Le cifre? 23 stagioni in Lega Nazionale, di cui 20 nella massima divisione, 3 titoli vinti (1 con lo Zugo e 2 con il Lugano), oltre mille partite. Ronnie Rüeger dal 1990 al 2013 è stata una delle massime icone del nostro campionato e ha segnato un’epoca.
A dire la verità non ha ancora smesso di giocare a hockey. «In effetti milito nei veterani del Bülach, ma in pratica è come se avessi cambiato sport. Mi sono riciclato e faccio l’attaccante. In porta avrei solamente regredito, facendo così, invece, progredisco», afferma con una sonora risata il 41enne. «Mi diverto parecchio, finalmente posso segnare reti e non solamente subirle, è un feeling gradevole».
In porta Rüeger ci va solamente quando è impegnato ad allenare gli estremi difensori della Svizzera U17. Ma ovviamente il disco su ghiacco non è più l’attività principale dello zurighese. «Ho una vita normale adesso, lavoro alla Banca Cantonale di Zurigo, mi occupo di sponsoring e marketing. Lavorando al 100% ho evidentemente meno tempo per seguire l’hockey da vicino, non posso essere ogni weekend nelle piste a vedere le partite. Una volta all’anno faccio da consulente per Teleclub, ma altrimenti non sono molto attivo nel ramo. Mi piace dedicarmi alla famiglia. Soprattutto i primi mesi dopo la fine della carriera mi sono un po’ isolato, di proposito. Volevo una pausa, prepararmi bene alla nuova sfida, imparare l’impiego e dedicarmi ai miei cari».
Malgrado ciò l’ex numero 66 è comunque al corrente e ben informato. E allora, Manzato e Merzlikins diventeranno i suoi eredi? Lui che fu l’ultimo portiere bianconero a festeggiare un titolo. «Il Lugano ha degli ottimi stranieri, ma bisognerà vedere nei playoff cosa accadrà. Non sarà facile a mio avviso. Non ho più dei grandi rapporti con la società bianconera logicamente. Me n’ero andato nel 2006. Il tempo passa e praticamente è cambiato tutto. Talvolta mi sento con Reuille». E Ronnie non è nemmeno un gran romantico in fin dei conti: «fa tutto parte del passato, immensi ricordi, senza ombra di dubbio bellissimi, ma appunto archiviati. Non guardo vecchi video, però probabilmente un giorno li mostrerò ai miei figli. Non ripenso nemmeno a certe partite vissute. Solamente ogni tanto, quando s’incontrano dei vecchi amici, si discute alla buona dei tempi andati. Preferisco godermi i successi del presente. Altri tipi di vittorie, ma pur sempre preziose».
Questa stagione tiene banco il carosello dei suo ex colleghi. «In particolar modo a Ginevra e ad Ambrì la situazione è veramente diventata estrema. Incredibile il numero d’infortuni, ma d’altronde giocando molto può accadere. Tutti questi prestiti e girandole aiutano specialmente i portieri giovani, che possono così mostrarsi maggiormente, a differenza degli anni scorsi. Con il rischio di diventare una semplice trottola. Ad esempio per Schwender la situazione si è rivelata davvero favorevole, però nel suo caso, a mio avviso, gli spostamenti sono stati persino troppi».
Schwendener, una giovane promessa, ma arrivare all’apice è difficile... « Ci sono molti talenti con potenzialità, ma il loro gap rispetto ai portieri d’esperienza è ancora parecchio. Non saprei quindi fare un vero nome a cui garantisco un futuro roseo. Prendete Nyffeler, enorme promessa, ma attualmente a Friborgo non gioca molto. È impossibile stabilire che ne sarà di lui. Magari tra due anni sarà tra i migliori, magari invece avrà addirittura smesso di parare a certi livelli. È dura per i giovani: all'inizio si ha magari del successo a corto termine, ma una sola super stagione non è sufficiente. In seguito sale la pressione e di conseguenza tutto si complica. La vera classe è la costanza. Al momento i due portieri più forti in Svizzera sono Flüeler e Stephan, entrambi molto solidi. Un giovane Rüeger? Non ne vedo, ognuno ha il suo stile, inoltre parare con il mio al giorno d’oggi non sarebbe ideale», dice, sciogliendosi in un'allegra risata. Poi torna serissimo: «Due anni fa Hollenstein fu licenziato troppo tardi, quest’anno invece i dirigenti dovevano forse ancora attendere. Ma si sa che a pagare è sempre il coach, anche se non è mai bello, specialmente pensando a quanto ha fatto per il club. Io comunque ho vissuto il tutto dal fuori, nemmeno a Kloten ho molti contatti al momento, quindi è dura giudicare senza essere all’interno dello spogliatoio».
Spogliatoio che ha condiviso per tre decenni con tanti compagni. Rüeger estrae i 3 migliori. «Ville Peltonen, persona con i piedi per terra, un esempio, un modello. Malgrado la sua fantasia e i suoi spunti offensivi, lavorava moltissimo pure difensivamente. Petteri Nummelin, talento puro, un pattinaggio incredibile e una tecnica molto versatile. Kimmo Rintanen, che fa classe a sè». Non solo compagni, anche avversari a cui rendere omaggio. «Lonny Bohonos e Petr Sykora, entrambi militavano nel Davos. Il canadese a mio avviso disponeva complessivamente del tiro migliore in assoluto, il ceco scagliava proiettili di difficile lettura».
La domanda più difficile l'abbiamo tenuta per il finale: chi vincerà il titolo questa stagione? «Il titolo lo vinceranno i Lions: hanno la squadra più equilibrata, sanno come diventare campioni e dispongono nel loro scacchiere di parecchie soluzioni per ovviare a eventuali defezioni. L’unico interrogativo che mi pongo è se avranno ancora la fame necessaria per riuscire nell'impresa». Avrà ragione Ronnie? Oppure, dopo nove anni, gli toccherà cedere lo scettro di ultimo portiere che ha vinto il campionato con il Lugano?