Il ventiquattrenne bernese si gode lo shutout contro i britannici e l’improvvisa popolarità. Potrebbe essere lui il portiere che la Svizzera sta cercando
Praga – Una gamba, un piede o un bastone: andava bene qualunque cosa, purché quelli in maglia rossa non riuscissero a tirare. Così, nonostante il martedì sera a senso unico – o quasi – la Svizzera riesce a segnare appena tre reti alla Gran Bretagna. E mentre Jackson Whistle, ventottenne portiere al servizio della Corona, soprattutto nel primo tempo ha il suo bel daffare, all’altro capo della pista il povero Akira Schmid potrebbe addormentarsi. Tanto che alla fine il ventiquattrenne bernese, reduce da una stagione per lui quantomeno difficile in quel di Newark (conclusa con un bilancio dell’89,5%, in 19 partite giocate con addosso la maglia dei New Jersey Devils), corre seriamente il rischio di annoiarsi, visto che in tutti i sessanta minuti ha dovuto far fronte a soli quindici tiri. «Mentalmente è davvero difficile – spiega il portiere formatosi nel Langnau –. Bisogna stare attenti a non perdere la concentrazione, evitando che i pensieri a un certo punto comincino a vagare». E Schmid ce l’ha fatta a non distrarsi, offrendo una prova senza sbavature, coronata dal primo shutout in Nazionale alla sua seconda apparizione ufficiale ma la prima a un Mondiale, dopo aver debuttato nell’amichevole di preparazione sul ghiaccio di Brno, contro la Finlandia, e aver poi rilevato l’acciaccato Reto Berra all’inizio del terzo tempo della rocambolesca sfida di domenica contro l’Austria.
Fin qui, le statistiche ceche di Akira Schmid attestano le sue capacità, per un portiere che nell’Elvezia dell’hockey è sulla bocca di tutti da quand’era ancora ragazzino, per il suo talento e pure per la sua imponenza. Negli 80 minuti giocati fin qui ai Campionati del mondo, il nativo dell’Emmental vanta una percentuale di parate superiore del 95,24%, intercettando 20 dei 21 tiri scagliati sulla porta rossocrociata quando c’era lui tra i pali. E uno di quegli interventi, domenica, è stato a dir poco determinante: infatti ha salvato la Svizzera da una clamorosa sesta rete austriaca a poco meno di cinque minuti dalla fine, sbattendo la porta in faccia al ventiduenne centro dei Minnesota Wild Marco Rossi, in una serata poi decisa dal gol partita di Nico Hischier negli ultimi scampoli di partita.
Un conto, però, è giocare contro la Gran Bretagna o l’Austria, un’altra è affrontare uno squadrone come il Canada oppure la Svezia in una partita ad altissima tensione come potrebbe essere un quarto di finale a un Mondiale. Quando arrivano appuntamenti del genere, la classe, da sola, non basta: ci vuole anche fegato oltre che nervi d’acciaio, e senza il portiere giusto, per così dire, in semifinale non ci si arriva. Nel nuovo millennio, in Svizzera ci sono solo due portieri a poter dire di aver vinto un quarto al Mondiale. Uno è Martin Gerber, che in Svezia spense i sogni della Repubblica Ceca nel 2013, l’altro invece è Leonardo Genoni, che portò a termine con successo l’intenso duello con la Finlandia a Herning, nel maggio 2018. Se ‘Tinu’ Gerber si sta ormai godendo la meritata pensione nella sua casa di Langnau, Leonardo Genoni ad agosto compirà trentasette anni, e la domanda – giustificata – è la seguente: chi sarà il prossimo Genoni?
Ciò che si può dire, per ora, è soltanto che Akira Schmid è di gran lunga il portiere più talentuoso della nuova generazione. Ventiquattro anni compiuti quattro giorni fa, dall’alto dei suoi 195 centimetri per 93 chili di peso ha tutto ciò che serve per essere il portiere del futuro per una Svizzera che sogna sempre di riuscire a conquistare il suo primo titolo a un Mondiale. Partito presto da Langnau, dove ha giocato una sola partita (peraltro vinta), nei playout, contro il Kloten, nella primavera del 2018 Schmid aveva deciso di varcare l’Atlantico in cerca di fortuna, e grazie alla sua calma e alla sua perseveranza l’ha trovata nel New Jersey, dove nei playoff dello scorso anno era balzato agli onori delle cronache permettendo ai Devils di trionfare nella serie con i New York Rangers.
Arrivato a Newark grazie a un contratto entry level, di quelli che vengono offerti ai ragazzi fino ai 24 anni, con un minimo salariale e condizioni regolamentate dalla convenzione stipulata fra sindacato dei giocatori e franchigie, Schmid si è ritrovato senza una proposta di rinnovo dopo una stagione altalenante al di là dell’Hudson, e per adesso non ha un datore di lavoro. Ma riuscirà a trovarne uno, scommettiamo?