Per rilanciare una realtà nazionale in difficoltà occorrono strategie che permettano di aumentare il numero dei giovani che scelgono la pallacanestro
Buon anno a tutti e anche al basket svizzero che ne ha un gran bisogno. Non abbiamo idea di come procederà la stagione perché la pandemia sta toccando tutti gli sport. Nel disco su ghiaccio, come nel calcio, sentiamo ogni giorno parlare di quarantene e non ci meraviglieremmo se anche il basket dovesse cadere vittima di questo sistema di rinvii, calendari forzatamente falsati e altro ancora.
La scorsa stagione è stata anomala, molte squadre hanno risentito più di altre di tutti i cambiamenti imposti dal virus. Poi, come sempre, ci sono compagini più attrezzate di altre che sono in grado di soffrire meno le assenze di uno o più giocatori e anche questo cambia le carte in tavola. Credo che oramai sia chiaro a tutti che nemmeno con la terza vaccinazione si sia interamente al riparo dal virus e dalle quarantene: pur con l’abbassamento a soli sette giorni è evidente che le partite saranno rimandate, quindi aspettiamoci un saliscendi poco proficuo. Già il basket nazionale si trova in una situazione critica per quanto riguarda le finanze di molti club: se in più ci metteremo un’altra limitazione alla presenza alle gare è ovvio che i più deboli saranno ulteriormente penalizzati, con il rischio evidente di deficit difficilmente recuperabili. Sia il settore maschile e forse ancor più quello femminile di Lega nazionale A stanno passando un periodo in cui il ricambio è estremamente povero di talenti. Quindi, anche il ricorso alle U20 o U23 è molto limitato. Nella prima parte di campionato non sono emersi volti nuovi, si viaggia sempre con gli stessi nomi, già nei quadri delle Nazionali. Le quali hanno chiaramente mostrato dei grossi limiti e gli scontri con squadre di pari forza a livello europeo sono stati poveri per non dire quasi nulli.
Swissbasketball, come avevamo evidenziato intervistando il vicepresidente Franscella, sta cercando nuove vie per ridare una base solida a tutto il movimento. Ma la prima cosa da fare è adottare delle strategie che permettano di aumentare il numero dei giovani che scelgono il basket e, soprattutto, trovare le chiavi perché poi questi giovani non si perdano per strada dopo i 18 anni. Un’emorragia che ha la sua base nella scarsità di investimenti di molti club per dare a questi giovani tutte le motivazioni tecniche e umane perché proseguano l’attività. Un lavoro capillare che, si è visto, non può essere demandato al sistema scolastico quanto a una struttura societaria seria e solida, con una squadra di valore che faccia da traino e dia entusiasmo a tutto l’ambiente. Oggi questo entusiasmo si è sopito in molte zone della Svizzera e il basket ne paga le conseguenze. Vedremo se i nuovi progetti saranno meglio di quelli passati o se faremo ancora un altro passo indietro.