La Svizzera chiude prima nel medagliere i Mondiali di Courchevel e Méribel, ma si poteva addirittura fare meglio. Lehmann: ‘È comunque stato un successo’
Un bottino complessivo di sette medaglie (di cui tre del metallo più prezioso) è sicuramente positivo e c’è chi ha fatto decisamente peggio, a partire dall’Austria tornata a casa senza nemmeno un oro. Swiss Ski può dunque sicuramente essere soddisfatta della spedizione ai Mondiali di Courchevel e Méribel, tuttavia in pagella il sei non c’è. È vero nel medagliere la Svizzera ha chiuso al primo posto con tre ori, altrettanti argenti e un bronzo, tuttavia a raccogliere il maggior numero di medaglie è stata la Norvegia, arrivata a quota nove. Inoltre in molte gare si è forse persa un’occasione. A partire dall’ultimo weekend con gli slalom, in cui Holdener ha gettato alle ortiche un oro che era lì da prendere, mentre tra gli uomini c’erano ben tre cartucce da sparare, ma nessun colpo è veramente uscito dalla canna. Anche se in fondo Danioth sabato (a 28 centesimi) e Zenhäusern ieri (a 31 centesimi) non erano poi così distanti dal podio.
Ci sono comunque state eccome le soddisfazioni, grazie ad alcuni protagonisti, su tutti Marco Odermatt e Wendy Holdener. Il nidvaldese si è riscattato alla grande dal quarto posto del superG vincendo in maniera sontuosa la discesa libera e con grande carattere il gigante, diventando così l’unico sciatore di questa edizione a imporsi in due gare. A ventisei anni ancora da compiere Odermatt è già uno dei più grandi gigantisti della storia, non a caso in questo momento detiene la medaglia d’oro olimpica e mondiale e la coppetta di specialità (che è destinato a rivincere peraltro in carrozza), impresa che era già riuscita nel 2018 a un certo Hirscher, giusto per fare un nome.
Anche Wendy Holdener ha vissuto due settimane molto positive con due argenti, uno in combinata e uno in parallelo. Ovvio, l’uscita in slalom rimane una ferita aperta, considerando che alla svittese manca ancora il successo della coronazione definitiva. Non bisogna però dimenticare che nel settore femminile c’è una Mikaela Shiffrin che zitta zitta ha messo in bacheca altre tre medaglie, portando il totale a quattordici, a una sola lunghezza dalla detentrice del record assoluto, la germanica Christl Cranz.
Non sono però mancate le sorprese, a iniziare ovviamente da Jasmine Flury, capace di vincere la discesa libera, nonostante finora in carriera si fosse imposta una volta in superG, salendo sul podio con Corinne Suter, confermatasi donna delle grandi occasioni. L’altra medaglia è arrivata grazie a Loïc Meillard, alle spalle di Odermatt in gigante. Facendo dunque i conti i medagliati rossocrociati sono stati cinque, saliti sul podio in altrettante gare.
È anche vero che in diverse altre circostanze, si è già accennato ai due slalom conclusivi, una medaglia è sfuggita di poco agli elvetici. Paradigmatica in questo senso è stata Lara Gut-Behrami per tre volte fuori dal podio per una questione di centesimi (il che comunque non giustifica il fatto di declinare le richieste di interviste senza un minimo di educazione). Lo stesso Odermatt in superG ha chiuso a un deludente (per i suoi standard) quarto posto, ma in fondo Pinturault era lì, non distante. Meillard ha salvato il bilancio nel gigante, ma ambiva sicuramente a un risultato migliore in combinata e in slalom (nel quale è uscito dopo pochissime porte). Insomma, con un pizzico di determinazione e fortuna, sarebbe stato possibile anche andare in doppia cifra.
Estendendo lo sguardo all’estero, è stato indubbiamente il Mondiale del Canada che ha raccolto due ori (con Laurence St-Germain sorprendente vincitrice dello slalom) e un bronzo. Positivo, come detto il bilancio anche della Norvegia, grazie all’ultimo momento a Kristoffersen, che mai aveva finora colto una medaglia d’oro in slalom a Mondiali o Olimpiadi. Tuttavia ad Aleksander Kilde il fatto di tornare a casa con due medaglie d’argento verosimilmente un po’ brucerà. Buono anche il bottino dell’Italia (quattro medaglie, di cui due d’oro, ieri Vinatzer ha regalato al settore maschile un bronzo in slalom), mentre il bottino dell’Austria è sicuramente buono in quanto a numero di medaglie (sette), ma l’assenza dell’oro pesa parecchio. Infine nella giornata di ieri c’è stata la storica entrata nel medagliere della Grecia, grazie all’argento di Aj Ginnis (che comunque è cresciuto sciisticamente negli Stati Uniti), reduce dal primo podio in Coppa del mondo a Chamonix.
Urs Lehmann, presidente di Swiss Ski, traccia dunque un bilancio positivo della spedizione in Alta Savoia: «Siamo al primo posto del medagliere, per cui questi Mondiali sono stati chiaramente un successo. Le attese erano molto grandi e lo abbiamo percepito. Allo stesso tempo però in occasione di un grande evento si riparte da zero e la sorpresa è dietro l’angolo. Possiamo però dire che gli atleti hanno risposto presente e che in alcune circostanze la squadra svizzera è stata persino autrice di prestazioni storiche. È per questo che considero questi Campionati del mondo come riusciti, sebbene gli slalom finali non ci abbiano regalato medaglie».
Eppure la partenza non era stata delle migliori, con una sola medaglia nelle prime quattro gare… «Era uno scenario che avevamo previsto nella nostra pianificazione, all’interno è sempre regnata la calma, atleti e allenatori sono stati bravi a mantenere le emozioni basse e a rimanere concentrati. Il nervosismo si è sentito più all’esterno, tra media e tifosi».
Anche il responsabile del settore alpino Walter Reusser, conoscendo la forza della squadra, non si è mai preoccupato molto: «All’inizio si è trattato di analizzare i motivi per i quali non si è saliti sul podio. Se la prestazione è buona, ma altri tre atleti sono più rapidi bisogna accettare. Il quarto posto di Marco Odermatt in superG in Coppa del mondo sarebbe stato un successo, ad appena due settimane dall’infortunio di Kitzbühel. Ma sappiamo che ai Mondiali contano solo le medaglie; piazzarsi bene è comunque importante per non innervosirsi». ATS