Hockey

Niente relegati e più candidati ai playoff. 'Ma bisognerà sapersi adattare'

Werder (Lugano) e Mona (Ambrì) parlano delle novità decise a Berna. Per il futuro, invece, tutto è aperto: 'Determinate tematiche andranno affrontate'

Ti-Press/Crinari
12 maggio 2020
|

Niente retrocessione, almeno non quest’anno. In cui si giocherà con una formula leggermente ritoccata: le prime sei classificate vanno direttamente ai playoff, mentre le squadre fra la settima e la decima posizione si giocheranno i due posti rimanenti in una mini serie al meglio di tre partite. Sono queste le principali decisioni scaturite a Berna dall’assemblea straordinaria dei club di Lega nazionale, la prima con la presenza fisica dei rappresentanti delle diverse società. «E ammetto che l’ambiente era piuttosto surreale - dice Marco Werder, Ceo del Lugano -, perché eravamo seduti a dei tavoli piazzati due metri di distanza gli uni dagli altri, e per prendere un caffè ci volevano dieci minuti invece di due. Però credo fosse importante tornare a incontrarsi di persona, vista l’importanza delle domande a cui eravamo chiamati a rispondere. E ciò che emersa è la solidarietà tra i club in vista della nuova stagione, ed è un messaggio importante».

Anche perché, in una situazione di totale incertezza come quella attuale, i club almeno una certezza ce l'hanno: comunque vada a finire, nella primavera del 2021 nessuno correrà il rischio di venir estromesso dalla categoria a cui appartiene. Tanto in A, o se preferite la National League, quanto in B. «Il punto è che nella situazione in cui ci troviamo adesso noi società di hockey, ma direi che vale un po’ per tutta l’economia, fare una pianificazione ordinaria per la prossima stagione risulta praticamente impossibile: si tratta insomma di minimizzare i rischi, ed è ciò che abbiamo fatto».

Una risposta eccezionale in un momento altrettanto eccezionale. «Diciamo che quando un club è confrontato con un potenziale rischio di retrocessione è sempre confrontato con spese straordinarie, come l’ingaggio di ulteriori stranieri o di un nuovo allenatore, per provare a tirare il freno a mano prima di scivolare in acque agitate. Precauzioni che hanno dei costi, e in questo modo si è voluto garantire a tutti che queste ulteriori spese non sarà necessario affrontarle».

È stato il congelamento dei playout a spianare l’idea dei ‘pre-playoff’, così da movimentare un po’ anche nelle parti basse della classifica il finale di stagione? «Intanto è un modello che funziona molto bene sia in Svezia, sia in Finlandia e in Germania. Diciamo che deve servire come incentivo alle varie squadre per chiudere la regular season ai primi sei posti per avere la certezza di essere nei quarti di finale, ma è pure una sfida per le squadre classificate tra il settimo e il decimo posto, che si giocheranno i playoff al meglio di tre partite. Indubbiamente ne guadagnerà lo spettacolo».

Fosse stata in vigore già l’anno scorso quella formula, però, voi avreste dovuto nuovamente rimettere tutto in discussione nonostante alla fine foste riusciti ad arrivare ai playoff a scapito del Berna… «Sì, è vero, ci saremmo dovuti giocare l’accesso ai quarti sfidando lo stesso Berna in una serie al meglio di tre partite. Una cosa, però, dev’essere chiara: non stiamo parlando di cambiamenti in corsa, ma di modifiche regolamentari prese con largo anticipo, e sono chiare per tutti prima che si cominci a giocare. In altre parole i nostri giocatori adesso sanno che se vogliono avere la certezza di arrivare ai quarti devono puntare al sesto posto e non all’ottavo».

'La verità è che dipendiamo dall'evoluzione del virus'

A proposito di certezze: siamo a metà maggio e, pur se l’orizzonte rimane quello di metà settembre, nessuno può sapere quando il campionato potrà davvero cominciare. «Non nego che il momento è difficile. Creiamo degli scenari e proviamo a ragionare di conseguenza, ma la verità è che dipendiamo da decisioni prese da altri, dal Consiglio federale in primis, ma soprattutto dall’evoluzione che avrà il virus. L’unica certezza che abbiamo è che dovremo dare prova di grande flessibilità, oltre che grande disponibilità ad adattarsi a quella che sarà la realtà».

Lo scenario peggiore, e che tutti vogliono assolutamente evitare, soprattutto dopo aver visto come sono andate le cose in quel famoso weekend senza pubblico, a febbraio, in chiusura di regular season, sarebbe iniziare la stagione a porte chiuse. «Sì, indubbiamente. E molto sinceramente al momento non è uno scenario su cui lavoriamo, perché andrebbe a intaccare una parte talmente importante della nostra sostenibilità finanziaria che bisognerebbe affrontare il problema in maniera radicalmente diversa. Per questo, al momento stiamo lavorando a modelli che prevedono la presenza di pubblico negli stadi».

E poi ci sono i modelli futuri. Dal tetto salariale, di cui si parla da tempo immemore all’eventuale innalzamento del numero di giocatori stranieri, cose su cui vi chinerete nella prossima assemblea a metà giugno. Tuttavia, difficilmente un incontro di un paio d’ore potrà risolvere tutte le questioni sul tavole riguardo all’hockey svizzero che verrà. «Io mi lascio sorprendere volentieri, ma i temi sono davvero grossi e importanti - conclude Werder -. In sostanza, le varie questioni vanno scomposte e analizzate nelle loro singole parti. Però diciamo che questo è un momento in cui, come hockey svizzero, andranno discusse determinate cose. E non parliamo di tutto, perché è un prodotto che funziona, e funziona bene, resta il fatto che determinate tematiche andranno affrontate».

I biancoblù

'Ora che i candidati sono 10 il traguardo è tangibile anche per noi'

«Pensavo di dover rincasare più tardi - racconta il direttore generale dell’Ambrì Piotta Nicola Mona, raggiunto telefonicamente sulla via del rientro dal canton Berna -. Se rientro in Ticino così presto è perché abbiamo guardato essenzialmente all’immediato futuro, mettendo dunque il focus unicamente sulla prossima stagione».

E, sul corto termine, la decisione più importante decisa dai delegati è stato il congelamento delle retrocessioni (tanto dalla National quanto dalla Swiss League). Cosa significa in concreto per voi? «È una novità che porta indubbiamente con sé diversi cambiamenti di una certa importanza. Il fatto che non ci sia lo spettro della retrocessione per diverse società rappresenta una sorta di rete di sicurezza a cui affidarsi in caso di stagione toppata, cosa che permetterebbe di scongiurare una lotta quasi vitale per la salvezza spesse volte fatta con sensibili ripercussioni sulle casse societarie. È possibile che qualche club possa decidere di giocare un po’ al risparmio, certo, ma lo spirito della competizione, che è l’anima dello sport, non dovrebbe esserne intaccato».

Oltre a congelare la retrocessione, a Berna si è pure deciso di introdurre una sorta di pre-playoff, a cui saranno ammesse le squadre classificate dalla settima alla decima posizione, che si contenderanno gli ultimi due biglietti per i playoff in una serie al meglio delle tre partite (la settima contro la decima, e l’ottava contro la nona classificata). «Allargando a dieci il numero di potenziali squadre da playoff, l’obiettivo diventa più tangibile anche per noi: uno scenario così permetterebbe di giocarsi il tutto per tutto fino all’ultima giornata di stagione regolare. Oltre a essere molto interessante per noi dal profilo sportivo, questa novità nella formula del post-season compensa in modo significativo e valido l’assenza del ranking round e, non da ultimo, della relegazione».

'Per il futuro non mi dispiacerebbe una National League a 14 squadre'

La prossima scadenza in agenda è fissata per il 17 giugno: sarà lì che verranno invece affrontate le altre questioni ancora sul tavolo? «In quella data è convocata l’assemblea ordinaria, che per gran parte dovrebbe essere consacrata ad aspetti più formali, concernenti regolamenti e quant’altro. Poi, punto per punto, ci chineremo sui temi ancora aperti, ma è verosimile che il grosso delle discussioni relative alle due-tre stagioni che seguiranno la prossima verranno affrontate nel corso di un’altra riunione straordinaria. Anche perché sul piatto ci sono ancora diversi punti importanti, come quello del numero di squadre in National League a partire dal 2021/22, o, ancora, quello del numero di stranieri schierabili. A questo proposito, a meno di un’ampia riforma della Lega nell’assemblea di metà giugno, comunque poco probabile, la prossima stagione dovrebbero essere ancora quattro».

Soddisfatto di quanto deciso? «Per quel che concerne le decisioni prese relative alla prossima stagione posso ritenermi soddisfatto. Ma per esserlo completamente attendo quelle che saranno le prossime decisioni, per le quali intendiamo proattivamente collaborare la fine di trovare le soluzioni ideali per quelle che saranno le stagioni seguenti al campionato 2020/21. La crisi innescata dalla pandemia, sorta di mal comune, ha dimostrato quanto sia fragile l’economia aziendale di un club sportivo, e perciò ha indotto tutti a ponderare con attenzione la situazione, cosa che ha permesso di far cadere diversi vecchi tabù che resistevano da anni, a cominciare dalla Lega chiusa. E per il futuro non mi dispiacerebbe vedere una National League a 14 squadre. Come pure l’introduzione di uno strumento che possa in un certo modo livellare gli stipendi (il cosiddetto ‘salary cap’, ndr). Non vedo l’ora di poter discutere queste cose: vedo molto potenziale per migliorare».