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Lo United è davvero tornato?

Col recente successo nella League Cup, i Red Devils hanno interrotto un digiuno di vittorie durato ben sei anni

28 febbraio 2023
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L’ultima volta che il Manchester United ha vinto la FA Cup Louis van Gaal è entrato nella sala della conferenza stampa con gli occhi di fuoco, la solita aria nefanda. Il silenzio timoroso fu interrotto dal rumore forte della coppa sbattuta sul tavolo. Dopo la montagna di critiche ricevute, van Gaal poteva mostrare un trofeo a tutti prima di andarsene inviperito. Era il 2016 e a molti sembrava che il Manchester avesse toccato il fondo. Così doveva apparire il momento più buio a un club che per oltre vent’anni è stato il più vincente del calcio inglese, uno dei più vincenti in Europa: un periodo di coppe minori, gioco noioso e allenatori pieni di bizze.

In realtà era solo l’inizio della caduta nel baratro degli anni successivi. Gli anni in cui il Manchester United è diventato una bestia indomabile, agitata dal vuoto di potere e di carisma lasciato da Sir Alex Ferguson. Sono caduti David Moyes, Louis van Gaal, Josè Mourinho, Ole Gunnar Solskjaer. Tutti profili diversi: lo scozzese erede di Ferguson, il guru tattico, il vincente, la leggenda del club. Sono state provate tutte le strade, e tutte sono state sbagliate.

Allenare lo United era un’impresa così ardua che quando Josè Mourinho ha vinto il "mini-treble" (Coppa di Lega, FA Cup ed Europa League) era sembrato più uno statement personale di uno degli allenatori più vincenti di sempre che un termometro sullo stato di salute del club. E infatti da quel momento, dalla vittoria dell’Europa League in finale contro l’Ajax, non è più arrivato un trofeo. Sei anni senza vittorie sono tanti per un club come il Manchester United, ma è curioso che a riportare il successo sia stato proprio un allenatore proveniente dall’Ajax, scelto non solo per la sua capacità di vincere, ma soprattutto di farlo con un certo stile, con un gioco associativo talvolta radicale, all’avanguardia. Erik Ten Hag non è ancora riuscito a dare l’impronta delle sue idee al Manchester United, ma intanto ha cominciato a vincere.

Un successo agognato

Ovvio, la League Cup non è certo il trofeo più prestigioso del calcio inglese, ma la finale contro il Newcastle aveva una portata simbolica particolare. Era la sfida tra l’antico blasone dello United e la nuova ricchezza del Newcastle, che in appena sedici mesi di gestione saudita è arrivato alla sua prima finale dal 1999. Sarebbe stato uno smacco, visto quello che ha dovuto passare il Manchester United, la quantità di scelte sbagliate, fallimenti e milioni spesi. Negli ultimi dieci anni, tra le società europee, solo il Chelsea ha speso più soldi del Manchester United. Provando, fallendo, fallendo ancora, fallendo meglio, alla fine i Red Devils sono arrivati al successo dell’altroieri. Una partita vinta 2-0 senza dominare, usando la forza per trovare il vantaggio e l’astuzia per difenderlo. Il Manchester United è sembrato persino in difficoltà, nei primi venti minuti, ma è diventato una squadra che sa più o meno sempre trovare il modo di vincere.

Il gol più importante, quello dell’1-0, lo ha segnato di testa Casemiro. Il secondo gol segnato in una finale da un giocatore che ne ha vinte 16 delle 17 disputate. Era arrivato al Manchester United in estate per portare in dote la sua abitudine alla vittoria, ma è raro che nel calcio le cose siano così semplici. È un giocatore fatto di pura sostanza, di sé stesso dice: «Mi piace fare il lavoro sporco e non essere al centro dell’attenzione, è quello che sono come persona». Non ha mai segnato molto in carriera, ma sa scegliere bene il momento in cui farlo. Stavolta ha segnato di testa, non proprio la specialità della casa, ma dopo la partita ne ha fatto una questione di "fame", quasi letteralmente: «I miei amici possono confermarlo: vado sul pallone come se fosse il piatto più buono di una cena». Casemiro e Varane, 33 trofei in due, sono stati tra i principali volti di questo ritorno alla vittoria dello United.

Un altro è senz’altro Marcus Rashford: la sua storia somiglia a quella del Manchester United. Ragazzo prodigio con gli occhi del mondo addosso, quando a 18 anni segnò 4 gol nelle prime due partite della sua carriera, poi talento sprecato, attaccante irrisolto, elogiato più per le sue attività filantropiche che per le sue gesta sportive. Sembrava aver definitivamente smarrito la strada per diventare un grande giocatore, prima dell’arrivo di Ten Hag. Quest’anno è già arrivato a 25 gol, di cui 14 solo nel 2023.

Cristiano, la palla al piede

Rashford ha segnato la rete del 2-0, o quanto meno ha propiziato l’autogol di Sven Botman. Una di quelle deviazioni che conferma il suo stato di grazia, quando a un attaccante gira tutto bene. Rashford ha concluso una transizione guidata, come sempre, da Bruno Fernandes. Sono loro due a rappresentare l’ossatura offensiva dei Red Devils. Dopo alcune stagioni giocate in modalità eroica, quest’anno il portoghese non è più l’unico lampo nel buio, e le sue rifiniture hanno acquisito un senso collettivo. Anche lui è rinato nel 2023: dall’inizio dell’anno ha preso parte a 10 gol della squadra. Non è difficile capire cosa sia cambiato nel Manchester United nel 2023: è andato via Cristiano Ronaldo. Un giocatore ormai dentro uno squilibrio inaccettabile tra quanto voleva contare nella squadra e quando poteva offrire realmente. Tra il suo potere, contrattuale e carismatico, e il contributo alla causa. Con la sua semplice presenza, Ronaldo pareva inaridire tutto ciò che lo circondava.

Ten Hag lo aveva già fatto fuori in estate, per poi accettare mal volentieri la sua permanenza fino a gennaio, quando CR7 è emigrato per portare il verbo in Arabia Saudita. Come quando si tolgono i rami secchi e l’albero rifiorisce, il Manchester United ha ripreso vita senza Cristiano Ronaldo. È significativo che al suo posto sia arrivato un giocatore che per molti aspetti è il suo esatto opposto, Wout Weghorst, un centravanti modesto che pareva ormai a fine carriera, ma che in campo gioca per la squadra fino al punto di annullarsi. Ha segnato un solo gol dal suo arrivo, ma il lavoro che fa spalle alla porta è importante per aprire gli spazi agli altri giocatori offensivi. Il suo acquisto improvviso, nel calciomercato di gennaio, pareva uno scherzo, ma è un altro segno di coerenza in un club a cui la coerenza negli ultimi anni è sempre mancata. Weghorst esprime bene l’identità di questo Manchester United, non sempre brillante ma sempre efficiente.

La fine del letargo

Nella finale di Wembley ha subito la reazione del Newcastle nel secondo tempo, una squadra molto ben allenata da Eddie Howe, arrivato su quella panchina a fari spenti e un po’ per caso. Ci si aspettava ben altro clamore dalla dirigenza saudita. Il Newcastle gioca una fase offensiva avvolgente e ambiziosa, e il Manchester United ha saputo stringersi attorno alla porta di De Gea con grande umiltà. Non è una squadra spettacolare: la fase di possesso è scarna e piuttosto diretta, quella di non possesso non è quasi mai ambiziosa. Guardando le statistiche, è sotto la media della Premier League per azioni di pressing. La sua percentuale di possesso palla è sensibilmente inferiore a quella delle migliori squadre del campionato (Arsenal, City, Liverpool).

Per molti versi il Manchester United sta ancora cercando di capire chi è, ma che nel frattempo è un enigma da affrontare per tutti. Il successo in Coppa di Lega è arrivato pochi giorni dopo la vittoria nel doppio confronto contro il Barcellona. Non un Barcellona minore, ma una squadra che sta dominando la Liga e che ha oggi la migliore difesa tra i cinque maggiori campionati europei, se consideriamo i gol subiti. In classifica il Manchester United è terzo, dietro City e Arsenal, ma se vincesse la partita che ha da recuperare sarebbe ad appena 3 punti dalla squadra di Guardiola. Lo scorso anno le due squadre di Manchester hanno chiuso la stagione separate da 36 punti.

Si potrebbe quindi già quantificare la differenza portata dal lavoro di Ten Hag, ma i miglioramenti riguardano più il piano immateriale che quello materiale, e cioè l’aria che si respira nel Manchester United. Un ottimismo e una fiducia che sembrano aver rianimato uno degli ambienti più tossici degli ultimi anni.

Old Trafford, soprannominato "Il teatro dei sogni", era in realtà diventato il cimitero dei sogni di giovani talenti, di allenatori vincenti e di tifosi sempre più sfiduciati. L’ultimo trofeo del Manchester United, sei anni fa, non sembrava l’inizio di niente. Era un’epoca da cui non aspettarsi gioia. Josè Mourinho aveva firmato quella vittoria in Europa League con la lugubre frase: "I poeti non vincono i trofei".

Si riferiva al gioco entusiasmante dell’Ajax di Peter Bosz, che Mourinho aveva accuratamente smontato durante la finale. Un 2-0 asciutto e cinico. Il Manchester United poteva vincere solo attraverso l’inerzia dei propri soldi, o per la violenza della propria storia. Oggi con Erik Ten Hag la squadra ha ritrovato una luce, e per la prima volta il futuro somiglia a qualcosa di più vicino ai fasti del passato. Dopo un lungo sonno, un grande gigante del calcio europeo pare finalmente essersi davvero svegliato.