laR+ IL COMMENTO

Deflazione, paradosso della ricchezza (eccessiva) maldistribuita

La forza del franco, l’erosione del potere d’acquisto e le politiche di austerità spingono l'economia verso uno scenario tutt'altro che inevitabile

In sintesi:
  • Le ultime mosse della Bns non sono bastate per attenuare il rafforzamento del franco
  • Il vero stimolo all’investimento per le imprese giunge dalla domanda effettiva
  • Ma è il potere d’acquisto complessivo dei salariati ad avere la peggio
Martin Schlegel in Ticino nel suo primo giorno da presidente della Bns
(Ti-Press)
2 ottobre 2024
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Ci sono almeno tre fattori che, alimentandosi a vicenda, starebbero spingendo l’economia svizzera nelle braccia della deflazione, possibile preludio di una recessione: la forza del franco, l’erosione del potere d’acquisto, le politiche pubbliche di austerità.

Con ordine. Settimana scorsa la Banca nazionale ha deciso di portare il tasso guida della politica monetaria all’uno per cento, in quello che è stato il terzo taglio consecutivo – di un quarto di punto – avvenuto durante il 2024. Di più: nella sua ultima uscita pubblica, l’ex presidente della Bns Thomas Jordan ha detto chiaro e tondo (un’anomalia) che è verosimile attendersi nei prossimi mesi altre riduzioni dei tassi d’interesse. Questo perché – ha spiegato Jordan – “attualmente i rischi al ribasso per l’inflazione sono più elevati di quelli al rialzo”. Gli stessi concetti sono stati ribaditi ieri sera a Bellinzona dal suo successore, Martin Schlegel, nel primo giorno del suo mandato. Tuttavia le mosse della Banca nazionale non sono bastate per attenuare il rafforzamento del franco nei confronti delle altre valute di riferimento (euro e dollaro). Un fatto che, oltre a penalizzare la competitività delle esportazioni elvetiche, comporta – quale effetto collaterale – il peggioramento (cosmetico) del bilancio della stessa Bns per via della svalutazione in franchi degli asset in moneta straniera, il che rende meno plausibile una ridistribuzione di dividendi alla fine dell’anno a favore di Confederazione e Cantoni.

Ci spiegava nei giorni scorsi l’economista Sergio Rossi che la politica monetaria espansiva, se davvero volesse raggiungere i suoi obiettivi di rilancio dell’attività in un contesto globale poco favorevole, dovrebbe essere sostenuta dalla politica fiscale e di bilancio dello Stato. Perché a scapito del mito greenspaniano delle “leggi naturali” governate dai tassi d’interesse, il vero stimolo all’investimento per le imprese giunge dalla domanda effettiva. Una domanda effettiva che però, a livello di mercato interno, langue a causa della stagnazione dei salari: nel 2024, e per il quarto anno consecutivo, gli stipendi rischiano di perdere la gara contro il rincaro, seppur quest’ultimo sia modestissimo (le ultime proiezioni prevedono l’1,1%). Ma è il potere d’acquisto complessivo dei salariati ad avere la peggio, visto che l’indice dei prezzi al consumo non contempla l’ormai abituale salasso dei premi di cassa malati.

A fungere da terzo vertice al triangolo deflattivo ci pensa la miopia di chi, a livello federale (e non solo), continua a sventolare lo spauracchio del deficit pubblico. L’idea dell’indispensabilità di un pacchetto di “sgravio” del bilancio della Confederazione non deriva in buona parte da un problema oggettivo, ma autoinflitto: l’aberrante vincolo del freno all’indebitamento (perfino più perverso del nostrano freno al disavanzo) impone allo Stato di realizzare un “utile” tra entrate e uscite correnti per finanziare gli investimenti. Un’autentica follia. Fatto sta che l’eccessivo “virtuosismo” di bilancio bernese, oltre a rafforzare ulteriormente il franco, andrebbe ad appesantire le finanze dei Cantoni, innescando una spirale negativa che trascinerebbe l’intera economia verso uno scenario piuttosto critico tutt’altro che inevitabile.

Tuttavia su un punto hanno ragione i vari analisti o presunti tali, cioè quando affermano che in Svizzera – e in Ticino – il problema non è dato dalle entrate, ovvero dalla capacità di produrre ricchezza: il vero problema è la sua (mal)distribuzione.

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