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‘L’epilessia gli ha rubato l’infanzia, ma oggi Oran sta bene’

Buone notizie dal mondo: il lieto fine di un bambino salvato dalla scienza, il ritorno del felino più raro d'Europa e l'utilità inaspettata delle zanzare

Oran e la sua sorellina al mare assaporano il gusto della normalità (Great Ormond Street Hospital)

Buone notizie dal mondo: il lieto fine di un bambino salvato dalla scienza, il ritorno del felino più raro d'Europa e l'utilità inaspettata delle zanzare

27 giugno 2024
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Nella puntata odierna di "Qualcosa di buono" parleremo della toccante storia di Oran, un bambino con epilessia che è (quasi) guarito grazie a un apparecchio collegato direttamente al suo cervello. Fra le buone notizie della settimana anche lo stato di conservazione della lince iberica che da minacciata passa ad essere una specie vulnerabile. E poi ancora i tentativi di salvare le cianerpe hawaiane, che stanno scomparendo a causa della malaria aviaria. Come? Attaverso delle... zanzare particolari.

Un dispositivo nel cervello per curare l'epilessia

Oran è un ragazzino di 13 anni e vive nel Somerset, nel Sud dell'Inghilterra. Oran è anche il primo bambino al mondo a cui è stato installato un dispositivo di neurostimolazione elettrica per trattare la sindrome di Lennox-Gastaut, una particolare forma di epilessia. L'intervento, eseguito nell'ottobre dello scorso anno al Great Ormond Street Hospital di Londra, ha portato a una riduzione dell'80 per cento delle crisi epilettiche nel giovanissimo paziente.

A raccontare i sorprendenti progressi è la madre di Oran, in un'intervista alla Bbc. Da allora, spiega la donna, il numero delle crisi epilettiche giornaliere è nettamente diminuito, permettendo al bambino di svolgere attività che prima erano impensabili. Il piccolo infatti aveva decine, se non centinaia, di crisi al giorno. "Ha iniziato a soffrirne quando aveva circa tre anni e da allora è peggiorato sempre più. L'epilessia gli ha rubato l'infanzia", ha raccontato la mamma. Ma oggi Oran, grazie al suo nuovo impianto, trascorre intere giornate senza episodi di convulsioni e anche quelle notturne sono meno frequenti e meno gravi. Riesce perfino a praticare equitazione, sebbene sia sempre accompagnato da un'infermiera e dall'ossigeno pronto in caso di necessità.

Ma come funziona l'impianto? Il dispositivo, fissato nel cranio del bambino, emette un impulso continuo di corrente, allo scopo di bloccare o interrompere i segnali anomali. Le crisi sono infatti innescate proprio da anomale esplosioni di attività elettrica nel cervello. L'intervento, eseguito da un team multidisciplinare sotto la guida del neurochirurgo pediatrico Martin Tisdall, è durato circa otto ore. Durante l'operazione, due elettrodi sono stati inseriti in profondità nel cervello del bambino, raggiungendo il talamo, una regione cruciale per la trasmissione delle informazioni neuronali. Il dispositivo di neurostimolazione ha il vantaggio di personalizzare il trattamento in base alla frequenza e intensità delle convulsioni, oltre che al ritmo veglia-sonno di ogni paziente. Una volta effettuato l'intervento chirurgico e attivato il dispositivo, è poco invasivo: si ricarica indossando delle cuffie wireless che si connettono alla batteria attraverso la pelle in modo sicuro.

Great Ormond Street HospitalOran mentre usa le cuffie per ricaricare il suo impianto

Sebbene sia ancora in fase sperimentale, questo dispositivo potrebbe migliorare significativamente il trattamento dell'epilessia nei bambini. L'elettrostimolazione è una tecnica di cura già utilizzata: gli impianti con gli elettrodi infatti prima venivano posizionati nel torace e poi fatti risalire fino al cervello attraverso un tunnel interno. Operazione questa però più complessa, dolorosa e con maggiori rischi di infezione.

Risorte dalle ceneri dell'estinzione

"Le persiane della clinica sono leggermente abbassate. Al centro della stanza c’è una gabbia. Sbirciando al suo interno si viene subito ricambiati da due occhi arrabbiati. Nonostante le dimensioni pari a quelle di un gattino di qualche mese, le macchie distintive e le orecchie a punta tradiscono la creatura che, nel tentativo di allontanare i curiosi importunatori, emette un sibilo feroce. Saliega, così è stata chiamata, è una lince iberica di cinque settimane ed è l'ultima speranza per uno dei felini più a rischio d'estinzione al mondo".

KeystoneOcchi che parlano e che abbiamo rischiato di perdere

Così scriveva il Guardian ben 22 anni fa in un reportage dedicato a questo animale e ai metodi, messi in campo allora, per cercare di salvare una specie il cui destino sembrava ormai segnato. Basti pensare che solo qualche anno prima – a fine anni 90 –, secondo i censimenti nei territori della Spagna e del Portogallo restavano poco meno di un centinaio di esemplari: 94, per la precisione. Dati questi che avevano messo in guardia il mondo scientifico, tanto da portare associazioni come Sos Lynx a lanciare un grido di allarme: "Continuando così la lince iberica si estinguerà, e si tratterà della prima estinzione felina dai tempi della preistoria".

Ma oggi per la lince iberica, detta anche pardina, ci sono buone notizie. Il suo stato di conservazione è infatti migliorato, passando da specie "minacciata" a "vulnerabile" nella Lista Rossa dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).

La persecuzione umana, la frammentazione del suo habitat e la diminuzione delle sue prede avevano condotto la specie sull'orlo del baratro. Tuttavia, grazie agli sforzi di conservazione messi in campo da organizzazioni come il Wwf, le amministrazioni locali e l'Unione europea, la popolazione di lince è riuscita a "risorgere dalle proprie ceneri". Oggi, si stima che la popolazione sia cresciuta del 21% in un solo anno, raggiungendo i 2'021 individui nel 2023.

Questo recupero è dovuto a una combo di azioni, tra cui l'aumento dell'abbondanza della preda d'elezione della lince, il coniglio selvatico, la protezione e il ripristino degli habitat di macchia mediterranea, la riduzione della mortalità di origine umana. Inoltre, un programma di riproduzione ex-situ e le successive reintroduzioni degli individui nati in cattività hanno svolto un ruolo fondamentale nell'aumento del numero di esemplari. Dal 2010, più di 400 linci iberiche sono state reintrodotte in diverse aree del Portogallo e della Spagna, segnando un passo importante verso il recupero di questa specie.

KeystoneUn balzo... anche nel numero di individui

Una zanzara (sterile) per amica

Sentire il loro inconfondibile ronzio durante le calde notti estive è un incubo. Esteticamente sono poco gradevoli. E se ci pungono, oltre a lasciarci con un prurito fastidiosissimo, possono anche trasmetterci malattie pericolose per la nostra salute, come la Dengue, la febbre gialla e la Zika. Stiamo parlando delle zanzare che, sebbene odiate da molti, forse rappresentano l'ultima ancora di salvezza per una vasta gamma di volatili a rischio d'estinzione.

Ma procediamo con ordine. Ci troviamo alle Hawaii, luogo dove vive un gruppo di uccelli tipici dell'isola: le cianerpe hawaiane. Delle 50 specie originali, ne rimangono solo 17 e alcune di queste potrebbero estinguersi in natura entro l'anno. La causa principale di questa drammatica diminuzione è la malaria aviaria, trasmessa dalle zanzare introdotte accidentalmente nell'arcipelago nel 1800. Gli uccelli nativi, privi di immunità, muoiono spesso dopo una singola puntura di zanzara. Tuttavia, piccoli gruppi di uccelli sono sopravvissuti rifugiandosi ad altitudini superiori a 4'000 metri dove il clima è troppo freddo e rigido per gli insetti. Ma, con l'aumento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici, le zanzare stanno avanzando pure verso questi ultimi rifugi.

KeystoneLa tecnica di introdurre in natura maschi sterili viene utilizzata anche in Svizzera per combattere la diffusione della zanzara tigre

Per combattere questa minaccia, una coalizione di gruppi, tra cui il National Park Service, lo Stato delle Hawaii e organizzazioni no-profit come il Maui Forest Bird Recovery Project, sta adottando una strategia utilizzata in sanità pubblica. Questa strategia prevede il rilascio di zanzare modificate geneticamente incapaci di riprodursi con successo, contribuendo così a ridurre la popolazione complessiva delle zanzare. Il metodo utilizzato è noto come ‘tecnica degli insetti incompatibili’ e si basa su batteri naturali, come il Wolbachia, che alterano le cellule riproduttive delle zanzare. Finora, 10 milioni di zanzare maschi con un ceppo diverso di Wolbachia sono stati rilasciati nelle foreste d'alta quota di Maui. Poiché le femmine si accoppiano solo una volta, l'accoppiamento con un maschio modificato garantisce che non producano prole, contribuendo così a ridurre la popolazione complessiva di zanzare. Poiché le zanzare vivono solo poche settimane, i rilasci devono essere continui per mantenere la popolazione sotto controllo.