Lo dice il Ceo del Lugano, e con lui tutti i club, che chiedono alle autorità parità di trattamento con gli altri settori
Mentre sul ghiaccio prosegue la marcia di avvicinamento alla nuova stagione (con tra l’altro Ambri Piotta e Lugano impegnati stasera in amichevole rispettivamente a Biasca contro il Davos e a Coira contro gli Zsc Lions, match entrambi programmati per le 19), dietro le quinte il lavoro non manca. Anche perché, per ora, l’unica cosa certa - pandemia permettendo, of course - è la data dell’ingaggio d’apertura della nuova stagione: giovedì 1° ottobre.
Il resto, infatti, è tutto ancora da definire. Anche perché le anticipazioni degli scorsi giorni di quello che potrebbe essere lo scenario prospettato per le partite di hockey al tempo del coronavirus ha un po’ rimescolato le carte dei club, inizialmente indirizzati a lavorare su un’occupazione dello stadio ridotta alla metà della sua capienza complessiva e ora costretti (verosimilmente) a lavorare sul 50 per cento dei posti ricavati una volta convertiti in posti a sedere anche gli spalti, dunque con una capacità sensibilmente minore.
«Premesso che dobbiamo attendere per capire se lo scenario trapelato negli scorsi giorni sarà quello che effettivamente adottato, ma già sin d’ora mi sento di poter dire che non sarebbe quella auspicata, né da noi, né, verosimilmente, dagli altri club - sottolinea il Ceo del Lugano Marco Werder -. Tendenzialmente eravamo partiti dal presupposto di lavorare sulla percentuale della capienza totale dello stadio, che nel nostro caso è di 7’200 persone; imporre un’ulteriore riduzione del numero di posti consentiti negli stadi, dal nostro punto di vista, sarebbe discriminante: se su un aereo l’uso della mascherina basta per consentire di viaggiare anche per otto ore senza che le regole del distanziamento sociale vengano rispettate, non vedo perché negli stati non si possa fare altrettanto negli stadi di hockey, dove per di più ci si resta per due-tre ore al massimo. Sarebbe discriminante nei nostri confronti… Il nostro auspicio è che l’hockey venga trattato al pari delle altre realtà, sia che si chiamino calcio, sia che si chiamino gastronomia, viaggi o quant’altro…».
Osservazioni, quelle del Ceo bianconero, che, al pari di quelle degli altri club, sono state presentate al gruppo di lavoro incaricato di orientare il referente verso le autorità federali che stanno gestendo il dossier hockey. «Il nostro è un pensiero comune: tutte le società hanno la medesima filosofia, anche perché tutte hanno le medesime necessità».
La data ‘X’ per l’hockey è quella di mercoledì 2 settembre: «In quella data il Consiglio federale dovrebbe demandare alle rispettive autorità cantonali le direttive da seguire per il campionato di disco su ghiaccio: spetterà poi ai Cantoni implementare queste misure. Noi siamo comunque pronti per la riconversione degli spalti in posti a sedere: non appena saranno note le decisioni federali e cantonali, partiremo con i lavori».
E in stand-by, ovviamente, è pure la pubblicazione definitiva del calendario per la stagione 2020/21. Sebbene qualche società (Rapperswil in primis), sul suo sito abbia già rese note le date delle sue partite casalinghe… «Da prendere comunque con le pinze: in queste settimane di bozze del possibile calendario ne abbiamo ricevute parecchie. Fare anticipazioni a questo stadio rischierebbe di creare solo confusione».
«Ora non ci resta che attendere il 2 settembre - conferma sul fronte biancoblù il direttore generale dell’Ambrì Piotta Nicola Mona, pure lui reduce da un’altra giornata intensa -. In mattinata ci siamo nuovamente consultati tra club per discutere sulla bozza della presa di posizione della Lega da presentare al gruppo di lavoro incaricato di decidere sulle grandi manifestazioni. In realtà non c’è stato molto da discutere: tutti si sono detti concordi che quella presa di posizione andava portata avanti così com’era. Ed è dunque quella che poi, nel pomeriggio, il nostro rappresentante ha esposto alle autorità federali durante un incontro a cui hanno partecipato pure i delegati di altre realtà sportive, dal calcio a Swiss Olympic. In sé, la nostra presa di posizione contiene diverse richieste. In primis, quella di permettere un’occupazione del 100% dei posti a sedere e, a ogni modo, l’equiparazione di trattamento tra eventi all’aperto ed eventi al chiuso».
Se alla Cornèr Arena si attende il 2 settembre prima di procedere con la riconversione degli spalti in posti a sedere, alla Valascia è invece già tempo di passare all’azione: «Non possiamo più attendere oltre: dobbiamo metterci al lavoro, e farlo subito visto che manca ormai solo un mese all’inizio del campionato. Che saranno solo posti a sedere è ormai assodato: resta solo da capire il numero massimo consentito. Noi predisponiamo per la massima capacità possibile, ed eventualmente ridurremo il numero di seggiolini». Operazioni che, ovviamente, hanno un loro costo, non indifferente… «Il costo complessivo per implementare i dispositivi di sicurezza sanitaria si aggira sui 300 mila franchi».