Dopo le follie di mercato dell'estate, venerdì ricomincerà il campionato nel Paese del petrolio, su cui c'è grande curiosità
Dopo un'estate da record a livello di acquisti e contratti, venerdì sarà dato il calcio d'inizio al nuovo campionato d'Arabia Saudita, che per la prima volta riesce ad attirare l'attenzione di qualche appassionato occidentale. Merito, ovvio, dei giocatori che – attratti da offerte indeclinabili – hanno deciso di andare a giocare laggiù, in un Paese criticato e accusato di voler ingentilire la propria immagine grazie allo sport d'alto livello.
Dopo la firma di Cristiano Ronaldo per l'Al-Nassr dello scorso inverno, diversi calciatori di un certo nome ne hanno seguito le orme, come ad esempio il Pallone d'Oro Benzema, Fabinho e Sadio Mané. I sauditi erano disposti a fare ponti d'oro pure a Mbappé, che si è visto offrire ben 300 milioni, ma il francese non ha nemmeno voluto incontrare gli emissari per discutere un eventuale trasferimento.
Soltanto cinque anni dopo aver aperto le frontiere a turisti non musulmani e aver concesso alle donne di guidare automobili, l'Arabia Saudita in qualche modo sta tentando di aprire verso l'esterno la sua società ultra-conservatrice. E lo sta facendo, come detto, anche attraverso lo sport: il più grande esportatore mondiale di petrolio ha investito e speso diversi miliardi di dollari in eventi e infrastrutture legati all'agonismo di alto livello, ad esempio il circuito e il Gp di Formula 1, il significativo acquisto di CR7 o ancora i grandi tornei di golf.
Tutte queste iniziative fanno parte dei grandi progetti del principe ereditario Mohammed bin Salman, che intende modernizzare l'economia saudita rendendola meno dipendente dal petrolio. L'ingaggio di Cristiano Ronaldo da parte dell'Al-Nassr, club basato nella capitale Riyad, ha attratto l'attenzione del mondo intero sulla Saudi Pro League, un campionato fin lì insignificante. E mirabolanti ingaggi destinati ad altri giocatori e allenatori di buon livello hanno contribuito ad ampliare il numero di questi espatriati di lusso.
Il rischio, ora, secondo qualcuno è che, disponendo di fondi pressoché illimitati – e di regole che permettono l'ingaggio di ben otto stranieri per squadra – i 18 club sauditi facciano razzia di tutti i migliori giocatori sulla piazza europea, africana e sudamericana, finendo per impoverire tecnicamente ed economicamente i tradizionali bastioni dell'economia sportiva mondiale. Per fortuna, come nel caso di Mbappé, c’è ancora qualcuno capace di dire di no.
Ad ogni modo, c’è anche il forte sospetto che tutti questi investimenti da parte saudita servano a distogliere l'attenzione – dentro e fuori dal Paese – dalla situazione di grave mancato rispetto dei diritti umani che vige laggiù e in tutte le nazioni limitrofe, come si era ben visto in occasione dei Mondiali 2022 giocati in Qatar. In Occidente qualcuno fa notare infatti che ormai i giornali europei – o nordamericani – si occupino di Golfo e Medio Oriente soltanto per parlare dei Paperoni del calcio e non per ricordare le severissime pene detentive destinate laggiù a chiunque osi muovere la minima critica alle politiche vigenti.
Tornando al calcio, va detto comunque che non tutto ciò che luccica sia oro: in giugno, infatti, la Fifa ha bloccato il mercato dell'Al-Nassr in entrata e uscita a causa del mancato versamento nelle casse del Leicester del denaro relativo al trasferimento del nigeriano Ahmed Musa. Segno forse che, davvero, i sauditi dagli europei stanno davvero copiando tutto, comprese le cattive abitudini e le pratiche illegali.