laR+ IL COMMENTO

Il ‘modello elvetico’ mostra la corda, serve un segnale

Il 9 giugno si vota sulle iniziative di Ps e Centro. Un doppio sì accrescerebbe la pressione sul Parlamento federale e sugli attori della sanità

In sintesi:
  • I sussidi non bastano di gran lunga a compensare le storture del sistema
  • La percentuale di persone che rinuncia alle visite mediche, o che le dirada per ragioni finanziarie, è cresciuta negli ultimi anni fino a raggiungere il 10-20%
  • L’iniziativa del Centro è insidiosa, quella del Ps carente sotto il profilo del contenimento dei costi. Ma il Parlamento ne neutralizzerebbe gli aspetti più problematici
Si vota tra poco più di due settimane
(Keystone)
23 maggio 2024
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Elevata qualità delle cure, accesso universale, equo e veloce alle prestazioni: la Svizzera ha un sistema sanitario tra i migliori al mondo. Costa parecchio: più di 90 miliardi di franchi all’anno. E sarà sempre più caro: da un lato la popolazione aumenta, invecchia e diventa nel complesso più benestante, ciò che fa crescere la richiesta di trattamenti; dall’altro, i progressi della medicina ampliano un’offerta che già oggi ha pochi eguali, e che a sua volta – è il gatto che si mangia la coda – alimenta la domanda.

Il problema è che un tale lusso poggia su basi finanziarie traballanti. Perché gli assicurati vi contribuiscono in maniera sproporzionata. Premio dell’assicurazione di base (Lamal), franchigia, 10% di partecipazione ai costi, contributo ai costi ospedalieri: in nessun altro Paese i cittadini spendono così tanto di tasca propria per la salute. Certo, l’ente pubblico allevia il fardello a molti di loro: un assicurato su quattro (uno su tre in Ticino) beneficia dei sussidi. E Confederazione e Cantoni versano ormai 5,4 miliardi l’anno a titolo di riduzione individuale dei premi. Ma gli aiuti pubblici – in alcuni Cantoni più che in altri – non bastano di gran lunga a compensare le storture del sistema.

In termini percentuali, i premi Lamal crescono – e continueranno a farlo – più di salari e pensioni. Per una parte del ceto medio, esclusa del tutto o parzialmente dai sussidi, così come dall’aiuto sociale o dalle prestazioni complementari, possono superare – anche abbondantemente, a dipendenza dei cantoni – il 10% del reddito disponibile. E siccome anche in futuro la spesa sanitaria progredirà più del reddito, un numero sempre maggiore di assicurati (“quasi tutti”, ricorda il Consiglio federale) è destinato a ritrovarsi prima o poi oltre tale soglia.

Le conseguenze sono già oggi tangibili. Anche sull’accesso alle cure: la percentuale di persone che rinuncia alle visite mediche, o che le dirada per ragioni finanziarie, è cresciuta negli ultimi anni fino a raggiungere il 10-20%. È qui, sul piano medico-sociale, che il ‘modello elvetico’ – premi pro capite, indipendenti dal reddito; esigua quota di finanziamento attraverso le imposte – mostra la corda.

Le iniziative in votazione il 9 giugno non sono il rimedio a questo problema di fondo. Né a quello, altrettanto cruciale, della crescita in parte ingiustificata della spesa sanitaria.

Formulata grossolanamente, quella ben intenzionata del Centro per introdurre un freno ai costi è insidiosa: se concepito in maniera troppo rigida, il previsto meccanismo potrebbe portare già tra pochi anni a un razionamento delle cure e spianare la strada a una medicina a due velocità. L’iniziativa del Ps per limitare l’onere dei premi al 10% del reddito disponibile (vedi p. 6) va al cuore della questione sociale, ma è quantomeno carente sotto il profilo degli incentivi a contenere la spesa.

Il Parlamento in questi anni ha fatto strame dei pacchetti di misure confezionati dal Consiglio federale per frenare l’aumento dei costi. E un buon numero di Cantoni ha addirittura abbassato gli importi destinati ai sussidi. Entrambi, poi, si sono dimostrati pressoché incapaci di varare riforme in grado di incidere in modo significativo sull’evoluzione della spesa sanitaria, o quantomeno di alleviare l’onere dei premi per gli assicurati.

Un doppio sì metterebbe in riga gli attori del sistema. Sarebbe un segnale benvenuto. Tanto più che questo Parlamento non mancherebbe di attuare in modo blando le eventuali modifiche costituzionali, neutralizzandone gli aspetti più problematici.