Economia reale ‘in ginocchio’ per via degli effetti della politica monetaria e non solo. E i nostri alle prese coi tagli in vista del Preventivo 2025
Al momento di ricevere il premio Nobel per l’economia 2022, il professore Douglas W. Diamond dell’Università di Chicago pronunciò un breve discorso a cui pochi, in Ticino, prestarono la dovuta attenzione: “Spesso ci dimentichiamo di una lezione di Milton Friedman e cioè che la politica monetaria delle banche centrali agisce con un ritardo temporale”. Un ritardo sull’insieme dell’economia che gli esperti indicano tra 12 e 18 mesi.
Il ciclo di inasprimento monetario attuato dalla Bns è iniziato a giugno 2022 ed è andato avanti per oltre un anno e mezzo. Non ci si dovrebbe pertanto stupire di ritrovare oggi nell’economia reale gli effetti – distorsivi – di una politica restrittiva che premia il risparmio e penalizza gli investimenti e i consumi. Effetti congiunturali, ma che in Ticino vanno ad aggiungersi a un problema strutturale assai noto: gli stipendi mediani inferiori del 20% rispetto al resto della Svizzera, con un costo della vita piuttosto analogo. Ergo, un’autentica “tempesta perfetta”.
I primi ad alzare la mano per dire che le cose stavano prendendo una brutta piega sono stati gli impresari costruttori: a inizio anno hanno segnalato a più riprese un notevole calo delle commesse pubbliche e una diminuzione dei lavori anche nel settore privato. Tendenze negative che hanno innescato una corsa al ribasso da parte delle imprese pur di aggiudicarsi i pochi appalti disponibili e un progressivo esaurimento delle cosiddette “riserve di lavoro”.
In questi giorni sono giunte poi le grida di allarme di altri due settori chiave dell’economia reale: la ristorazione e i venditori di automobili. “Siamo in ginocchio”, ha denunciato GastroTicino in un comunicato diramato la scorsa settimana: un crollo della cifra d'affari nel primo semestre del 2024 compreso tra il 20 e il 50%. I rivenditori di macchine invece registrano una flessione delle immatricolazioni di circa il 10% nello stesso periodo. Una flessione che è anche un unicum ticinese, rispetto a una situazione stabile nel resto della Svizzera. Le motivazioni che spiegano il calo per ristoratori e venditori di auto sono convergenti e riguardano il sempre minor potere d’acquisto della popolazione.
È chiaro, come ha indicato l’economista Spartaco Greppi (laRegione del 18 luglio), che all’intero tessuto socioeconomico ticinese “gioverebbe una politica dei redditi, industriale e di investimenti più vigorosa”. Purtroppo, però, i nostri politici di milizia non ragionano da statisti ma per quel che sono: imprenditori, esperti in diritto tributario, gestori patrimoniali. Ed è proprio qui, tra i banchi del Gran Consiglio, che l’ossessione per il pareggio di bilancio si trasforma in una sorta di premessa per lo sviluppo del Cantone a scapito di ciò che dovrebbe essere: una sua conseguenza.
Così, mentre la Bns va avanti a ridurre il tasso guida e la Bce resta ferma, mossa che comporta un indebolimento del franco e l’effetto collaterale di un molto probabile utile contabile dell’Istituto di emissione (per via della rivalorizzazione degli asset in euro espressi in franchi) che renderebbe plausibile una ridistribuzione di dividendi a favore di Confederazione e Cantoni, i nostri sono alle prese con tutti i tagli possibili e immaginabili che permettano di “fare quadrare i conti” del deflazionistico – a livello economico e sociale – Preventivo 2025. Esempio eclatante di ottusità concettuale e sciocchezza politica, degno dei migliori allievi della scuola di Chicago.