Secondo la consigliera federale Keller-Sutter gli aiuti durante la pandemia hanno creato la percezione che si possa ricorrere allo Stato per ogni problema
La popolazione si preoccupa troppo poco delle finanze pubbliche e dell'indebitamento statale, complici anche i miliardi spesi durante la pandemia: lo sostiene la consigliera federale Karin Keller-Sutter, che su un altro tema sempre di grande attualità in Svizzera – quello degli stipendi dei top manager – non intende proporre nuove regole, puntando invece sull'ostracismo sociale.
Secondo la responsabile del Dipartimento federale delle finanze riguardo alle uscite statali è in atto "un cambiamento di mentalità, che si è accelerato durante la crisi del coronavirus". "È un problema importante", afferma la 60enne in un'intervista pubblicata oggi dalla NZZ am Sonntag. "Da allora si tende a ricorrere immediatamente allo Stato ogni volta che qualcosa va storto: senza rendersi conto che si usa il denaro dei contribuenti".
A suo avviso è giusto che l'ente pubblico abbia aiutato chi ad esempio ha dovuto chiudere la propria attività senza colpa a causa delle misure adottate per contrastare il Covid. "Dimentichiamo però sempre più spesso che la Confederazione ha potuto aiutare le persone con il versamento di miliardi di franchi solo grazie al freno all'indebitamento. Dopo il coronavirus dobbiamo tornare alla normalità fiscale".
La situazione è pressante sul piano internazionale. "Il debito è stato uno dei temi principali dei miei incontri questa settimana al Forum economico mondiale con i ministri delle Finanze degli altri Paesi e con la direttrice del Fondo monetario internazionale", prosegue la vicepresidente del Consiglio federale. "Si è di fronte a una minaccia per la stabilità dei mercati finanziari e per l'economia globale. Gli Stati Uniti, ad esempio, sono più indebitati che mai dalla Seconda guerra mondiale. La Francia avrà presto bisogno di più denaro per il debito che per la difesa. Gli Stati non sono riusciti a fare le riforme necessarie durante il periodo di bassi tassi di interesse. E questo sta avendo il suo peso".
"Il denaro era a buon mercato e alcune banche centrali – tra cui non inserisco la Banca nazionale svizzera – hanno purtroppo agito a livello politico piuttosto che economico", argomenta la politica PLR. "Ora, con la lotta all'inflazione, i tassi di interesse sono improvvisamente aumentati. Inoltre, la guerra in Ucraina ha costretto i Paesi occidentali a investire in armamenti, anche se in realtà non hanno i soldi per queste spese. Anche questo potrebbe essere parte del calcolo alla base della guerra ibrida di Putin: lui vuole indebolire l'Occidente dal punto di vista economico".
"Purtroppo l'Fmi, che di fatto svolge un ruolo chiave nella riduzione del debito, ha iniziato a mettere in guardia solo troppo tardi", si rammarica l'esperta con una formazione di traduttrice e interprete. "Il lavoro dell'Fmi è ostacolato anche dalle differenze geopolitiche. La situazione deve cambiare: non si può permettere che la geopolitica paralizzi questo organismo, è imperativo che il mondo si mobiliti dietro l'obiettivo della stabilità finanziaria. Quello che mi preoccupa è che la gente e i media hanno troppo poco a cuore le conseguenze del debito globale. Un Paese che continua ad accumulare debito prima o poi scivolerà in una crisi economica e finanziaria".
Il rischio concreto? "Perdita di prosperità e conseguente instabilità politica e disordini sociali. In definitiva, questo è il pericolo se lo Stato spende troppo denaro a lungo termine che non ha: tutti staranno peggio, e una recessione colpisce più duramente coloro che sono già meno abbienti".
Ci sono soldi per l'esercito e per i contadini – chiedono i cronisti del domenicale –, ma il normale svizzero deve fare i conti da solo con la sua perdita di potere d'acquisto? "Ho comprensione per chi avanza questa critica", risponde Keller-Sutter. "Ma lo Stato ha diversi compiti. È necessaria la sicurezza sociale. Dobbiamo però anche finanziare il nostro sistema sanitario e la nostra difesa. Le persone in situazioni diverse beneficiano in modo diverso di questi servizi statali. Se si vuole davvero aiutare i cittadini, bisogna mantenere basse le tasse e le imposte, ridurre la burocrazia ed eliminare le leggi inutili. Se, invece, è necessario aumentare le tasse, ciò si ripercuoterà anche sulla classe media".
L'ex ministra di Giustizia torna anche sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs attraverso una manovra federale con garanzie statali miliardarie, ribadendo posizioni già note ("Fallimento? Teoricamente possibile, ma i rischi sarebbero stati maggiori").
Non mancano anche le considerazioni sugli stipendi dei top manager, pure in relazione al caso Credit Suisse. "Personalmente sono dell'idea che non sia accettabile essere ricompensati così lautamente anche se la prestazione non è corretta". Quindi – insistono gli intervistatori –, servono limiti delle remunerazioni? "No, ma è necessaria la decenza", taglia corto l'ex consigliera di Stato sangallese. "Nessuno capisce quando vengono pagati milioni di bonus anche se un'azienda non è redditizia".
A suo avviso gli eccessi sul fronte delle retribuzioni sono veleno per la coesione di una società liberale. "Ma bisogna anche rendersi conto che la maggior parte delle aziende in Svizzera opera in modo corretto. Credit Suisse è stato un caso estremo. Probabilmente una cosa del genere non potrà mai essere completamente evitata. Non si può regolamentare la decenza. Ma c'è l'ostracismo sociale, che a volte è peggiore delle conseguenze legali", conclude.