Sportellate

Il Clay, la Michi, la Fly e Filippo Colombo

Non sono pochi gli sportivi ticinesi che, nei decenni, sono riusciti a imporsi ai massimi livelli mondiali

12 dicembre 2023
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Quando il Ticino era una terra povera che spingeva la propria gioventù a emigrare un po’ ovunque nel mondo, figli e nipoti di quei coraggiosi che varcavano l’oceano non impiegavano poi molto a eccellere nello sport – anche ai massimi livelli – portando casacca e bandiere delle loro nuove patrie, che insieme alle proteine di cui fin lì erano stati carenti avevano offerto loro pure la chance di spendere il tempo libero nelle attività agonistiche, pratiche edificanti ed emancipatrici.

Dick Bassi, ad esempio, stella del football americano, vestì le prestigiose maglie di Chicago Bears, Philadelphia Eagles, Pittsburgh Steelers nonché dei San Francisco 49ers e, soprattutto, nel 1940 fu selezionato per l’All Star Game. Ancor più celebri furono Alcides Ghiggia e Roque Maspoli, attaccante e portiere della Nazionale uruguayana che vinse il Mondiale nel 1950 in casa del Brasile. Non tutti sanno però che anche il loro allenatore – Juan Lopez Fontana – era di chiarissime origini ticinesi: sua madre Luisa Fontana Gilardoni, infatti, era figlia di genitori locarnesi e momò. Restando al calcio, a laurearsi campione iridato nel 1966 fu pure l’inglese Peter Bonetti, mezzo bleniese e mezzo leventinese, recordman di presenze nella storia del Chelsea.

Di grandi sportivi d’élite, ad ogni modo, ne abbiamo avuti e tuttora ne abbiamo un buon numero anche senza doverli cercare fuori dei confini. Si tratta in realtà di un novero per nulla trascurabile, specie tenuto conto delle ridotte dimensioni del nostro fazzoletto di terra, un triangolo quasi totalmente alpino fatto di montagne e laghi, incuneato fra Lombardia e Piemonte e scarsamente popolato.

Facevo questa riflessione domenica sera, dopo l’annuncio che come sportiva svizzera dell’anno era stata premiata Lara Gut-Behrami, star di prima grandezza dello sci planetario con la bacheca traboccante di trofei prestigiosissimi: Coppa del mondo generale, 4 di Super G, 1 oro e 2 bronzi olimpici e ben 8 medaglie mondiali. A battere la pista alla ragazza di Comano erano state, qualche decennio prima, due leventinesi: Doris De Agostini e soprattutto Michela Figini, anch’essa capace di conquistare diverse medaglie a cinque cerchi e iridate, oltre a un buon numero di Coppe del mondo generali e di specialità. Ticinese, seppur d’adozione (arrivò quaggiù da Winterthur appena ventenne), era pure il ginnasta chiassese Giorgio Miez, che a Parigi, Amsterdam, Los Angeles e Berlino fra le due Guerre mondiali fu capace di vincere 4 ori, 3 argenti e 1 bronzo alle Olimpiadi, senza contare 2 ori e 1 argento a livello mondiale.

Chi il titolo iridato – benché lo strameritasse – lo sfiorò soltanto fu il luganese Clay Regazzoni, che nel periodo più affascinante della Formula 1, e al volante della vettura più iconica (pilotò la Ferrari in due mandati) corse ben 132 Gp, vincendone 5 e salendo sul podio la bellezza di 28 volte: abbastanza per lasciare nel circus e nel cuore degli appassionati di tutto il mondo una traccia riconosciuta ancora oggi, a mezzo secolo di distanza.

Luganese è pure Flavia Rigamonti, che in acqua fece sognare e festeggiare i ticinesi ben prima del portentoso Noè Ponti, di cui parlo qui a fianco: Fly fu ancor più precoce del gambarognese, aggiudicandosi l’argento continentale negli 800 stile libero quando aveva solo 15 anni e mettendosi al collo l’oro un paio d’anni dopo. Prima europea a scendere sotto i 16 minuti nel 1’500 metri, mise nel carniere – en passant – pure 3 argenti mondiali e altri 2 ori nel Vecchio continente. A tenere alto l’onore locale – nel proprio campo – è stato pure il bellinzonese Massimo Busacca, che durante il primo decennio del nuovo secolo fu indiscutibilmente il miglior arbitro di calcio del mondo intero. Ripeto, le nostre stelle non sono poche, e forse dovremmo esserne tutti più fieri, invece di metterci a criticarle più del dovuto, come spesso succede. Ah, dimenticavo le due ruote, con Mauro Gianetti capace di vincere una Liegi – sorta di laurea con lode nel cosmo del pedale – e un argento iridato. E il prossimo chi sarà? Scommetto su Filippo Colombo, che autorizzo a staccare una mano dal manubrio per fare tutti gli scongiuri del caso. STE