In Kenya un progetto di rinverdimento porta il nome del ciclista elvetico morto lo scorso anno. In Olanda si studiano modi per salvare il ghiaccio artico
In questa puntata di "Qualcosa di buono" parliamo di un progetto in Kenya portato avanti in nome di Gino Mäder, giovane promessa del ciclismo elvetico morto lo scorso anno in un incidente. E poi ancora: potranno i ‘maestri del ghiaccio’ olandesi fermare lo scioglimento della calotta polare artica? Forse sì. Quello che però è certo è che stando con le mani in mano non si ottiene nulla. Ne sanno qualcosa i gondolieri veneziani che, per amore della propria città, ripuliscono ogni anno i canali dalla spazzatura.
Oltre alle gambe e alla stoffa del campione, in Gino Mäder, c'era di più. C'erano i solidi ideali – merce rara per un giovane ciclista di soli 26 anni – e poi c'era il gran cuore. Esempio di questa sua spiccata sensibilità l'iniziativa portata avanti durante la Vuelta, quando decise di versare un euro in beneficenza per ogni corridore battuto per ciascuna tappa: alla fine la somma totale raggiunse i 4'529 euro, che donò a Justdiggit, Ong specializzata nel ripristino e nella conservazione del paesaggio in Africa grazie al recupero di terre degradate attraverso semplici tecniche agroecologiche.
A portarsi via per sempre Mäder, il 15 giugno 2023, una rovinosa caduta, avvenuta proprio in sella alla sua bici, mentre correva la quinta tappa del Tour de Suisse: perì il giorno dopo in ospedale, a causa delle gravi ferite riportate. A quasi un anno di distanza da quel tragico incidente che sconvolse il mondo del ciclismo e non solo, Justdiggit torna a ricordare e omaggiare lo sportivo elvetico attraverso un progetto.
"Gino Mäder non era solo un atleta di grande talento, ma era anche molto amato per il suo altruismo e la sua grande sensibilità. Ha sfruttato la sua posizione di atleta professionista per fare la differenza, sostenendo cause che gli stavano a cuore. Justdiggit era una di queste. Dopo la sua tragica scomparsa, molti fan di Gino hanno seguito le sue orme. Abbiamo ricevuto oltre 30'000 euro di donazioni per Gino", scrive l'organizzazione il 27 marzo in una nota stampa, "siamo lieti di annunciare che ora abbiamo scavato quasi 2'000 buche in suo onore nel South Rift in Kenya, e molte altre ne arriveranno".
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Situato ai piedi del maestoso Monte Kilimanjaro, la regione del South Rift è un ecosistema unico che ospita una straordinaria diversità di mammiferi e la comunità dei pastori Masai. Tuttavia, negli ultimi anni, la vita nella zona è diventata sempre più difficile a causa dei cambiamenti climatici e dell'uso improprio del territorio. La terra è prosciugata e gravemente degradata, mettendo a rischio non solo il bestiame dei Masai, ma anche la fauna selvatica.
Per contrastare questa situazione critica, è stato avviato un importante progetto di scavo dei cosiddetti ‘sorrisi della Terra’, ovvero dei bacini d’acqua dalla forma semicircolare (che ricordano appunto uno ‘smile’) e poco profondi, larghi circa 5 metri e lunghi 2 metri e mezzo. Queste buche, scavate solitamente lungo i pendii, permettono di catturare l'acqua piovana evitando che venga dispersa dal terreno arido.
Grazie a queste buche, è possibile rinvigorire rapidamente vaste aree, favorendo la biodiversità, la natura e le popolazioni locali. Difatti l'iniziativa non solo migliora le condizioni di vita della comunità Masai, ma contribuisce anche a preservare l'ambiente e a contrastare i cambiamenti climatici.
Gino Mäder non c’è più, ma il suo ricordo è vivo in questi polmoni (e sorrisi) verdi dal valore inestimabile.
Nei Paesi Bassi si chiamano ‘IJsmeester’ e sono dei veri e propri ‘maestri del ghiaccio’. Con l'arrivo dell'inverno il loro compito consiste nel riempire d'acqua i campi, facendo nascere così tanti piccoli laghetti artificiali che – con le basse temperature – ghiacciano, rendendo in tal modo possibile il pattinaggio all'aperto. L'antica arte dei IJsmeester oggi potrebbe essere d'aiuto per combattere lo scioglimento della calotta glaciale artica. A imparare da questi insegnanti un gruppo di allievi d'eccezione: un team di scienziati di una Start-up olandese.
L’Artico, con le sue immense distese di ghiaccio marino e iceberg, è una regione come nessun’altra al mondo. È pure quella che più patisce la crisi climatica. Si sta infatti riscaldando due volte più velocemente rispetto al resto del Pianeta, e si stima che entro il 2050 potrebbero verificarsi delle estati senza ghiaccio, anche se l’aumento della temperatura globale dovesse rimanere confinata entro i + 1,5 gradi. La sua scomparsa avrebbe un impatto enorme sugli habitat naturali e sulle popolazioni indigene, come pure sul clima a livello mondiale.
In questa corsa contro il tempo, combattuta goccia per goccia, alcune Start-up si sono attivate per studiare soluzioni innovative. Fra queste troviamo ’Arctic Reflections‘, impresa emergente con sede a Delft, nei Paesi Bassi. L'idea è semplice e consiste nel pompare acqua sul ghiaccio per mantenere la sua superficie più bianca e riflettente, riducendo così l'assorbimento di calore.
"L’Artico agisce come una sorta di scudo termico per la Terra e una parte sostanziale del riscaldamento globale deriva dal fatto che la sua superficie diventa più scura (ndr: la stessa cosa avviene anche con i nostri ghiacciai. Più il ghiaccio è sporco più velocemente fonde). E così ho pensato: come fare a mantenere la calotta glaciale più a lungo finché i livelli di CO2 non scendono e il ghiaccio diventa rigenerativo? E così ho pensato: perché non pomparci sopra dell’acqua?", spiega al ‘The Guardian’ Fonger Ypma, amministratore delegato del gruppo.
Oltre a proteggere l'Artico, queste operazioni potrebbero portare benefici alle comunità locali, consentendo il ripristino dell'ecosistema marino e garantendo alle popolazioni indigene un accesso rinnovato alla fauna, dai caribù agli alci.
Attualmente, le sperimentazioni sono in fase iniziale e su scala ridotta, suscitando dubbi sulla loro effettiva efficacia. Mentre alcuni esperti vedono un potenziale limitato per preservare habitat specifici, altri sottolineano che la vera soluzione al problema del riscaldamento globale risiede nella riduzione delle emissioni di CO2 e nel miglioramento delle pratiche ambientali. Insomma, per la comunità scientifica l'acqua pompata più che una soluzione pare un cerotto. Ma in tempi difficili non si butta via nulla, nemmeno le pezze.
I canali di Venezia – non ce ne vogliano i palazzi regali, i monumenti e la cattedrale – sono senz'ombra di dubbio le attrazioni turistiche più apprezzate e suggestive della città lagunale. In totale sono lunghi ben 38 chilometri e contengono... molta spazzatura.
Lo sanno bene i gondolieri veneziani che, oramai da cinque anni, si occupano di organizzare immersioni annuali per ripulire l'acqua. Durante la loro ultima immersione, avvenuta lo scorso 17 marzo, sono scesi nei rii della Cazziola, del Gafaro, del Malcanton e del Magazen, recuperando ben 15 quintali di immondizia.
Un’immersione, come annuncita nel comunicato stampa, che si aggiudica il record assoluto di recupero rifiuti rispetto alle ventitré spedizioni precedenti. Il bilancio, come detto, è stato di circa 15 quintali di rifiuti recuperati dai fondali, tra cui materiale in ferro, una stirella ancora attaccata alla base, tre termosifoni di cui uno ghisa, due caldaie, vari tubi in ferro e tre grondaie lunghe tre metri. In aggiunta sono state recuperate due eliche di cui una in bronzo e l’altra in alluminio, quattro telefoni cellulari, quaranta copertoni, migliaia di bottiglie in vetro e una carta d’identità.
In poco più di cinque anni sono state effettuate in totale oltre venti immersioni, in collaborazione con le autorità comunali, che hanno consentito di recuperare circa 18 tonnellate di materiale.
“Un’attività sempre più sostenuta da parte dei cittadini – ha commentato il consigliere delegato alla Valorizzazione della gondola nel sistema di mobilità della Città Antica, Aldo Reato – Ricordo, come sempre, che il lavoro di pulizia è portato avanti dai gondolieri e si tratta di attività di volontariato, supportato dall’Associazione e dall’Amministrazione comunale. Un grande ringraziamento va anche alla Polizia locale e a Veritas per il costante sostegno e aiuto”.
Un lavoro enorme fatto da chi, per lavoro e vocazione, quei passaggi d'acqua li percorre ogni giorno. Un gesto di responsabilità e di amore verso la propria città.
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