Calcio

Shaqiri, a suo agio un gradino sotto l’eccellenza

Il nazionale rossocrociato potrebbe essere ceduto dal Lione, non soddisfatto del suo rendimento. Eppure si è fatto apprezzare anche a Liverpool e Monaco

4 gennaio 2022
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Genio e sregolatezza? No. Xherdan Shaqiri non appartiene a quel genere di calciatori che possono fregiarsi del genio alternato ai colpi di testa e alla condotta di vita reprensibile che delineano i conti della sregolatezza. Non entra nella categoria, a suo modo nobile, certamente celebrata e mitizzata, dei vari Maradona, ucciso dai vizi, George Best, ucciso dall’alcol, Paul Gascoigne (alcolista e irrequieto). Oppure Henry Leconte, per citare un tennista, tecnicamente bello come pochi altri colleghi, ma innamorato della bella vita per approfittare appieno del dono del talento.

Shaqiri ha qualcosa del genio, è innegabile, ma nulla dell’irrequietezza che lo potrebbero consegnare alla storia del calcio alla stregua di qualche suo più illustre collega. Geniale, ogni tanto, e incostante. Non certo sregolato, pur conoscendone la passione per il cibo della famosa catena di fast food, tenuta però sotto controllo per stare al passo con la dieta imposta agli sportivi di un certo livello (l’episodio dell’aquilotto contro la Serbia ai Mondiali di Russia altro non fu che una provocazione fuori luogo, ci vuole ben altro per farne un “bad boy” del calcio). Niente di sregolato, no, solo l’apparizione regolare dell’incostanza di rendimento lungo una carriera piena di promesse, alcune delle quali non mantenute.

Un ingaggio ingombrante

È storia recente la notizia del suo probabile addio prematuro al Lione, la compagine francese che lo ha acquistato per sei milioni di euro dal Liverpool (più altri cinque potenziali di bonus). Un divorzio preannunciato da L’Équipe, secondo cui il fantasista della Nazionale svizzera sarebbe finito sulla lista degli esuberi del club di Ligue 1 per due ragioni, entrambe però legate al suo rendimento giudicato insufficiente. Quanto meno non all’altezza dell’esborso economico sostenuto. La prima ragione è di natura sportiva, l’altra invece di carattere finanziario. Come detto, l’investimento fatto sul nazionale rossocrociato presuppone – in sede di bilancio a metà stagione – che una rete e due assist in 13 presenze non siano ritenuti sufficienti dai dirigenti del Lione per un giocatore sul quale è stato fatto un investimento a medio-lungo termine, con un contratto valido fino al 2024. I circa 4 milioni di euro di stipendio (350’000 euro al mese) sono un fardello non da poco per un calciatore di prima fascia che non rende come dovrebbe, per una società alle prese con una complicata situazione finanziaria, resa ancor più grave dalla prospettiva di alcune partite a porte chiuse per le intemperanze dei tifosi che gradiscono poco il rendimento di una squadra che in Ligue 1 è solo tredicesima.

Numeri a effetto

La prospettiva di rivestire un ruolo da comprimario nell’anno che sfocerà nei Mondiali in Qatar non può certo rallegrare un giocatore che nella propria Nazionale è invece uno dei leader attorno al quale i compagni di squadra ruotano, certi di trovarvi un punto di riferimento. Ecco quindi che, una volta di più e nonostante a Lione ci fossero tutti i presupposti – sulla carta – per essere una stazione in cui esaltare le proprie caratteristiche e mettere radici, Shaqiri si trova a un passo da una nuova destinazione, a 30 anni ormai compiuti, con non molte altre primavere da consacrare al calcio.

Posto che Bayern Monaco, Inter e Liverpool si sono rivelate realtà un tantino troppo grandi per un calciatore che ha numeri da fuoriclasse purtroppo sporadici a fronte di una costanza di rendimento solo discreta, Shaqiri in una dimensione inferiore a quella elitaria dei top club è sembrato in grado di imporsi all’attenzione non solo per le giocate estemporanee a effetto di cui è capace. Lo ha fatto anche al Bayern e al Liverpool, salvo poi tornare nell’anonimato dopo un avvio incoraggiante. È come se, ogni volta che sale un gradino di troppo, sia costretto a tornare giù per ricollocarsi a un livello inferiore, più nelle sue corde. La carriera (bene a Basilea e Stock City, in difficoltà a Monaco, Milano e Liverpool) dice questo. In Nazionale, però, a riprova delle sue qualità, prevalgono le gioie sui dolori. La sua impronta è marcata, il suo ruolo è chiaro. È un giocatore che al Lione dovrebbe giocare, da protagonista. Ma non succede. Avanti un’altra? Parrebbe così. Con il deterrente di un ingaggio elevato che spaventa. Non le società più ricche, con le quali però di esperienze negative ne ha già fatte abbastanza per credere che ce ne sia una disposta a ingaggiarlo.

La carriera

Gli inizi a Basilea

A 10 anni Xherdan Shaqiri passa dall’Augst al Basilea. In prima squadra esordisce a 18 anni nella stagione che culmina con la doppietta campionato-Coppa. Nel 2011 è il miglior calciatore svizzero dell’anno, già forte di tre titoli nazionali. Il 9 febbraio 2012 passa al Bayern Monaco per 12 milioni di euro con un contratto quadriennale dal 1º luglio. Gode della fiducia di Jupp Heynckes ed è il primo sostituto in un undici in cui giocano i vari Arjen Robben, Thomas Müller e Franck Ribéry. Al primo anno con i bavaresi contribuì alla conquista del titolo, della Champions League (2-1 in finale contro il Borussia Dortmund) e della Coppa di Germania. La stagione successiva si aprì con la conquista della Supercoppa ai rigori (Shaq realizzò l’ultimo per il BAyern) a scapito del Chelsea. Nel corso dell’annata la squadra bavarese conquistò altri tre titoli, la Coppa del mondo per club, la Bundesliga e la Coppa di Germania. In totale con la maglia del Bayern mette a segno 17 gol in 82 presenze. Un bottino di tutto rispetto.

Nel gennaio 2015 si trasferisce all’Inter in prestito, con obbligo di riscatto al termine della stagione. Anche a Milano l’inizio è promettente, ma poi accusa una flessione di rendimento che ne compromette il posto da titolare: utilizzato poco dal tecnico Roberto Mancini, al quale imputava troppi cambiamenti nell’undici titolare, non riuscì a incidere.

L’acquisto più oneroso dello Stoke

In estate passa quindi, a titolo definitivo, agli inglesi dello Stoke City diventandone l’acquisto più oneroso di sempre (16,9 milioni). «Le infrastrutture all’Inter sono vergognose – disse Shaqiri commentando il suo passato nerazzurro –. «È deludente che un club tanto rinomato non riesca a trovare un modo per investire nelle strutture. Nutrizione, riabilitazione, analisi delle prestazioni, unità formative diverse... In Inghilterra semplicemente mi sento un professionista».

In effetti, la sua parentesi allo Stoke, pur se non esaltante, fu baciata da un certo successo. Rimase infatti con i Potters per un triennio, conquistando due salvezze consecutive (2016 e 2017), prima della retrocessione nel 2018. È qui che si inserisce il Liverpool, per un trasferimento che fece parlare per i quasi 15 milioni di euro spesi da un club già fortissimo che non sembrava certo aver bisogno di un “rinforzo” così per fare un salto di qualità. Con i Reds, però, Shaqiri seppe imporsi sin da subito (come accaduto al Bayern) riuscendo addirittura a partire titolare in alcune occasioni nel 4-2-3-1 di Jürgen Klopp. Memorabile la sua prima doppietta il 16 dicembre 2018 (dalla panchina) nel 3-1 contro il Manchester United. Pur senza disputarla, vinse la sua seconda Champions League (2-0 contro il Tottenham).

Nella stagione 2019-20 giocò molto poco. Qualche apparizione in più la fece nel campionato successivo, al termine del quale è però stato ceduto al Lione, l’approdo incerto dal quale dovrebbe ripartire per affrontare l’ennesima scommessa di una carriera che si sta dipanando tra successi prestigiosi, l’anonimato all’ombra delle grandi squadre e il parziale rilancio in periferia.

La Nazionale

Certe cose le fa solo lui

Non sempre è stato un idillio a suon di “numeri”, gol e assist, ma è indubbio che la Nazionale rossocrociata leghi molte delle sue fortune alle prestazioni di Xherdan Shaqiri. Recentemente ha trascinato i rossocrociati agli ottavi degli Europei con una doppietta contro la Turchia. Con 7 reti è diventato il miglior marcatore elvetico nella storia dei grandi tornei. Ha poi guidato la squadra sia contro la Francia sia contro la Spagna, per poi diventarne il capitano (in assenza di Xhaka) nella fortunata campagna mondiale valsa la qualificazione diretta a Qatar 2021. Nel frattempo i suoi gettoni rossocrociati sono diventi 100, 26 le reti.

È ai Mondiali in Brasile del 2014 che firmò le prime reti rossocrociate: tre in un colpo solo, contro l’Honduras, nell’ultima sfida del gruppo E che promosse gli elvetici agli ottavi di finale. In Brasile, con Ottmar Hitzfeld e poi dagli Europei del 2016 con Vladimir Petkovic, Shaqiri nei grandi appuntamenti il segno lo ha sempre lasciato. Su tutti, l’indimenticabile “semirovesciata” negli ottavi degli Europei in Francia contro la Polonia. Un numero a effetto che fece il giro del mondo. Nel 2018 in Russia trascinò la Svizzera nel discusso confronto con la Serbia segnato dalla brutta vicenda degli aquilotti.