Fra le varie discipline del nuoto, ce ne fu una che non sopravvisse alla prova del tempo, e il motivo è di assai facile comprensione
Oggi avremmo tutti voluto parlarvi – non a caso – di arte del galleggiamento e del veloce dislocamento in acqua, ma purtroppo nessun nuotatore che nelle ultime ore abbiamo ripetutamente cercato, chiamando e lasciando messaggi, ha ritenuto opportuno darci udienza. Più che legittimo, eh, ognuno gestisce la propria meritatissima gloria come meglio crede.
Abbiamo dunque infine deciso di occuparci d’altro, pur restando in qualche modo fedeli all’idea originale, cioè quella di cianciar di piscine. L’occasione ce la fornisce William Eugene Dickey, detto Billy, che proprio ieri – se i sapiens durassero come le testuggini – avrebbe compiuto 150 anni. Invece riposa in Virginia già dal lontano 1944, all’Arlington National Cemetery, uno dei più grandi al mondo fra quelli riservati alle vittime o ai veterani di guerra, con le sue oltre 400mila sepolture. Billy infatti – che nella vita di tutti i giorni era ideatore, costruttore e venditore di pompe idrauliche – quando aveva già da un po’ superato i 40 anni, aveva servito nella Prima guerra mondiale come ingegnere, per conto della Marina statunitense.
Non è però della sua carriera sotto le armi che intendiamo favellare, bensì della sua vincente partecipazione ai Giochi di Saint Louis del lontanissimo 1904, dove si distinse in una delle discipline sportive più curiose che siano mai state praticate nella storia dei Cinque cerchi. Trattasi dei misteriosissimi tuffi per distanza, che per fortuna di tutti furono immediatamente eliminati dal programma olimpico appena terminata la rassegna in cartellone nel Missouri.
Secondo la guida ufficiale dell’American swimming association – vergata nel 1920 – l’esercizio consisteva nel lanciarsi da un trampolino non molleggiato posto 18 pollici sopra la superficie dell’acqua (circa 45 centimetri) e poi lasciarsi scivolare avanti, con la testa immersa e senza più muovere né braccia né gambe, per 60 secondi. Vinceva, ovviamente, chi raggiungeva la maggior distanza dal punto di stacco.
Lo sport in questione, che il New York Times e il Brooklyn Eagle menzionarono per la prima volta nel 1898, era in realtà già in auge dal 1865, tanto che i primi Campionati statunitensi furono disputati nel 1883. Trattavasi, come avrete facilmente capito, di una solenne minchiata che definire noiosa è più che un eufemismo. “Non era affatto un evento atletico”, spiegava sul già citato Times il celebre columnist sportivo John Kiernan quando finalmente di quello sport non si ebbe più traccia, almeno nei consessi più seri. “Favoriti in quelle ridicole gare”, continuava, “erano i grassoni, che sfruttavano senza sforzo alcuno l’alta galleggiabilità dei loro corpi ineleganti”.
Come detto, la provvidenza volle che tale triste esibizione venisse depennata dalla famiglia olimpica già dopo la sua prima e unica apparizione, nel 1904, quando a prender parte alle gare furono soltanto cinque atleti (se così vogliamo chiamarli), fra l’altro tutti americani e tutti tesserati per il New York Athletic Club. In aggiunta, le cronache dicono che la misura con cui il nostro Billy Dickey si accaparrò la medaglia d’oro – davanti ai sodali Edgar Adams e Leo ‘Budd’ Goodwin – non aveva niente di speciale, anzi: 20 metri scarsi a fronte del record di quasi 24 stabilito in Gran Bretagna un paio d’anni prima.
Messa al bando dai programmi sportivi universitari statunitensi (Ncaa) nel 1925, la sfigata disciplina che rese celebre Dickey resistette ancora qualche anno in Inghilterra, dove gare ufficiali furono organizzate fino al 1937 e dove, a livello amatoriale, pare sia sopravvissuta addirittura fino al 1946. Le uniche vestigia ancor visibili ai giorni nostri di quell’infelice manifestazione muscolare compaiono alla Michigan State University di Lansing, grazie ai suoi ex alunni che per varie ragioni hanno avuto a che fare, negli anni accademici, con l’acqua clorata. In occasione del loro ritrovo annuale, infatti, pare che amino sfidarsi nel desueto sport dei tuffi per distanza: ma va precisato che tali riunioni sono soltanto una scusa per riempirsi d’alcol all’inverosimile, e dunque si capiscono facilmente le ragioni di questa riesumazione.