La Coppa Spengler che non c’è, per il secondo anno di fila. La delusione di Marc Gianola: ‘Ci abbiamo provato’
Davos – Un vuoto immenso. È la sensazione che ti colpisce, come un pugno sferrato in pieno stomaco, passeggiando sul piazzale antistante la pista di Davos.
Poco più in là, sulla pista a cielo aperto, decine e decine di persone fanno capannello, chi con un bastone in mano, chi con i soli pattini ai piedi, chi bevendosi un punch per riscaldarsi in una fresca fine mattinata domenicale. E di berrettine e magliette biancoblù se ne possono scorgere diverse. Come quelle con i colori delle altre squadre che avrebbero dovuto partecipare alla 94esima Coppa Spengler. Quasi come se nulla fosse.
Ma dall’altro capo della ‘cattedrale dell’hockey’ lo scenario è tutto un altro. C’è desolazione sul piazzale antistante l’entrata principale.
«È una tristezza, è tutto così desolatamente vuoto...». Basta questa mezza frase – pronunciata, in francese, da una mamma a beneficio della sua figlioletta, mentre con il suo compagno passano di lì («Non siamo venuti qui a Davos per la Coppa Spengler, ma certo che vedere la desolazione che c’è qui fa male», precisa) – per inquadrare lo scenario, surreale, che si presenta davanti agli occhi. Qualcuno attraversa il piazzale, in silenzio, qualcun altro si ferma il tempo per scattare un selfie con la riproduzione ingrandita del trofeo posto all’entrata dell’antistante Eisdome. Parlano a voce bassa. Più d’uno italiano, o, addirittura, in dialetto ticinese. Voci che ogni tanto vengono sovrastate da un rumore secco: quello dei tavoli in legno che all’interno del capannone che avrebbe dovuto accogliere il grande pubblico vengono pesantemente richiusi ancora prima di essere occupati da qualcuno. Già, all’ultimo, dopo mille peripezie per salvarla, la Coppa Spengler numero 94 è stata cancellata.
Lì, in piedi, a fissare i cancelli desolatamente chiusi c’è un affranto Marc Gianola. Manca poco all’una di pomeriggio di Santo Stefano: di lì a poco quei cancelli si sarebbero aperti per accogliere i primi tifosi accorsi a Davos per la Coppa Spengler (originariamente in particolare quelli al seguito dell’Ambrì Piotta, cui sarebbe spettato l’onore di tenere a battesimo questa edizione). Ma su quel piazzale, a parte qualche passante e qualcuno che, nonostante tutto, alla pista ci vuole comunque andare, forse per rendersi conto personalmente della veridicità di uno scenario che ancora fino a poco più di ventiquattr’ore prima sembrava scongiurato, il presidente del comitato d’organizzazione è l’unico a restarsene immobile. Fatta eccezione per una troupe della televisione svizzerotedesca, intenta a riprendere... il deserto, dentro e fuori dalla pista. «No, non sono tornato qui per un mesto commiato da un’edizione che non c’è – premette Marc Gianola con un mezzo sorriso che non nasconde la sua enorme tristezza –. Anche così, senza torneo, di cose da fare ne restano ancora parecchie pure per il sottoscritto».
Il presidente del comitato d’organizzazione (Keystone)
Già delicata, la situazione si è ulteriormente complicata sabato, quando sul tavolo degli organizzatori, che già avevano dovuto fare i salti mortali per sostituire Ambrì Piotta (fermato dallo scoppio di un focolaio all’interno dello spogliatoio e dalla conseguente quarantena imposta all’intera squadra) e Team Canada (che per questioni di sicurezza sanitaria aveva deciso di gettare la spugna), è piombata un’altra tegola, forse la più pesante di tutte. «A quel punto, teoricamente, il dado non era comunque ancora tratto», racconta poi il presidente del comitato d’organizzazione. «È vero che la nuova situazione venutasi a creare venerdì aveva drasticamente ridimensionato le chance di poter svolgere regolarmente il torneo, ma non le aveva ancora azzerate. C’era pur sempre il piano B, con un torneo ridotto a cinque sole squadre, togliendo dalla competizione il Davos». Ma la Coppa Spengler a quel punto non sarebbe più stata la medesima cosa... «È vero, ma solo fino a un certo punto. Del resto per parecchi anni, quando il Davos era stato costretto a ripartire la sua scalata ai vertici nazionali partendo dalla Prima Lega, a fare gli onori di casa al torneo era stata un’altra compagine svizzera. Non sarebbe stata la stessa cosa, ma l’avevamo appunto già fatto, e sulla scorta di quell’esperienza sono certo che i presupposti per un’edizione riuscita ci sarebbero stati tutti. Avremmo dovuto rivedere in extremis la formula, rispolverando il torneo a cinque squadre, formato della competizione che del resto era quello classico fino al 2009 e che, comunque, avevamo pure valutato quale possibile alternativa qualora non si fosse riusciti a trovare due sostituti per Ambrì Piotta e Team Canada». Le cose non sono però andate così stavolta: «Che le sorti del torneo fossero appese a un filo era ormai chiaro a tutti. Per questo motivo ancora venerdì sera abbiamo contattato tutte le squadre che sarebbero dovute arrivare a Davos per riferire loro della situazione. Ma abbiamo comunque deciso di rinviare all’indomani ogni decisione, una volta cioè che il quadro della situazione ci sarebbe stato più chiaro».
A spegnere anche quel lumicino di speranza ci hanno però pensato le autorità cantonali grigionesi, che il giorno di Natale, di buon mattino, vista la situazione e il rischio di propagazione dei contagi da variante Omicron, ha fatto dietrofront, revocando agli organizzatori il permesso di mettere in scena la 94esima Coppa Spengler, per il secondo anno consecutivo (e per la sesta volta nella sua storia). «Considerata l’entità del focolaio individuato in seno alla prima squadra del Davos e al suo staff, e l’elevato rischio che ulteriori focolai avrebbero potuto svilupparsi fra gli spettatori o le altre squadre partecipanti alla Coppa Spengler, i presupposti con cui era stata rilasciata l’autorizzazione agli organizzatori per disputare regolarmente il torneo non erano più dati – sottolinea il portavoce del servizio di comunicazione coronavirus del Canton Grigioni –. Dopo essere stati informati della situazione, sabato mattina abbiamo rivalutato lo scenario e deciso di bloccare il torneo. Spiace dover essere arrivati a questo punto, ma d’altro canto era inevitabile che si arrivasse a una soluzione simile alla luce degli ultimi sviluppi».
«Stavolta, rispetto all’anno scorso, la cancellazione del torneo è un colpo ancora più duro – ammette con un velo di logico rammarico lo stesso Gianola –. La notizia della revoca del permesso di andare avanti con il torneo ci è stata comunicata sabato alle 9. Spiace essere arrivati fino all’ultimo con i preparativi, anche perché, complice la situazione particolare, in sede di organizzazione di questo torneo avevamo dovuto affrontare diverse problematiche inedite. È stata una bella sfida per tutti noi, ma eravamo riusciti a vincerla». Peccato però che l’ultimo punto, quello decisivo, l’abbia segnato la pandemia, e in particolare Omicron...
Per la seconda volta nella sua storia, la Coppa Spengler è confrontata con un salto di due anni (l’unico altro buco di due anni si era registrato in pieno periodo bellico, quando erano saltati i tornei del 1939 e del 1940): state già lavorando alla prossima edizione? Sarà una replica del torneo che sarebbe dovuto andare in scena quest’anno, per buona pace dei tifosi dell’Ambrì Piotta? «Ora come ora è prematuro dirlo. Anche perché prima di pensare a mettere in cantiere l’edizione 2022 c’è ancora parecchio da fare per consegnare agli archivi questo sfortunato capitolo». Soprattutto sul piano finanziario, considerando che un torneo come la Spengler comporta un budget attorno ai dodici milioni di franchi: «È innegabile che cancellare un torneo così, all’ultimo, comporti una perdita finanziaria non da poco. L’anno scorso, per fare un paragone, la cancellazione è stata sicuramente molto meno grave di quest’anno, perché la decisione era stata presa con largo anticipo: già a settembre. Stavolta, invece, avevamo anche già sostenuto parecchie spese, in particolare con i fornitori, affinché tutto potesse essere regolarmente funzionante dal pomeriggio di Santo Stefano». Poco più in là il suo sguardo si ferma sulle porte del fan shop della pista, chiuso, e al cui interno sono ammassate le maglie ufficiali delle squadre che avrebbero dovuto dare vita al torneo. «Non ho ancora idea di quanto, ma finanziariamente questa cancellazione si tradurrà in un buco decisamente più grande rispetto a quello registrato l’anno scorso».
Ben diciassette – quattordici giocatori e tre membri dello staff – le persone colpite dal focolaio individuato all’interno dello spogliatoio del Davos: hai qualche notizia sulle loro condizioni? «Chi aveva già ricevuto il booster sta sostanzialmente bene: nessun sintomo o solo lievi. Chi era ancora in attesa della dose di richiamo lamenta dal canto suo un po’ di mal di testa e qualche linea di febbre, ma sostanzialmente niente di preoccupante». Con tutta probabilità la quarantena imposta al resto della squadra gialloblù (che lunedì 20 dicembre era stata ospite del Lugano alla Cornèr Arena per un turno di campionato) avrà ripercussioni anche sullo svolgimento della stagione regolare, con i primi impegni del 2022 (che dovrebbero segnare il ritorno alle attività dell’Ambrì Piotta, fermo per lo stesso motivo) che per gli uomini di Wohlwend sono in odore di rinvio.