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Tosetti alle origini. ‘Il cerchio si chiude’

Il 32enne mette il punto finale alla sua carriera da professionista. Continuerà a calcare i rettangoli da gioco col Locarno, con cui tutto ebbe inizio

‘Certi treni, per un motivo e per destino, passano una volta sola’
(Ti-Press)
21 agosto 2024
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«Per una porta che si chiude, ce n’è un’altra che si apre». Parole di Matteo Tosetti, che a qualche mese di distanza dalla decisione del Bellinzona di non rinnovargli il contratto al termine della passata stagione, ha deciso di voltare pagina e chiudere con il mondo del calcio professionistico. Continuerà comunque a calcare i rettangoli da gioco, ma in un contesto meno impegnativo. Con la maglia del Locarno (ora in Seconda interregionale), quella stessa maglia che, storia di quindici anni fa, l’aveva appunto proiettato sulla ribalta del calcio professionistico. «Una decisione maturata in tutta serenità – s’affretta a precisare il ticinese –. In fondo, con questo... ritorno alle origini è un po’ come se il cerchio si chiudesse. Dopo la fine della parentesi con il Bellinzona mi sono preso un po’ di tempo, aspettando che qualcosa si muovesse. Qualche proposta c’è stata, ma mai quella giusta, capace di far scattare dentro di me la molla per spronarmi a buttarmi a capofitto in una nuova avventura. Anche perché a conti fatti avrei finito per partire senza la mia famiglia, vivendo una situazione non ottimale e rinviando al massimo di una o due stagioni quella riconversione che prima o poi andava fatta. Nel frattempo mi è arrivata un’interessante offerta di lavoro, ideale anche per conciliare la vita in famiglia, e questo ha un po’ accelerato le cose. Certi treni passano una volta sola, per un motivo o per destino, e l’offerta di lavoro era appunto uno di questi, ragion per cui ho preso la palla al balzo e deciso di chiudere qui con il calcio professionistico».

Dunque niente rimpianti? «No, affatto. Anzi, lo ribadisco: questa è una scelta che ho preso a cuor leggero, perché ho sempre dato tutto me stesso in ogni contesto. Anche l’ultima stagione, sul piano personale, trovo sia andata molto bene. Benché magari qualcuno si aspettasse altro da me, a livello di sensazioni io posso essere soddisfatto per come mi sono comportato».

Lanciata con la maglia del Locarno (e quella della Nazionale U17, con cui Matteo Tosetti nel 2009 aveva vinto il Mondiale di categoria), la carriera dell’oggi 32enne ha toccato un po’ tutta la Svizzera, e l’ha portato a vestire pure le maglie di Young Boys, Wohlen, Lugano, Thun, Sion, e, dulcis in fundo, Bellinzona. I ricordi più belli? «Ne ho parecchi, dal mio primo contratto da professionista alla firma con lo Young Boys. Sportivamente parlando, citerei senza dubbio le due finali di Coppa Svizzera disputate, anche se purtroppo entrambe perse (con il Lugano nella stagione 2015/16, persa 0-1 dallo Zurigo e con il Thun nel campionato 2018/19, persa 1-2 contro il Basilea, ndr), come pure la promozione con il Lugano. E le varie salvezze: il riuscire a mantenere la categoria con squadre che lottano per la loro stessa sopravvivenza mi ha pure questo regalato forti emozioni». E sull’altro piatto della bilancia? «L’unica ’macchia’, se così la vogliamo definire, è stata la retrocessione con il Thun al termine della stagione 2019/20: credo che quella me la porterò dietro ancora per parecchio... Il girone d’andata era stato catastrofico, al punto che ci davano già per spacciati. L’ottimo ritorno aveva però rimesso tutto in gioco, salvo poi compromettere tutto nella partita decisiva pareggiando con lo Zurigo e mancando nel finale di gara quella rete che ci avrebbe permesso di salvarci direttamente. Arrivati allo spareggio spompati, poi, abbiamo subìto la legge del Vaduz».

In quindici anni di militanza ai massimi livelli del calcio svizzero, il locarnese ha conosciuto parecchi giocatori. E pure allenatori: quali sono stati quelli che hanno lasciato maggiormente il segno? «Ricordo sicuramente Schönwetter, con cui ho fatto il mio esordio in Lega nazionale. Poi, in carriera ho lavorato con parecchi allenatori, provenienti anche da altri Paesi e dunque da altre scuole di gioco, e bene o male ognuno di questi mi ha dato qualcosa. Se dovessi però fare un nome su tutti, beh, allora citerei Marc Schneider, l’allenatore che è forse riuscito a farmi esprimere al meglio delle mie possibilità. Non a caso in quei quattro anni trascorsi a Thun una volta ho vinto la classifica dei giocatori che hanno dispensato più assist del campionato, riconoscimento che ho poi nuovamente sfiorato più d’una volta».

Il rammarico più grande? «Se dal lato puramente sportivo, guardandomi alle spalle, il rimpianto più grande è legato alle citate finali di Coppa Svizzera perse, sul piano personale forse mi sarebbe piaciuto maturare un’esperienza in qualche club all’estero, più che altro per toccare con mano un’altra realtà, diversa da quella del calcio svizzero. Al di là di tutto mi reputo comunque molto fiero di quanto ho fatto nella mia carriera, e dunque sono pronto a voltare pagina senza rimpianti».

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