Domenica a Glendale per la prima volta si sfideranno anche due fratelli, mentre Reid e Siriani faranno i conti con il loro passato
Il Super Bowl è un serbatoio di storie da raccontare. Con una cinquantina di giocatori e una ventina di allenatori sulle rispettive sideline, vuoi che non si trovi qualche collegamento, qualche aneddoto, qualcosa di interessante da dare in pasto ai lettori nelle lunghe due settimane che separano le finali di Conference dall’atto conclusivo? Da questo punto di vista, il Super Bowl numero 57, in programma domenica (da noi mezzanotte e mezza di lunedì) a Glendale (Arizona) non si smentisce. Di storie da raccontare, la sfida tra Kansas City Chiefs e Philadelphia Eagles ne ha a bizzeffe. A cominciare da coloro che saranno i protagonisti principali della partita: Patrick Mahomes e Jalen Hurts. Per la prima volta in assoluto, il Super Bowl di Glendale proporrà dietro al centro due quarterback di colore. I "signal caller" neri, nella Nfl non hanno mai avuto grande fortuna, nonostante il 70% dei giocatori della lega non sia bianco. Allenatori (quasi sempre bianchi), general manager e proprietari sono sempre stati scettici sulle capacità di un nero di assumersi il ruolo più importante e più difficile (a livello mentale prima ancora che fisico) degli sport di squadra. Solo negli ultimi anni la situazione è leggermente migliorata, tant’è che all’inizio dell’attuale stagione i quarterback di colore (o di altre etnie) erano undici. Ma negli anni, soltanto tre registi neri sono riusciti a vincere il Super Bowl (il primo fu Doug Williams nel 1988 con Washington, lo hanno seguito Russell Wilson con Seattle nel 2014 e lo stesso Mahomes nel 2020).
Mahomes e Hurts saranno indubbiamente le punte di lancia dei rispettivi attacchi. Il Qb dei Chiefs, però, dovrà gestire la forte distorsione alla caviglia, rimediata nei playoff contro Jacksonville, nonostante la quale era riuscito a vincere sia contro i Jaguars, sia contro Cincinnati, qualificando la sua squadra al terzo Super Bowl negli ultimi quattro anni. Sembra che la caviglia, adesso, sia in buone condizioni, ma potrebbe comunque limitare un giocatore che fa della mobilità una delle sue carte vincenti. Soprattutto contro una difesa aggressiva come quella di Philadelphia (ottava, prima sui passaggi, diciassettesima sulle corse).
Sull’altro fronte Jalen Hurts dovrà fornire una prestazione migliore rispetto alle ultime due nei playoff, nelle quali ha lanciato poco più di 100 yarde e ha pure corso poco (è un caso che questo calo di prestazioni sia arrivato al rientro da un infortunio alla spalla di lancio?). Quello degli Eagles è il secondo attacco, ma Kansas City possiede pur sempre l’ottava difesa contro le corse e dovrà cercare di mettere pressione su Hurts (in particolare con Chris Jones, 15,5 sack) e costringerlo il più possibile nella tasca, limitando quello che è il suo pezzo forte: la corsa.
E se per la prima volta in campo ci saranno due quarterback neri, per la prima volta su fronti opposti si sfideranno due fratelli: Travis e Jason Kelce. Il primo tight-end e principale arma sul gioco aereo per Mahomes, l’altro centro di Philadelphia. «Abbiamo sempre sognato di giocare con la stessa maglia – ha affermato il 35enne Jason –, ma anche così non è male». Entrambi saranno elementi fondamentali per l’esito del confronto: Jason in quanto àncora della linea d’attacco, Travis in quanto uno dei migliori tight-end nella storia della Nfl.
E anche sui due head-coach c’è qualcosa da dire. Nick Siriani, 41 anni, alla seconda stagione sulla sideline degli Eagles, per quattro stagioni era stato un assistente a Kansas City. Fino all’arrivo di Andy Reid alla testa dello staff dei Chiefs. Come spesso accade, un nuovo allenatore porta con sé i suoi collaboratori, per cui Siriani era stato congedato. Aveva poi trovato una sistemazione con i Chargers e con i Colts, prima di approdare a Philadelphia. Siriani è uno degli allenatori emergenti in Nfl, mentre Reid è da anni uno dei rispettati nell’ambiente. La sua carriera ha conosciuto una svolta nel 1999, quando venne ingaggiato proprio da Philadelphia. Con gli Eagles rimase 14 anni e nelle prime dieci stagioni portò la squadra nove volte ai playoff e una volta al Super Bowl (2005, sconfitta 21-24 contro New England, gli Eagles si sarebbero presi la rivincita nel 2018, con in panchina Doug Pedersen). Il 65enne Reid ha sempre tenuto un profilo piuttosto basso e si è guadagnato il rispetto e la simpatia di molti appassionati dopo la morte per overdose di uno dei cinque figli. E rispetto alla sfida con Philadelphia è stato laconico: «Si tratta di due squadre una di fronte all’altra, non importa quali maglie indossino i giocatori in campo. Si tratta di stabilire la squadra migliore, gli allenatori migliori, il gioco migliore. Tutto il resto va tenuto fuori».