Dietro al triplo successo ai Mondiali in vasca corta di Budapest si cela un lavoro meticoloso da parte del ticinese e del suo team
‘Roma non è stata costruita in un solo giorno’, tantomeno Budapest. Quanto esibito da Noè Ponti nella capitale ungherese, nel contesto dei Campionati Mondiali in vasca corta, è solo il risultato di un lavoro meticoloso compiuto dal ticinese e dal suo staff, capaci di presentarsi al meglio delle condizioni all’ultimo appuntamento natatorio del 2024.
Una volta lì, il ticinese non ha sbagliato nulla: titoli iridati nel delfino veloce (50 e 100 metri), abbelliti dai record del mondo (21”32 e 47”71), e medaglia d’oro pure nei 100 m misti (50”33, record dei campionati). La vasca corta non tollera sbavature, la funzione del margine d’errore tende verso lo zero, le distanze si accorciano e ogni gesto tecnico va calibrato con precisione millimetrica, dallo stacco dal blocchetto di partenza all’arrivo, passando per virata e fase subacquea.
In questo frangente Ponti si divide la nomina di miglior interprete con Léon Marchand. E se i video non bastano per certificarlo, possiamo ricorrere ai numeri per valutare l’impatto della nuotata sottomarina di Noè: il 53,9% (14.2-13.7-13.4-12.6) dei metri percorsi nei 100 m delfino sono stati trascorsi sott’acqua, nei 50 m il 53,8% (14.2-12.7). Precisione chirurgica, come sottolineato ai microfoni della Rsi: «L’idea era di passare ai 25 metri in 10”20 con 5 bracciate», ha dichiarato il ticinese al termine dei 100 metri delfino. Detto, fatto.
È questa la direzione che prenderà il nuoto? Tanto calcolo matematico e meno istinto? Difficile dirlo, la sensazione è che il Mondiale in vasca corta di Budapest lasci in eredità qualcosa di indelebile, sia in termini cronometrici (16 i record individuali ritoccati, 6 nelle staffette), sia come peso specifico della competizione. Una rassegna, che oltreoceano prima veniva più snobbata che considerata, è stata cerchiata in rosso dalle strapotenze statunitensi e canadesi – preferiranno pur sempre la vasca da 25 iarde a quella misurata in metri – ma alla Duna Aréna non hanno fatto a meno dei loro atleti di punta.
Un americano, Caeleb Dressel, non si è ancora congratulato con Noè Ponti per quanto fatto. Sabato 14 dicembre 2024 potrebbe essere stato un giorno frustrante per lui: record dei 50 m stile libero soffiatogli da Jordan Crooks (a proposito, che prestazione offerta dal primo uomo sulla faccia della Terra a scendere sotto i 20” nella doppia vasca!) e primato mondiale nei 100 m delfino portato da Noè Ponti a 47”71.
Curioso notare come i due delfinisti abbiano stampato il record nella stessa piscina e come fino ai 75 m fossero appaiati: stesso identico crono (34”62), poi l’ultima vasca ha premiato lo svizzero. «Rompere il record del mondo detenuto da Dressel, che è sempre stato uno dei miei idoli, è semplicemente pazzesco», queste le parole del ticinese rivolte a caldo allo speaker.
Difficile non notare l’emozione contenuta negli occhi del 23enne, trattenuta lungo la passerella che divide la vasca e manifestata nel gesto più umano del mondo davanti alle telecamere di casa. Un pianto di gioia, che ha messo a nudo il Noè ragazzo. Dopotutto quei 100 m sono la ragion d’essere dell’altro Noè, quello nuotatore. La sua disciplina prediletta l’ha lanciato sul palcoscenico olimpico e lui si è mantenuto sempre tra i migliori, fino a diventare il migliore.
«Non mi aspettavo questo tempo», ha ammesso il rossocrociato. E se l’atleta non immaginava di poter superare questo limite, l’allenatore Massimo Meloni (se avete l’occasione, leggete il suo post pubblicato su Instagram) ne era certo, tanto da rivelarlo con un semplice «Ce l’ha nelle sue corde”»alla famiglia di Noè qualche giorno prima della finale.
Tre anni fa, il primo a essere convinto della possibilità di perforare quel 47”78 nuotato nel 2020 da Dressel è stato Stefano Nurra. Siamo sicuri che da lassù, anche lui guarda fiero quanto esibito da questo ragazzo predestinato. Quante figure chiave si celano dietro a successi del genere.
La realtà è che l’etica del lavoro, la costanza e la precisione non sono mai venuti a mancare all’interno dell’ecosistema Ponti, anche nei momenti meno brillanti. Insomma, il menù di tre portate d’oro di Budapest va digerito come un gulasch a cui è stata aggiunta una spolverata aggiuntiva di paprika, ci vuole tempo.
La ricetta vincente è tutta di Noè Ponti, che si riserverà due settimane di vacanze - Amsterdam e New York le mete scelte – per metabolizzare quanto accaduto nella corsia 4 della Duna Aréna e rituffarsi nel 2025 per preparare il Mondiale in vasca lunga di Singapore. Un assaggio della città-stato asiatica l’ha già avuto in Coppa del Mondo con risultati ottimi, ma questa volta si tratterà di vincere anche nella piscina da 50 metri.
E se Roma è celebre per i sette colli, la capitale magiara lo è per i sette ponti che attraversano il Danubio e collegano Buda a Pest. L’ottavo si chiama Noè, ed è il monumento più bello che potevamo mai ammirare.