A Las Vegas, terzultimo Gp stagionale, l'olandese chiude al quinto posto, quanto basta per togliere dai giochi che contano anche Lando Norris
Il principe diventa re. George Russell su Mercedes conquista la seconda vittoria stagionale nella notte di Las Vegas. Un successo incontestabile, Russell è stato in testa dal primo all’ultimo giro, dopo essere partito dalla pole position e aver guidato bene in tutte le sessioni del weekend. Ha resistito quasi senza sudori al ritorno negli ultimi giri di Lewis Hamilton, una furia scatenata nel finale di Gran Premio. Un passaggio di consegne vero e proprio, tra un favorito del pubblico inglese e l’altro. Russell, rispondendo alle domande della tv americana prima della gara, era sembrato irriverente: da Lewis ho imparato cosa significa essere un pilota di F1 fuori dalla pista. Come a dire: sull’asfalto, il pilota migliore, adesso sono io.
Mentre Russell conduceva la gara in solitaria, dietro si scatenava la bagarre. Hamilton, appunto, è partito soltanto dalla decima posizione per un suo errore in qualifica, il sabato è ormai il suo tallone d’Achille, per sua stessa ammissione. L’inizio su gomma media, che dai dati si sapeva non sarebbe durata per molti giri, avrebbe dovuto invitare i piloti a uno stile di guida guardingo. Invece si sono visti tanti duelli con le auto vicine dopo la partenza. Ne hanno beneficiato i piloti che avevano meno da perdere e una visione di gara lungimirante: Hamilton, appunto, e Max Verstappen. Al contrario, su gomma dura, i piloti hanno guidato sulle uova finché dai box non è arrivato il segnale di dare tutto. Nel gioco delle strategie, Hamilton è uscito alle spalle di Russell, tra il trentaseiesimo e il quarantaduesimo giro, per sei volte ha fatto segnare il giro veloce. Non è stato sufficiente per assaltare la prima posizione. Russell vince con merito e dà segnali di crescita, avrebbe vinto tre volte in stagione senza la squalifica arrivata dopo la fine del Gran Premio del Belgio.
La bagarre alle spalle del leader riguardava soprattutto i piloti della Ferrari. Charles Leclerc ha bruciato il suo primo treno di gomme nel tentativo di superare Russell, poi ha dovuto subire i sorpassi di Carlos Sainz e di Verstappen. Più tardi nella corsa ancora un duello fratricida in casa Ferrari ha premiato Sainz. A quel punto Leclerc ci è andato pesante via radio e ha accusato il compagno di scorrettezze.
Scherzi dell’adrenalina, ma un fondo di verità c’è. Sainz è un pilota ingombrante, che fuori dalla pista fa leva sul peso politico del papà titolato, e sotto il casco si trasforma in un animale da corsa, decidendo in autonomia della propria strategia di gara e finendo per condizionare tutta la squadra. Hamilton, prossimo compagno di Leclerc, ha un’aura da superstar, ma in Mercedes non ha mai platealmente disatteso un ordine di scuderia. Se si discute della disputa tra i piloti, è per nascondere il vero problema in Ferrari: la scelta sbagliata sugli assetti scarichi delle monoposto ha compromesso il risultato finale, Las Vegas era una pista favorevole alla Rossa e doveva arrivare una vittoria.
Anche in Nevada continua il mistero buffo di casa Red Bull: nella stagione in cui conquistano il titolo piloti, perdono la compattezza del team. Per il Gran Premio di Las Vegas imbarcano il materiale sbagliato, devono segare artigianalmente l’ala posteriore nel retro box per adeguarla alle esigenze della pista (a proposito, dov’è la Fia quando si mette a repentaglio la sicurezza dei piloti in questo modo?). Verstappen capisce in fretta di non avere la macchina per competere per la vittoria, ma la McLaren e Lando Norris sono messi anche peggio.
Per una volta Max se ne sta tranquillo e il quinto posto basta per regalargli punti e la matematica certezza di conquistare il Mondiale. Per l’olandese è il quarto alloro consecutivo, eguaglia Sebastian Vettel e Alain Prost. Dall’altro lato del garage, l’incomprensibile avventura di Sergio Perez prosegue. Sui social c’è stata maretta tra i meccanici di Verstappen e quelli del pilota messicano, è la dimostrazione che la Red Bull è divisa in fazioni a ogni livello. Perez in pista annaspa in qualifica e fatica orribilmente in gara per prendere un misero punto. Gli finisce davanti con un mezzo inferiore Yuki Tsunoda, che reclama il secondo volante in Red Bull per sé. Se questo è Perez, il giapponese una chance la meriterebbe.
Non è stato un cattivo weekend per la Sauber, anche se a guardare il tabellino entrambi i piloti segnano l’ennesimo zero. Guanyu Zhou gradisce la corsa americana, finisce in tredicesima posizione, a 10 secondi dalla zona punti. Per tutto il weekend ha avuto, sia in qualifica che in gara, un passo migliore di Bottas, abbacchiato dalla mancata conferma. Anche l’anno scorso, a Las Vegas, Zhou aveva preceduto il compagno. Dovrebbe iscriversi a un campionato che si corre su un solo circuito. Mancano due gare e le speranze della Sauber di scrollarsi di dosso lo zero in classifica sono ridotte al lumicino, meglio voltare pagina in fretta e pensare all’anno prossimo. Che si preannuncia come un altro anno di passione, non certo di svolta.