Sul caso che vede contrapposti due capidipartimento (Manuele Bertoli e Norman Gobbi), chiamati in causa dal Comune di Gambarogno che aveva chiesto lumi al governo sulla possibilità di scolarizzare due ragazzini ecuadoriani non ufficialmente domiciliati, già ci siamo espressi. Più passano le ore e si moltiplicano le prese di posizione, più tocchiamo con mano due modi diametralmente opposti di ragionare: da una parte chi – il capo della Scuola – invoca le convenzioni internazionali e il diritto-dovere a una scolarizzazione da parte di chi è nell’età dell’obbligo, e dall’altra – il direttore delle Istituzioni – che non vuole creare precedenti ed è quindi per la chiusura. Posizioni contrapposte, che riflettono anche la diversa sensibilità e appartenenza politica dei due ministri. Il fatto nuovo è però che questa volta stiamo parlando di persone in carne e ossa. Di bambini in tenera età, che la comunità locale, il Comune di Gambarogno, non ha alcun problema ad accogliere. Anzi ci ha detto il vicesindaco Nessi «sono ben integrati, contenti e non creano nessun problema». Questo dato di fatto non ha però minimamente scalfito il ministro leghista che, da noi interpellato, è arrivato persino a dire che «dobbiamo tenere la barra diritta, per evitare che a seguito di questa posizione molto aperta da parte del Decs, vi sia poi una tendenza ad aprire ulteriormente. Pensiamo ai sans papiers o ai rom, che siamo riusciti a evitare che vengano in Ticino negli ultimi tre anni. Questo potrebbe magari far decidere ad alcune carovane di rom di giungere da noi, sapendo che possono mandare i figli a scuola». E poi, la perla: «Adesso gli permettiamo di andare a scuola e poi cosa dovremmo fare? Dar loro una casa, una rendita?». Questo modo di ragionare dimostra molto concretamente come fanno i movimenti populisti a far montare come fosse panna paure ingiustificate. Ragioniamo assieme sulle parole di Gobbi: alzi la mano chi crede che in Ticino – dopo che sono stati presi letteralmente a fucilate e, di fatto, per questo motivo sono state chiuse le aree che ancora li accoglievano a Bellinzona Nord e a Mendrisio – gli zingari vengano ancora volentieri. Ma, anche se dovessero arrivare, quando mai hanno chiesto di scolarizzare i figli? Probabilmente mai, perché l’istruzione, se ci pensano, la fanno loro al loro interno, a loro modo. E poi anche perché, quando arrivavano in un comune, ci restavano poco tempo. Ma gli zingari, come gli ecuadoriani – ecco la verità –, non hanno santi in paradiso e li si può facilmente additare come i nuovi ratti che fanno i buchi nel formaggio. Eccovi quindi un bell’esempio di come i populisti nostrani si fanno propaganda sulla pelle altrui, dimostrando un’ignoranza spaziale. Per dimostrare che esiste anche un altro Ticino, di cui andar fieri, è quindi importante che il Comune di Gambarogno (che risolve i problemi e non li gonfia) tenga duro! Come ha ben detto il vicesindaco alla Rsi: i problemi non li causano due piccoli col visto turistico, quanto piuttosto un certo ambiente dovuto dalla vicinanza con Cadenazzo. E quale partito ha contatti (affaire Lumino’s ecc.) più ravvicinati di tutti col mondo a luci rosse?