laR+ IL COMMENTO

Una riforma che fa i conti con la dura legge del 2° pilastro

Il pacchetto confezionato dalla maggioranza di centro-destra del Parlamento è un’accozzaglia di misure. Porta miglioramenti innegabili. Ma a quale prezzo? 

In sintesi:
  • Un tema oltremodo complesso, una costellazione politica particolare, le cifre in gioco: già solo per questo la riforma va presa con le pinze
  • Disparità salariali, ostacoli che impediscono alle donne di essere maggiormente presenti sul mercato del lavoro: sono questi fattori, non la Lpp, a determinare il ‘divario pensionistico di genere’
Sì o no il 22 settembre?
(Keystone)
10 settembre 2024
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Non sapete cos’è la ‘deduzione di coordinamento’? Il ‘regime sovraobbligatorio’ o il fantomatico ‘terzo contribuente’ vi spaventano? Niente paura, siete in buona compagnia. Per molti cittadini – lo ha rivelato un recente sondaggio – il 2° pilastro e la riforma in votazione il 22 settembre sono poco più di una scatola nera: la prova di una diffusa ignoranza, se non di una certa diffidenza nei confronti di un sistema che oggi produce rendite del 40% inferiori rispetto a vent’anni fa.

Il contesto non aiuta, anzi. Sentiamo sindacati e una parte del padronato dire peste e corna di una riforma penalizzante per la classe media. Mentre partiti borghesi e grandi organizzazioni economiche la difendono a spada tratta, ergendosi a difensori di redditi modesti, tempi parziali e lavoratori ‘anziani’. Se non è il mondo alla rovescia, poco ci manca.

Poi ci sono le cifre a complicare tutto. Gli errori dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) riguardano l’Avs, non la Lpp. Ma la frittata è fatta, e ormai le sottigliezze lasciano il tempo che trovano. Anche perché i modelli impiegati per misurare le conseguenze della riforma (“non direttamente applicabili alla realtà degli assicurati”, avverte l’Ufas; tradotto: pressoché imprevedibili) poggiano su presupposti del tutto irrealistici.

Ce ne sarebbe già abbastanza per prendere l’oggetto con le pinze. Ma c’è altro.

Il pacchetto confezionato dalla maggioranza di centro-destra del Parlamento è un’accozzaglia di misure: per lo più sensate, ma mal calibrate. Il meccanismo dei supplementi di rendita è un pasticcio; e poi perché non spalmare su più anni la riduzione del tasso di conversione, come in passato, anziché provocare in un sol colpo un drastico calo (-12%) delle rendite? Oppure: perché non aumentare in modo graduale e moderato il salario assicurato, così da incidere meno sul potere d’acquisto di chi già guadagna poco?

Certo, tra le centinaia di migliaia di persone direttamente interessate (gli assicurati secondo il ‘minimo’ Lpp, o poco più: il 15-30% del totale), sono più numerose coloro che sulla carta otterranno una rendita più elevata (360mila, di cui 275mila donne, stando ad Alliance F) di quelle che invece – in barba alle promesse fatte a suo tempo – ci rimetteranno (169mila, di cui 67mila donne). E comunque circa 70mila salariati (soprattutto donne) saranno assicurati per la prima volta nel 2° pilastro, oltretutto pure contro invalidità e decesso. Progressi innegabili. Ma a quale prezzo?

“Rendite più alte nel 2° pilastro non piovono dal cielo”, fa notare la consigliera nazionale Regine Sauter (Plr). Questa è la ‘legge’ della previdenza professionale, non si scappa. Dunque persino i probabili beneficiari di questa riforma (tendenzialmente persone con redditi bassi o medio-bassi, soprattutto donne) e i loro datori di lavoro dovranno pagare (alla fine di ogni mese) una fattura salata; per ottenere in cambio (decenni dopo, se tutto fila liscio) aumenti di rendita perlopiù contenuti, o anche ‘solo’ il lasciapassare per la Lpp.

C’è chi parla di un passo per ridurre il ‘divario pensionistico di genere’. Ma l’argomento ha le gambe corte. Non è colpa anzitutto della Lpp – bensì delle tenaci disparità salariali, nonché degli ostacoli che ancora limitano la presenza di molte donne nel mondo del lavoro – se nel 2024 in Svizzera le donne percepiscono rendite del 2° pilastro in media del 35% inferiori a quelle degli uomini. Lo sanno anche molti di coloro che adesso – non senza buone ragioni – si battono per il sì, salvo poi prepararsi a guardare dall’altra parte quando si tratterà di fare qualcosa per scalfire quest’ostinata realtà.