laR+ IL COMMENTO

Senza più vie d’uscita. E nemmeno alternative

Le hanno provate tutte i dirigenti dell'Hc Lugano, ma ancora una volta si ritrovano alla casella di partenza. Ora comincia la corsa contro il tempo

In sintesi:
  • I tempi per cambiare il ‘modus operandi’ dell'ultimo ventennio non sono ancora maturi: due anni e spiccioli dopo aver inaugurato il nuovo ciclo, cala già il sipario
  • Aspettando il nuovo direttore sportivo, si cerca l'allenatore. Che potrebbe anche essere solo un ‘traghettatore’
La presidente Vicky Mantegazza
(Ti-Press)
14 gennaio 2025
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Tanto tuonò che alla fine piovve per davvero sopra le volte della Cornèr Arena. Dove due anni e rotti dopo l’ultima ‘tempesta’ (allora ad arrivare al capolinea era stato il ciclo di Chris McSorley), si è deciso di voltare pagina. Giocoforza, perché la spirale negativa di gioco e risultati in cui l’Hcl è precipitato in queste ultime settimane non lasciava praticamente più alternative: fine dell’avventura per la guida tecnica della prima squadra. E, di riflesso, del suo direttore sportivo. Una (logica) conseguenza, quella di quest’ultimo, che nell’ottobre del 2022, nell’annunciare l’insediamento di Gianinazzi sulla panchina del Lugano aveva anche detto che quello sarebbe stato “il mio ultimo allenatore”. Un’esternazione forte, ma che riassumeva appieno il concetto con cui i vertici della società avevano deciso di seguire questa via, con la ferma convinzione che avrebbe permesso al club di “mettere fine al modus operandi del Lugano (e non solo il suo) dell’ultimo ventennio”, per dirla con le parole del Ceo Marco Werder.

Due anni e spiccioli dopo il Lugano è però suo malgrado tornato alla casella di partenza. Stavolta, al di là di tutto, alla dirigenza va riconosciuta l’attenuante di aver fatto il possibile (e pure l’impossibile) per portare avanti il suo progetto. A volte anche incaponendosi, facendo spallucce di un malcontento serpeggiante fra i seggiolini della Cornèr Arena. Ai primi spifferi di aria gelida, in autunno, era sceso in campo il Cda in corpore a sostegno dell’allenatore e del suo staff, ribadendogli la sua piena fiducia. Qualche settimana più tardi era stato il General Manager a metterci la faccia per spezzare a sua volta una lancia in suo favore. Tutto questo però non è bastato, come non è nemmeno bastata la mossa di affiancare allo staff tecnico la figura, inedita alle nostre latitudini, del mentore della squadra per salvare il posto dell’allenatore. E neanche, di riflesso, la testa del direttore sportivo Domenichelli.

Già dopo la partita contro il Friborgo (il 5 dicembre) la dirigenza aveva maturato la sua decisione di archiviare il progetto per certi versi ‘rivoluzionario’ di puntare sulla figura del giovane allenatore cresciuto ‘in casa’, lodevole ma forse un po’ troppo naïf, considerate tutte le dinamiche interne ed esterne a uno spogliatoio che si possono verificare sull’arco di una stagione. Sì, stavolta prima di azionare la… panchina eiettabile, la dirigenza ha valutato proprio tutte le alternative. D’altro canto, però, la situazione in classifica nonché l’involuzione di risultati e di gioco della squadra di alternative non ne lasciava davvero. Così per Gianinazzi (e Domenichelli) è scattato il conto alla rovescia, durato fino a domenica sera, quando la decisione è stata formalizzata. Una settimana trascorsa senza peraltro aver ancora dato un volto e un nome alla persona che si accomoderà sulla panchina della prima squadra per dirigere le operazioni nel prossimo impegno di campionato, venerdì contro il Davos. Perché la prima priorità è quella, ma poi c’è da dare un nome e un volto alla direzione sportiva, a cui competeranno le decisioni sul futuro più a lungo termine, e non è dunque scontato che chi dirigerà le operazioni contro il Davos venerdì sarà lo stesso che lo farà all’inizio della prossima stagione.

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