A Locarno Monti vive uno dei più promettenti talenti del volante del nostro Paese, vincitore del titolo svizzero e reduce dalle World Finals in Bahrain
«Avevo 8 anni la prima volta che sono salito su un kart, su una pista vicino ad Amburgo», ci spiega Leopold Juch, dodicenne pilota di nazionalità tedesca che coi genitori Stefanie ed Erik si è trasferito in Ticino da poco più di un paio d’anni. «Ho visto che ero già bravino, e mi è piaciuto subito tantissimo».
Scoppiata la passione, il padre non ha poi impiegato molto ad accompagnare il ragazzino a Karpen, per iniziare a fare sul serio, cioè a gareggiare e a staccare la prima licenza di pilota sul circuito di cui sono proprietari nientemeno che Ralf e Michael Schumacher.
«Di Schumi ho anche i guanti, con tanto di bandiera tedesca», specifica fiero Leopold, che una volta giunto nel Locarnese ha continuato a guidare e ad allenarsi sulle piste di Magadino e di Wohlen, non lontano da Zurigo.
Il suo primo Campionato svizzero per ragazzi fra i 10 e i 13 anni fu nel 2022, per i colori di una squadra basata presso Berna. «Purtroppo all’inizio della stagione abbiamo avuto dei problemi tecnici che siamo riusciti a risolvere solo dopo qualche gara. Ma a quel punto il primo in classifica aveva già troppi punti di vantaggio. L’anno seguente, invece, tutto ha funzionato benissimo».
E infatti il ragazzo, alla fine del 2023, si è laureato campione nazionale. «Il Campionato svizzero conta sei gare, alcune delle quali vengono disputate in Francia e in Italia».
A dispetto delle apparenze – Leopold è minuto e dimostra meno anni di quelli che ha – il giovane pilota ha grinta da vendere… «Nella prima corsa ho chiuso soltanto sesto, per via di una penalità: guidavo sporco e ho mandato un avversario fuori dal tracciato. La seconda gara invece l’ho vinta, poi ho chiuso terzo, due volte secondo e ancora terzo. Nell’ultima gara, se volevo vincere il titolo, dovevo fare almeno 8 punti più del pilota che fin lì guidava la classifica. Alla fine non è stato nemmeno necessario, perché lui in quella corsa è sempre rimasto dietro di me, e alla fine è addirittura uscito di pista».
Sull’episodio, l’orgoglioso padre di Leopold ha una sua teoria: «L’altro ragazzo era molto nervoso, ho saputo che la notte non aveva dormito, e così in pista ha commesso diversi errori che gli sono costati il titolo. Leopold invece era rilassatissimo, molto cool, ha dormito come un sasso, a colazione si è abbuffato e alla fine è diventato campione svizzero!».
Da campione della sua categoria, insieme agli altri 5 vincitori del titolo nazionale il dodicenne è stato invitato in Bahrain all’inizio dello scorso dicembre alle World Finals, a cui prendono parte i migliori piloti dei 15 Paesi più importanti nel panorama mondiale del kart.
Per preparare al meglio l’appuntamento, la famiglia Juch ha fatto le cose in grande, recandosi in Bahrain già una prima volta in novembre, dove Lepold ha disputato un paio di gare con team locali per prendere confidenza col tracciato, che è inserito nel complesso dove sorge anche la pista che da qualche anno ospita le gare di Formula 1.
Quando poi è tornato laggiù per le gare vere, dopo un paio di buone manche, Leopold ha avuto un incidente, con diversi kart coinvolti. Purtroppo, a causa dell’impatto, il ragazzo è stato colpito e per qualche istante ha pure perso conoscenza. All’ospedale, dove è stato portato per precauzione, le radiografie hanno per fortuna escluso qualsiasi complicazione. Il problema maggiore, insomma, è stata le delusione per non aver potuto portare a termine la gara.
Il giorno seguente, a ogni modo, pur limitato nella guida da un braccio contuso e dolorante, Leopold ha potuto misurarsi anche al volante di un kart elettrico, sul quale si è subito sentito a proprio agio e ha chiuso la finale di categoria con un ottimo quinto posto. «Partecipare alle Rotax Grand Finals è stata un’esperienza incredibile», dice papà Erik, «le gare laggiù sono feroci, veloci e molto impegnative».
Quest’anno Leopold correrà in una nuova classe, e il suo kart avrà un telaio più pesante, così lui dovrà migliorare fisicamente, magari giocando a calcio, a basket, o facendo un po’ di boxe (senza contatto)... «Bisogna infatti essere in grado di spingere il proprio kart, perché si parte appunto col sistema della spinta», racconta il diretto interessato, «e anche se ti si spegne il motore in gara, devi saperlo riavviare mettendoti a spingere».
Impresa non scontata, considerando come detto che il ragazzino è un peso piuma. «Infatti, io peso pochissimo, circa 30 kg, e già l’anno scorso, per raggiungere il peso minimo richiesto per un kart 125 cc, abbiamo dovuto aggiungere almeno 20 kg di zavorra di piombo: pilota e kart insieme devono pesare almeno 115 kg. Un peso totale inferiore renderebbe le gare troppo pericolose, dato che siamo molto veloci: raggiungiamo facilmente i 110-120 km/h».
Quella che muove Leopold è davvero una passione enorme… «Del mio sport amo tutto: il rumore, la benzina e il suo odore, ma soprattutto la velocità. Adoro sorpassare i rivali, e se possibile costringerli a frenare e magari a uscire di pista. Amo vincere le gare, alzare le coppe. Voglio arrivare in Formula 1, o almeno in Endurance».
E il papà cosa ne pensa? «Certo sarebbe bello arrivare in F1, ma ricordiamoci che in quella categoria ci sono in tutto solo venti piloti. Per fortuna, nei motori esistono altre classi interessanti, tipo Endurance, Le Mans o Touring cars. In generale è un grande mondo, un grande sport, fatto non solo di competizione, ma anche di glamour, di eccitazione, divertimento, spettacolo. Certo, per arrivare ai massimi livelli ci vuole una bella spinta iniziale, e questa è data soltanto dai soldi. I piloti, già da giovanissimi, se vogliono crescere ormai devono portarsi in dote sponsor importanti. Hamilton è stato probabilmente l’ultimo pilota ad approdare in Formula 1 partendo in pratica senza soldi. Le grandi scuderie oggi hanno le proprie accademie, ma per accedervi servono cifre davvero notevoli. È per questo motivo che abbiamo visto piloti cinesi, russi o indiani arrivare in Formula 1 benché non fossero certo fuoriclasse: hanno potuto farlo solo perché si portavano appresso sponsor potentissimi».
E voi di sponsor ne avete? «Per ora purtroppo no», sorride il signor Juch. «L’unico sponsor sono io, ma stiamo cercando qualcuno che possa dare una mano, perché dal punto di vista economico l’impegno è davvero notevole, anche considerando che abbiamo un nostro meccanico personale – Francesco Ruga (pilota a sua volta, ndr) – che fra l’altro è bravissimo. Per trovare sovvenzionatori, come detto, è indispensabile vincere qualcosa, e Leopold per fortuna ha già cominciato a farlo, così confidiamo nel fatto che presto qualcuno venga a darci una mano».
Tornando a Leopold, ci sono altre passioni oltre ai motori? «Ho provato a fare un po’ di kung fu, ma non mi è piaciuto. Idem col basket e con lo sci, che ho subito abbandonato. A scuola (frequenta la Scuola Steiner a Rivapiana, ndr) gioco un po’ a calcio, ma mi diverto solo a fare falli! Non amo troppo la scuola, mi piacciono solo le ore di educazione fisica, non sono un grande fan delle altre materie. E non apprezzo troppo nemmeno la cucina, che è solo vegana o vegetariana, mentre a me piacciono carne e pesce, specie scampi e gamberetti».
E quali sono i piloti di riferimento? «Ovviamente Max Verstappen, ma seguo un po’ anche Russell, mentre Hamilton mi sta antipatico. Il mio idolo, però, sarà sempre Schumi, anche se non l’ho mai visto gareggiare». Qualche preferenza fra i videogiochi? «Formula 1, naturalmente, ma anche Flight simulator».