Lo chiede l'assistente di Cereda René Matte dopo le due partite perse anche a causa delle parecchie inferiorità numeriche concesse
Sei martedì a Zugo, addirittura undici giovedì contro il Bienne. Sono le penalità minori fischiate all'Ambrì Piotta nelle ultime due partite (a cui vanno aggiunte quella disciplinare di partita sul conto di Cereda contro gli svizzerocentrali e quella di 10 minuti di Flynn per la sua carica alla balaustra contro i Seeländer. Tante? «Beh, effettivamente sono un bel numero – commenta il braccio destro di Luca Cereda sulla panchina dei biancoblù René Matte –. È pur vero che contro lo Zugo, a far lievitare il conto sono state le due doppie penalità minori fischiare a Fora, ma, anche così, il numero di sanzioni resta comunque effettivamente alto, eccessivo. Su talune decisioni si potrebbe anche disquisire sul metro di interpretazione adottato dagli arbitri, ma in tutti i casi dobbiamo migliorare sul piano della disciplina, non si scappa. Si può avere un boxplay efficace finché si vuole, ma quando sei costretto a giocare per tanti minuti con un uomo in meno, poi ti mancano preziose energie quando torni a ranghi completi. Ed è quello che ci è capitato sia contro lo Zugo, sia contro il Bienne». Tanto più che in entrambe le partite le occasioni la rete decisiva del confronto è appunto arrivata sugli sviluppi di altrettante situazioni di inferiorità numerica dei leventinesi. «Già, nei momenti decisivi delle partite, e più segnatamente quando mancano pochi minuti al sessantesimo, dovremo prestare ancora più attenzione all'aspetto della disciplina».
Come spieghi un così alto numero di sanzioni? Sono da considerare come la conseguenza di un gioco volutamente più fisico per sopperire al gap tecnico nei confronti dell'avversario? «Non direi. Senza valutare caso per caso, alcune di queste penalità sono scaturite da banali episodi di gioco. Come la prima doppia penalità di Fora giovedì, nata da un suo sbilanciamento che ha fatto finire sul volto di un avversario il suo bastone».
Chiuso il capitolo Bienne, domani sera alla Valascia va in scena il quarto derby stagionale. Che, come i due precedenti e quello che aveva chiuso la scorsa regular season, si giocherà ancora una volta a porte chiuse (mentre a inizio ottobre, lo si era fatto in una pista occupata per soli due terzi): senza l'atmosfera dei tifosi, le sfide con il Lugano mantengono comunque un carattere diverso rispetto alle altre partite? «Con o senza pubblico le cose non cambiano granché. Cioè, è chiaro che viene a mancare quell'ambiente elettrizzante che solo uno stadio gremito è in grado di dare, ma, anche così, il derby è sempre una partita diversa dalle altre, con emozioni e tensioni amplificate». Anche perché domani in gioco ci saranno anche punti pesanti per entrambe le squadre, con il Lugano alla ricerca dell'accesso diretto ai playoff, e l'Ambrì Piotta in piena corsa per staccare un biglietto per i pre-playoff. Avvertite più pressione con questa nuova formula per il post-season? «Siamo nella condizione del club che non ha nulla da perdere ma tanto, se non tutto, da guadagnare. Perciò siamo liberi di giocare tutte le nostre carte senza assilli. Del resto non si dimentichi che erano in parecchi a inizio stagione a non pronosticarci oltre l'undicesima piazza... Ora siamo più in alto in classifica, e in zona utile per i pre-playoff, perciò sì, un po' più di tensione la percepiamo, ma non parlerei di pressione. O, almeno, non di quella che grava su chi è nella posizione di dover dimostrare qualcosa, come potrebbe essere il caso Berna, per intenderci... Non a caso siamo arrivati fin qui con i nostri mezzi, senza cercare a destra e sinistra rinforzi particolari, se non per sopperire alle varie assenze».
Il contratto che ti lega all'Ambrì Piotta giungerà a scadenza al termine di questa stagione. E poi? Hai già piani per il futuro? «Con Paolo Duca abbiamo iniziato a parlare della mia situazione settimana scorsa. Ma è si è trattato solo di una prima discussione: ne riparleremo nei prossimi giorni immagino».