Il Lugano esce sconfitto dalla trasferta a Bienne, beffato all’ultimo in un martedì col disco che scotta. Aebischer: ‘Su quel puck non ci siamo capiti’
Sarà anche vero che sono gli episodi a decidere le partite, ma è innegabile che ogni tanto la sfiga ci mette del suo. E chissà come s’è sentito a fine partita il povero Sekac, schierato per l’occasione – vista l’assenza del malcapitato Joly – in una linea completata da Thürkauf e Cormier, e che al 57’18”, sul risultato di 1-1, approfitta di un gran bel disco recuperato dal proprio capitano dietro la porta dell’intrattabile Säteri, infilato tra i gambali dopo un guizzo dell’attaccante ceco. Purtroppo, però, quel puck destinato a finire in fondo al sacco s’è fermato a una trentina di centimetri alla linea di porta, prima che venisse spazzato via dal solerte Sablatnig, un ragazzo di belle prospettive. Trentun secondi esatti dopo, quello stesso disco finirà all’incrocio sulla sinistra del povero Niklas Schlegel, senza che il portiere del Lugano – autore tra l’altro di una bella partita, con all’attivo almeno un paio di ‘big save’ – possa muovere un dito, tanto potente è la conclusione di un Robin Grossmann che di certo non è un cecchino (e anche questa, se vogliamo, è un’anomalia), ma la cui conclusione farebbe rabbrividire persino un Toni Rajala. Naturalmente, e a ragione, qualcuno obietterà che pure quell’azione è viziata da un episodio che risulterà decisivo, e infatti se il puck, improvvisamente arriva davanti ai pattini del liberissimo Grossmann è soltanto perché Alatalo prima e Peltonen poi non riescono a gestire come dovrebbero quello che è un semplice appoggino, un disco alleggerito a fondo pista dal citato Rajala magari solo per vedere l’effetto che fa. E l’effetto, appunto, è devastante. «Quell’errore? Sul gol decisivo, a livello difensivo non ci siamo capiti, è mancato il sostegno – spiega nei corridoi della Tissot Arena un deluso David Aebischer –. E il bello è che sapevamo che la forza del Bienne sono i contropiede».
Al netto di quella sbavatura, il Lugano nel Seeland non meriterebbe di perdere. In una partita in cui, è evidente, soprattutto all’inizio nessuno vuole sbottonarsi, nel martedì in cui il disco scotta (su entrambi i fronti) e la classifica piange. Tuttavia, anche se gli uomini di Gianinazzi mostrano di avere ben altra energia sul piano fisico rispetto alla pesante domenica pomeriggio con il Friborgo, alla lunga il Bienne riesce a crearsi le occasioni più nitide, ma in un contesto del genere non è tanto la nitidezza a contare, quanto l’efficacia davanti alla porta. Soprattutto se dall’altra parte il portiere si chiama Harri Säteri, specialmente se in quella partita non c’è il fenomeno Joly. «Pensando alle prossime partite, dovremo lavorare sul supporto a livello difensivo ma anche sull’efficacia davanti alla porta, perché le occasioni ci sono» aggiunge Aebischer, che però non può nascondere la sua preoccupazione. «Per noi questi sono momenti duri – conclude –. Quando in classifica ti ritrovi così basso, quello che manca è la fiducia, e si vede. E quando la situazione è quella, poi è difficile tirarsene fuori».
Il Lugano, però, non ha scelta: da qui a fine stagione gli restano diciotto partite e non sono poche, anche considerando che quattro delle squadre che gli stanno davanti ne hanno giocato una o due in più. Ma intanto il tempo passa e la classifica rimane quella che è: per risalire la china, ai bianconeri non basterà più solo vincere, ma dovranno farlo con regolarità, mettendo in serie tre o quattro successi di fila, cosa che non capita più da metà settembre, quando in dieci giorni Fazzini e compagni avevano battuto uno dopo l’altro Davos, Losanna, Berna e Kloten, e il cielo sopra la Cornèr Arena era ancora sgombro di nubi.