Il 69enne Ct nativo di Trebisonda, plurititolato anche da giocatore con il Trabzonspor gode di una grande considerazione. Riuscirà a rivitalizzare i suoi?
Dopo due esibizioni negative, in Turchia c’è chi invoca un miracolo, chi invece confida nelle capacità pedagogiche di un allenatore che in patria è una figura di culto, Senol Günes. Il ct che sta cercando di risollevare gli animi dei suoi giocatori in vista dello “spareggio” di domenica a Baku contro la Svizzera, è reduce da una settimana molto complicata. Ne ha dovute incassare, di critiche, dall’inizio di questi Europei, affrontati con un ottimismo spazzato via dalla tremenda disillusione delle prime due partite: il ko senza appello contro l’Italia al debutto, e il 2-0 incassato contro il Galles in quello che avrebbe dovuto essere l'incontro della svolta, per cancellare la brutta entrata in materia. Il verdetto della stampa turca è stato unanime e non lascia scampo: «Non c’è gioco, non c’è tattica, non c’è fiducia», ha sentenziato l’ex nazionale Engel Verel in veste di editorialista. Un’analisi sulla falsariga di quanto più o meno esternato da tutti i colleghi, sorpresi negativamente da una squadra che nelle intenzioni avrebbe dovuto rappresentare una delle sorprese positive di questa manifestazione. Una mina vagante da prendere con le pinze, in quanto insidiosa.
Va dato atto a Senol Günes di non aver accampato scuse. Il 69enne tecnico si è preso le colpe assumendosi le responsabilità dei due risultati negativi e dispiacendosi per il livello della sua squadra che non è quello auspicato alla vigilia. Eppure, i presupposti erano molto promettenti, e lasciavano davvero presagire che la Turchia potesse emergere, quantomeno con uno o due exploit. Da quando Günes è in carica per un secondo mandato alla testa della Nazionale (2019), la sua squadra ha ottenuto buoni risultati, con picchi di eccellenza trovati contro le avversarie più accreditate, si pensi al successo ai danni di Francia e Olanda, al pareggio contro la Germania.
Oltre ai risultati che lasciavano presagire il meglio, sconfessati da due esami falliti che sono lo specchio di un valore rimasto fin qui inespresso - le analogie con la Svizzera iniziano ma non finiscono qui - c’è poi il fattore Günes stesso, un tecnico che finora ha fatto rima con successo. Nel 2002 condusse la Turchia di Hakan Sükür fino alla semifinale mondiale nella rassegna iridata nippocoreana. In seguito, ha festeggiato il titolo nazionale con il Besiktas (2016 e 2017), onore che ha avuto anche da giocatore, con la maglia del Trabzonspor. «Si percepisce subito che in lui c’è… qualcosa - ricorda l’ex capitano rossocrociato Gökhan Inler, che ha fatto parte del Besiktas titolato in Turchia quattro anni fa -. Senol Günes è un po’ come Ottmar Hitzfeld».
Rieccoci alle analogie con la Svizzera: Günes è stato un portiere, Hitzfeld un attaccante. Al pari del collega tedesco, il ct turco ha saputo convincere i giocatori con la sua calma, la sua autorevolezza, la sue personalità derivate anche dal passato di insegnante. Hitzfeld ha una formazione di matematico, Günes insegnava storia e geografia, mentre difendeva i pali del Trabzonspor negli Anni ‘80. Distribuire e assimilare conoscenze, lo reputa un privilegio, anche perché i suoi genitori non sapevano né leggere né scrivere.
Cresciuto in condizioni di disagio, a Günes è riuscito un percorso umano e professionale di notevole spessore. Come giocatore, a Trebisonda, sua città natale, in 15 anni ha vinto sei titoli e tre Coppe. Brillante anche la trentennale carriera di allenatore, accompagnata alla crescita di un uomo di cultura al quale piace parlare anche di argomenti che non siano il calcio. Un uomo al quale nel 2016 hanno intitolato lo stadio nel quale ha festeggiato i trionfi più memorabili.
Il mito, però, oggi barcolla un tantino. La sua squadra è dipinta quale “la peggiore del torneo”, palma che divide proprio con la Svizzera che affronterà domenica in un incrocio tra parenti poveri di un girone conteso da Italia e Galles. Le possibilità che la Turchia possa proseguire il cammino sono ridottissime (potrebbe non bastare una vittoria con più reti di scarto per essere una delle migliori quattro terze classificate ripescate) ma Günes sente il dovere di quantomeno congedarsi dagli Europei con una dignità che possa riconciliare lui e la sua squadra con i tifosi che al momento si sentono traditi. Giocare senza alcuna pressione addosso potrebbe anche giovare all'intero ambiente, che potrebbe così riscoprirsi capace di vincere. Non che battere la Svizzera possa essere salutato alla stregua di un exploit e riqualificare un intero torneo comunque deludente, ma sarebbe pur sempre un bel passo avanti, pensando alle due prime uscite, pressoché letali.