Berlusconi in braccio a Berlinguer in un murale sbilenco, dove l’arte manca, il messaggio si perde e si sfrutta la popolarità altrui per farsi notare
Enrico Berlinguer e Silvio Berlusconi avevano in comune le prime quattro lettere del cognome. E probabilmente nient’altro.
È stato quindi straniante vederli comparire insieme in un murale piazzato non a caso davanti all’ex sede del Partito comunista italiano e alla casa d’infanzia del Cavaliere, a Milano. A essere più precisi, Berlinguer teneva in braccio Berlusconi in una citazione del noto episodio in cui Roberto Benigni prese in braccio il segretario del Pci.
Disegnare Berlinguer e Berlusconi in un luogo in cui è impossibile non vederlo, soprattutto nei giorni in cui si celebrava l’anniversario della morte di entrambi (11 giugno 1984 Berlinguer, 12 giugno 2023 Berlusconi), è un modo per attirare l’attenzione su sé stessi più che sull’immagine raffigurata.
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L’originale: Berlinguer con Roberto Benigni
A rendere particolarmente insopportabile il tutto è la spiegazione dello street artist in questione, che su un suo profilo social ha condiviso la foto dell’opera – dal titolo “Insieme” – con due frasi: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno” e “L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio”. Se la prima, di Berlinguer, portava con sé un’idea di comunità molto identitaria, la seconda – di Berlusconi – non era che l’ennesima fregatura del diabolico re del marketing, con un messaggio che sembra veicolare sentimenti: appunto, sembra. Perché il sottotesto dice altro: ovvero che l’amore era lui, Silvio, e l’invidia e l’odio erano tutti quelli che non lo capivano. Insomma, un messaggio tutt’altro che aperto e accomodante, anzi, fortemente divisivo.
Per questo l’operazione del murale è sbilenca e viene quasi più da tifare per chi la notte successiva quel murale lo ha imbrattato. Il presunto artista – di cui non facciamo volutamente il nome, che è quel che vorrebbe – ha cercato, come gli eredi politici di Berlinguer e Berlusconi, un posto al sole approfittando della popolarità dei due e dell’anniversario quasi concomitante delle loro morti.
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Salvini Tiktoker
Ma di Banksy, lo street artist che ha saputo criticare fortemente la società contemporanea con un’estetica pop d’alto livello, non ce ne sono molti. E così ci ritroviamo sempre più spesso con questi emulatori con la formuletta pronta, privi sia dell’arte che del messaggio, che pensano basti scopiazzare uno bravo per essere bravi, accostare due frasi da lista degli aforismi su Facebook per dire qualcosa di significativo. Non è così.
Da quando pop e politica si sono fusi, con i politici impegnati a farci ridere e ad abbattere ogni distanza, è stata una rapida deriva: pensiamo a Salvini, in Italia, che per tirare su qualche euro in campagna elettorale dice “Bro” ai ragazzi su TikTok e si fa mettere cappellini virtuali sulla testa; o a Quadri, che nei suoi editoriali usa le K e il simbolo del dollaro come un ripetente del liceo poco fantasioso per parlare di kompagni, ro$$i e $ini$tri (con quel tenero effetto, non fosse che è Quadri, da fanzine anni Ottanta in ciclostile). Un po’ come i comunisti di Berlusconi, che poi erano tutti quelli che non la pensavano come lui.
I Quadri e i Salvini si sentono pop, giovani, dissacranti, come il sedicente artista di cui sopra. E invece sono un noiosissimo déjà-vu, rappresentazione non di una stabile essenza in grado di attrarre consenso, ma di una volatile apparenza che il consenso lo insegue con trucchi a buon mercato, da scatola da prestigiatore venduta a fascicoli. Una tristezza degna di un bel murale pop se solo ci fosse qualcuno all’altezza di disegnarlo.
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I comunisti che mangiano i bambini, vecchia storia