Bellinzona: da una parte atteggiamenti e oratoria sovente divisivi, dall’altra un ruolo istituzionale che deve badare al sodo
L’associazione calcio Brennancur porta con sé alcune tare non da poco. L’esercizio che ha preso corpo in estate è lodevole: dotare il movimento calcistico granata (prima squadra e da martedì sera anche settore giovanile) di un secondo centravanti di sfondamento che faccia da portavoce e rappresentante del patron Pablo Bentancur, poco incline a confrontarsi oralmente con gli ambienti che esulano dal suo core business rappresentato da gestione calciatori e iniezione liquidità nell’Acb con obiettivo minimo la Challenge League. Perciò un avvocato fa sempre comodo, meglio ancora se con le mani in pasta a più livelli. E se è vero che il calcio è anche fantasia, l’ingaggio del presidente senza portafoglio Brenno Martignoni Polti s’infila dritto nella categoria del cosiddetto “l’importante è che se ne parli”.
Com’era già accaduto nel suo periodo di sindacato fra il 2004 e il 2012, ma anche prima e anche dopo, l’ex esponente Plr che ha poi cambiato diverse casacche politiche ha saputo e sa tutt’oggi alimentare l’interesse dei media proponendo una comunicazione spinta, disallineata con la diffusa omertà (ecco, l’ho detto) tipica del Ticino più profondo. Trasparenza a ogni costo che tuttavia finisce per dividere anziché unire. Perché gli altri interlocutori, o potenziali tali se solo parlassero (l’ho ridetto), raramente accettano il confronto, specialmente quando sanno in partenza che “col Brenno finirà in polemica”. Il tempo dirà se sarà stato un bene per l’Acb che tutto, vivaio compreso, sia finito nelle sole mani di chi mette i soldi e che il suo pensiero/legge sia stato trasmesso da chi ha già dovuto fare i conti più volte con la disaffezione della piazza (leggasi elettorato).
Infatti diffondersi non significa ancora spiegare: ha detto bene Franco Lazzarotto durante l’assemblea (pochi però l’hanno seguito) evidenziando che il nuovo corso ha finora detto tante cose ma non cosa vorrà fare del settore giovanile, a parte agganciarsi all’importante lavoro fatto in soli otto mesi dal comitato che ha dimissionato quasi in blocco di fronte alle mire di Brennancur.
Se il tifoso può accettare certe situazioni – in fondo quel che conta è non sfigurare, che si tratti della prima squadra o del vivaio – c’è da chiedersi se tutto ciò sia sano pensando agli investimenti plurimilionari che la Città, intesa come autorità politica, deve spicciarsi a mettere in campo per assicurare in tempi non geologici (l’edilizia scolastica insegna) una logistica consona ai vari livelli di squadre e sodalizi sportivi. La politica a sua volta è chiamata a filtrare la retorica del Brennancur-pensiero, a non cadere nel tranello di chi lo vede e lo vuole divisivo. Il Plr c’è già cascato: in un’interpellanza che lascia il tempo che trova, perché pone domande cui il Municipio potrà rispondere solo in parte o affatto, parla di un’Acb che “sta colando definitivamente a picco con la credibilità di chi ora la rappresenta”. Certo, il pubblico nelle partite casalinghe è ai minimi storici. E fa sorridere sentire che “se ci date il terreno lo stadio lo costruiamo noi perché arriverà pronto da montare dall’Argentina”. Un grossissimo problema il primo punto (una disaffezione difficile da recuperare), un sogno irrealizzabile il secondo (sebbene qualche aggancio parrebbe esserci). Se il calcio è teoria e fantasia, la politica sia concreta e vada in gol.