La Svizzera affronta il Kosovo a Basilea nella penultima partita delle qualificazioni a Euro 2024. Dopo un autunno di troppi pareggi servono i tre punti
Doveva essere, nell’immaginario di molti tifosi (e, forse, anche di troppi giocatori) un girone da 10 su 10. E invece, la Nazionale svizzera si ritrova al penultimo appuntamento con le spalle al muro. Dopo quattro pareggi nelle ultime cinque partite, sabato a Basilea dovrà assolutamente battere il Kosovo per strappare finalmente quella qualificazione a Euro 2024 che all’inizio della campagna sembrava poco più di una semplice formalità e che invece si è trasformata in una corsa a ostacoli in un autunno tra i peggiori della storia recente del calcio elvetico (soprattutto tenendo in considerazione il livello degli avversari affrontati). Dopo le due reti subite nei minuti conclusivi contro la Romania, qualcosa nel gruppo rossocrociato si è rotto e nelle ultime cinque uscite – Andorra a parte, partita per altro caratterizzata da un primo tempo orrendo – gli uomini di Murat Yakin non sono mai riusciti a difendere il vantaggio acquisito, contro Kosovo (due volte in vantaggio), Bielorussia e Israele. Il “cadreghino” di Yakin ha perso una gamba e forse più, tant’è che la sua conferma non è assicurata, nemmeno in caso di qualificazione, nonostante in quel caso il contratto si rinnoverebbe automaticamente. Quella del St. Jakob’s Park, in uno stadio votato in grande maggioranza al Kosovo, sarà verosimilmente l’ultima occasione concessagli dall’Asf per dimostrare di poter ancora controllare uno spogliatoio più volte apparso sull’orlo dell’ammutinamento. Il muro contro muro con capitan Xhaka è oramai noto ai quattro venti, ma quella del centrocampista del Bayer Leverkusen non è l’unica spina nel fianco di Yakin, all’immagine di un Manuel Akanji che se al City scendesse in campo con lo stesso spirito mostrato in rossocrociato, dell’Etihad non vedrebbe nemmeno lo spogliatoio, mentre invece Guardiola continua a tenerlo in grande considerazione.
Nonostante la flemma che sempre lo ha caratterizzato, negli ultimi mesi il c.t. rossocrociato ha mostrato scarsa lucidità in molte scelte, dentro e fuori dal rettangolo verde. Tuttavia le indecisioni di Yakin non possono rappresentare un facile alibi per i giocatori. Perché in fin dei conti, a scendere in campo sono loro. Mercoledì a Felcsut, ad esempio, sono stati Xhaka, Akanji e compagni a impostare un secondo tempo al rallentatore, nel quale hanno lasciato il pallino del gioco in mano a un avversario tutto fuorché insidioso, proponendo una prestazione che ha fatto a pugni con la buona attuazione del primo tempo.
Giunti a questo punto del cammino qualificativo, la Svizzera avrebbe già dovuto godersi la vista sul prossimo Europeo, invece si ritrova a dover affrontare la “sfida di tutti i pericoli”. Perché per molti giocatori le cui radici affondano in terra kosovara, questa non potrà mai essere una partita come tutte le altre, perché pur giocando a Basilea sarà come essere in trasferta e perché nei due precedenti scontri diretti gli elvetici non hanno mai fatto una bella figura: il 29 marzo dell’anno scorso in amichevole a Zurigo finì 1-1 in rimonta, mentre il 9 settembre 2023 a Pristina il risultato fu di 2-2, con il gol del pareggio subito al 90’. A questo, va aggiunto che in caso di successo, il Kosovo potrebbe ancora ambire a superare in classifica la Svizzera, il che renderà ancor più insidiosa la sfida. Insomma, se c’è un momento per mostrare gli attributi, questo è quello giusto. Senza stare a pensare che un punto potrebbe anche bastare nel caso in cui Israele non dovesse vincere contro la Romania. Sì, perché questo gruppo deve ai suoi tifosi la sesta partecipazione consecutiva a un grande appuntamento internazionale, ma anche e soprattutto una prestazione degna della qualità dei singoli.
Nella conferenza stampa della vigilia, assieme a Murat Yakin si è presentato il decano della squadra, Xherdan Shaqiri, il cui esordio risale al 3 marzo 2010… «Non siamo né il Brasile, né la Germania, bensì la piccola Svizzera – ha affermato –. A ogni partita dobbiamo svolgere il nostro compito fino in fondo. E dobbiamo rimanere calmi: il primo posto di gruppo rimane alla nostra portata, ma non possiamo mai sottovalutare l’avversario».
Il fantasista rossocrociato è conscio delle insidie insite nella sfida del St. Jakob’s Park… «Negli ultimi dieci anni il calcio è cambiato, tutte le squadre sono più attrezzate. Da parte nostra, dobbiamo fare in modo di non abbassare il ritmo nei secondi 45’. E chiudere la pendenza il più in fretta possibile…».
Per quanto concerne l’undici iniziale, Murat Yakin non si è sbilanciato. L’unica concessione l’ha fatta sul portiere: inizialmente, la sfida contro il Kosovo l’avrebbe dovuta giocare Gregor Kobel, ma l’estremo difensore del Borussia Dortmund è alle prese con problemi muscolari, per cui tra i pali ci sarà ancora una volta Yann Sommer. In panchina, invece, andrà Anthony Racioppi, mentre Kobel rimarrà con la squadra fino a domenica, prima di far rientro in Germania.
Dalle conseguenze ben più importanti potrebbe invece essere l’assenza di Edimilson Fernades, espulso nel finale di gara contro Israele. In una selezione che non annovera nemmeno un laterale destro di ruolo, il vallesano sembrava l’unico in grado di ricoprire quel ruolo, anche se poi sono stati proprio due suoi errori all’origine del gol del pareggio, sia in Kosovo, sia contro Israele. Al suo posto, potrebbe trovare spazio Cömert, il quale però nasce da centrale. Al centro della difesa dovrebbe tornare Elvedi in sostituzione del disastroso Zesiger, mentre Shaqiri affiancherebbe Vargas alle spalle di Okafor, con Amdouni destinato alla panchina.