha l’opportunità di riaffermare all’Europa che le sentenze della Corte sono vincolanti e che le misure per proteggere il clima e promuovere i diritti umani non possono essere prese à la carte. Entro il 9 ottobre, il governo dovrà presentare al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa un piano d’azione che illustri le misure adottate – o previste – per attuare la sentenza della Corte Edu. In particolare, questo piano dovrà mostrare come la politica climatica della Svizzera permetta di rispettare il limite di 1,5°C. Ci aspettiamo anche che parlamento e Consiglio federale riaffermino il proprio sostegno agli strumenti europei per i diritti umani e che respingano a priori le mozioni di sfiducia nei confronti della Cedu durante l’attuale sessione parlamentare.