Stati Uniti, Cina e Russia: come si stanno muovendo (o come non si stanno muovendo) tra Medio Oriente e Occidente
La buona notizia è che le Grandi Potenze – Stati Uniti e Cina – sono tornate a dialogare in maniera costruttiva. Quella indecifrabile è che una delegazione di Hamas è stata a Mosca, ma non si sa a fare cosa.
Attualmente due sono gli incendi: uno dal febbraio 2022 in Ucraina; l’altro da una ventina di giorni in Medio Oriente. Sullo scenario internazionale si ha oggi la sensazione che vi sia un tentativo in corso di allargare il fronte delle fiamme per ricongiungerlo. “Il tanto peggio, tanto meglio!” parrebbe essere la folle scommessa di alcuni giocatori. Ossia, si sta alzando la posta al massimo con l’obiettivo di far saltare il banco, l’Occidente.
Dal 15 agosto 2021, quando gli Stati Uniti si ritirarono disordinatamente da Kabul costringendo gli alleati ad andarsene in tutta fretta dall’Afghanistan, si osservano guanti di sfida levarsi a più latitudini. Partiamo dall’aspetto economico-finanziario. Ad agosto il G7, il club dei Paesi più ricchi formato da tutto l’Occidente con in più il Giappone, ha visto la nascita del ‘Brics allargato’ – ispirato da cinesi e russi – con la partecipazione assieme di autocrazie e di Paesi del sud del mondo. Quali siano i fini è facile immaginarselo.
Seguiamo con l’aspetto militare elencando solo le tragedie in Ucraina e in Israele. “Sì, ce la facciamo a finanziare le due situazioni”, hanno già fatto i conti a Washington, suddividendo gli aiuti tra Kiev e Gerusalemme, ma l’Europa dovrà continuare a fare la sua parte.
Allargare il fronte delle fiamme significa, per prima cosa, che anche dal Libano e dal sud della Siria, Israele venga posto sotto tiro dalle milizie filo-iraniane; poi che a Gaza – da dove Hamas ha portato a termine il suo ‘pogrom’ contro inermi civili ebrei – si scateni un inferno peggiore di quello attuale.
Se in maniera catastrofica si volesse far saltare la santabarbara delle relazioni internazionali, allora servirebbe che l’odierna nebbia sullo stretto di Taiwan si trasformasse in tempesta. Così si costituirebbe in funzione antioccidentale un’alleanza in armi tra Russia, Cina, Iran e Corea del Nord. Xi Jinping si è reso conto del pericolo e ha smesso di soffiare sul fuoco. Ma in gennaio a Taiwan sono previste le elezioni generali. Xi, che a novembre incontrerà Biden, è rimasto scioccato soprattutto dalla dura e compatta risposta occidentale che dalla primavera 2022 ha di fatto isolato la Russia. Se il G7 applicasse le stesse misure adottate contro Mosca, la Cina – che dipende fortemente dagli approvvigionamenti alimentari di Usa e Canada – sarebbe in breve tempo non ridotta alla fame, ma quasi. Il suo boom economico, già in difficoltà, diventerebbe un ricordo. Ecco così che Pechino è diventata più malleabile con Washington, con contatti diretti tra alti responsabili delle diplomazie e istituzioni finanziarie.
Battere la scommessa apocalittica significa spegnere l’incendio a Gaza facendo – per prima cosa – tornare gli ostaggi a casa, mettendo a frutto i legami nel mondo arabo. E poi procedere finalmente verso la creazione dei due Stati, definendo uno status per Gerusalemme.
La speranza, purtroppo non suffragata da conferme, è che Mosca voglia fare la sua parte positivamente in Medio Oriente, indirettamente aprendosi una via d’uscita dal pantano ucraino in cui si è infilata.