Torna la rubrica delle buone notizie, fra nuovi regni vegetali scoperti e fiumi che tornano a scorrere liberi
Da una palma del Borneo che fiorisce sottoterra a un'orchidea malgascia che trascorre la sua vita crescendo su altre piante; il regno vegetale non smette mai di stupire e di svelare, un po’ per volta, ogni sua particolarità. Attualmente si conoscono 386mila specie di piante, eppure nascoste in ‘luoghi oscuri’ potrebbero essercene circa 100mila non ancora scoperte. In questa puntata di Qualcosa di buono, parliamo anche di un fiume che, grazie alle popolazioni indigene, è tornato a fluire libero. Per finire racconteremo la storia di Peyton, scomparsa da casa mentre ‘camminava fra le braccia di Morfeo’ e ritrovata grazie a un drone.
Il paradiso esiste. Anzi, ne esistono ben 33. Per vederli (e perché no, entrarvi) non c’è bisogno di rivolgere lo sguardo al cielo, basta guardarsi attorno con maggiore attenzione. Si trovano in varie parti del globo e, dentro i propri confini, nascondono un tesoro incalcolabile: migliaia di alberi, erbe, alghe e muschi non ancora scoperti. È quanto emerge da uno studio, condotto da un team di ricercatori inglesi del Royal Botanic Gardens di Kew. I botanici stimano infatti che ci siano ancora 100mila specie di piante mai osservate, la maggior parte delle quali a rischio d'estinzione. Ma non solo. Nel report è anche contenuta una cartina, dove vengono evidenziati i luoghi – i cosiddetti ‘punti oscuri’ – in cui gli studiosi dovrebbero concentrare le proprie esplorazioni.
La maggior parte delle regioni si trova in Asia, con ben 22 zone da scandagliare, tra l’isola di Sumatra, l’Himalaya orientale, l’Assam in India e il Vietnam. In Africa, sono state identificate le province del Madagascar e del Capo in Sudafrica, mentre Colombia, Perù e Brasile sud-orientale sono state evidenziate in Sud America. Tali aree si sovrappongono ad altre già identificate come ‘hotspot’ di biodiversità, ovvero luoghi ricchi di vita ma minacciati dall'uomo.
Il professor Alexandre Antonelli, direttore scientifico del Kew e autore principale dello studio, ha affermato al Guardian che l'obiettivo della ricerca è quello di aiutare a indirizzare meglio la conservazione e ad accelerare il tasso di scoperta delle piante: “Puntiamo a proteggere il 30 per cento del pianeta entro il 2030, stando agli obiettivi delle Nazioni Unite, ma senza le corrette informazioni non sappiamo cosa tutelare. Precedenti ricerche hanno dimostrato come i biologi del passato non siano stati particolarmente efficienti nel documentare la biodiversità. Pur essendo stati più volte in determinati luoghi abbiamo trascurato alcune aree. Aree che potrebbero contenere molte specie. Dobbiamo identificarle prima che si estinguano”.
A frenare la scienza dal raggiungere tali obiettivi è spesso la politica e l'economia. I Paesi in cui si trovano i ‘punti oscuri’ infatti in molti casi hanno capacità finanziarie limitate oppure si mostrano poco interessati allo studio della botanica (sebbene le piante possano tornare utili anche in campo farmaceutico). Per tale ragione i ricercatori del Royal Botanic Gardens auspicano una maggiore collaborazione tra istituti di ricerca e... le varie popolazioni locali che, tramite fotografie e segnalazioni (che possono essere fatte su piattaforme e forum online come iNaturalist), possono aiutare gli scienziati ad acquisire maggiori dati e informazioni.
Perché alla fine il paradiso (terrestre) è di tutti.
Il 2 ottobre 2024 segna un importante traguardo per l'ecosistema e le comunità nativo americane: si è infatti concluso, dopo oltre un anno, la rinaturalizzazione del fiume Klamath, un ‘serpente liquido’ lungo ben 423 chilometri che scorre dall'Oregon orientale fino alla California settentrionale, per poi sfociare nell’oceano Pacifico. L'evento rappresenta il più grande progetto di rimozione di dighe negli Stati Uniti.
Le immagini del prima e del dopo, scattate dalla società di documentari Swiftwater Films, sono eloquenti: dove un tempo barriere di cemento bloccavano il flusso dell'acqua, oggi si vede il fiume muoversi libero. La natura riconquista il suo spazio, e con essa tornano, dopo oltre un secolo, i pesci migratori.
La storia delle dighe del Klamath parte da molto lontano. Tra il 1903 e il 1962 la compagnia PacifiCorp costruì una serie di strutture lungo il corso d'acqua, per generare energia elettrica. Se da una parte gli impianti idroelettrici portarono linfa vitale allo sviluppo economico della regione, dall'altra ebbero effetti nefasti sull'ecosistema ittico e sulle popolazioni indigene la cui sussistenza dipendeva dal fiume. Ma è nel 2002 che la situazione si aggravò notevolmente. Deflussi troppo bassi e l'aumento vertiginoso della temperatura dell'acqua causarono la diffusione di un'epidemia batterica che uccise oltre 34mila pesci.
“Il fiume ha iniziato a guarire, ma ci vorranno anni di monitoraggio e interventi per recuperare completamente l’ecosistema”
Damon Goodman, direttore del California Trout
Fu allora che le tribù Yurok, Karuk e altre comunità locali, unite a gruppi ambientalisti, decisero di dire basta all'eccessivo sfruttamento delle acque. Iniziò una lunga battaglia legale per la rimozione delle dighe, consapevoli che solo restituendo al fiume il suo flusso naturale si sarebbe potuto ripristinare l’equilibrio ambientale. Per oltre vent’anni, le tribù indigene lottarono instancabilmente per far valere i propri diritti e proteggere il territorio. Territorio che non solo dava da mangiare, ma rappresentava la culla della propria identità, cultura e spiritualità. Nel 2022, la Federal Energy Regulatory Commission approvò finalmente il piano per la rimozione di quattro dighe sul fiume Klamath, segnando l’inizio della rinascita del fiume. A luglio 2023 iniziarono i lavori e, dopo più di un anno, il 2 ottobre 2024, le operazioni si sono concluse con successo.
Il 3 ottobre, il giorno successivo alla rimozione dell’ultima diga, i ricercatori di California Trout hanno osservato un evento storico: un salmone Chinook di circa 75 centimetri è stato avvistato mentre nuotava a monte, in un’area del fiume che non aveva mai visto un salmone da oltre un secolo. Tuttavia il ripristino completo degli ecosistemi fluviali richiederà molti anni. “Il fiume ha iniziato a guarire, ma ci vorranno anni di monitoraggio e interventi per recuperare completamente l’ecosistema”, ha dichiarato Damon Goodman, direttore di California Trout.
Negli ultimi 25 anni, negli Stati Uniti sono state rimosse più di duemila dighe, e nel tempo diversi sono stati i progetti volti a ridare spazio ai fiumi e ai loro cicli naturali. Le esperienze di altri corsi d'acqua, come l’Elwha nello stato di Washington, che ha visto una rapida ripresa del salmone dopo la rimozione delle sue dighe, dimostrano che, sebbene il processo di guarigione possa essere lento, i risultati possono essere straordinari.
‘La piccola addormentata nel bosco e il drone’ potrebbe sembrare il titolo di una fiaba riadattata in chiave moderna. Eppure la storia è vera e riassume bene quanto successo Peyton, una bambina di dieci anni della Louisiana che si era allontana da casa.
La vicenda risale allo scorso 14 settembre. Dopo aver cenato nella sua dimora a Dubberly, la piccola – come ogni sera – viene messa a letto dalla mamma. Il mattino seguente però avviene il drammatico risveglio: la bambina non è nella sua cameretta. Spaventati, i genitori avvertono la polizia. Parte così una massiccia operazione di ricerca che, oltre alle autorità, coinvolge un centinaio di volontari.
Tra i dispositivi a supporto dei soccorritori viene impiegato anche un drone termico, fornito dalla ‘Drone Management Services Llc’, una società statunitense con sede in Arkansas. Ed è stato proprio il piccolo velivolo a giocare un ruolo cruciale. Dopo svariate ore passate a setacciare la foresta, attorno alle 23 di domenica (15 settembre), il drone rileva la presenza di una fonte di calore. Una sagoma, rannicchiata in posizione fetale, se ne stava beata a dormire su un letto di foglie ed erba, nel bel mezzo di un bosco. Le straordinarie immagini catturate dall'occhio robotico hanno ripreso Peyton mentre riposava pacificamente.
Il fortunato ritrovamento ha potuto far luce anche sulla misteriosa scomparsa. A separare la piccola dal suo caldo letto non era stato qualche malintenzionato ma... un disturbo del sonno. La bimba infatti soffre di sonnambulismo e, la sua camminata fra le braccia di Morfeo, l'ha fatta allontanare da casa per ben due chilometri.
Una volta tratta in salvo la piccola, la polizia della contea ha voluto raccontare, tramite la propria pagina Facebook, tutta la vicenda. Lo sceriffo, Jason Parker, scrive: “Non posso dirvi quanto siamo emozionati per questo lieto fine. Le nostre preghiere sono state ascoltate. Ringraziamo in particolar modo l'azienda che ha fornito il drone per aver aiutato Peyton a tornare a casa sana e salva, nonché i volontari che hanno dedicato il loro tempo e sforzi. È stato un lavoro di squadra”.
E come tutte le fiabe che si rispettano non ci resta che scrivere ‘e vissero tutti felici e contenti’.
Qualcosa di buono ritorna dopo tanto tempo, con un nuovo ciclo di puntate. Se ti sei perso l'ultimo articolo, puoi leggerlo qui.