L'incontro tra i due leader ha tre livelli di lettura. Potere, armi e rivalità con l’Occidente, reo di avere ciò che manca a Mosca e Pyongyang: la libertà
L’insolito incontro fra il presidente russo Vladimir Putin e il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un si può guardare da tre prospettive: tutte ci dicono qualcosa sull’attualità globale.
Vi è l’aspetto formale: Putin pensa di rappresentare uno Stato che dovrebbe sedere fra i grandi del mondo. Sprizza felicità quando incontra coloro che crede suoi pari: i leader di Cina, India e – quando poteva – Stati Uniti. Con tutti gli altri, dietro i sorrisi della diplomazia, Putin mostra spesso una allure paternalistica, facilitata dal timore reverenziale con il quale molti dirigenti di Stati più piccoli gli mostrano la loro deferenza.
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L’amico coreano
Con Kim Jong-un è andata diversamente. C’è una foto dell’incontro tra Putin e il leader nordcoreano che ricorda quella di un vertice fra il presidente russo e Alexander Lukashenko, tre anni fa esatti, a metà settembre 2020. Il presidente bielorusso rischiava di essere ribaltato dalle rivolte di strada. Seduto in poltrona col busto proteso verso Putin, implorava soccorso politico ed economico. Questa volta, a essere seduto in quella posa è stato Putin, mentre Kim sedeva ben appoggiato allo schienale, con le braccia regalmente distese sui braccioli, un re sul suo trono. Il linguaggio di quella foto spiega la Russia di oggi più di mille parole: non è Kim che ha bisogno di Putin, a sostenerlo ci pensa la Cina. È Putin che ha bisogno della Corea del Nord, un piccolo Paese isolato, capace però di fornire armamenti ai piangenti arsenali di Mosca.
Si allaccia qui la seconda prospettiva, la cooperazione militare per la guerra in Ucraina. Esiste già, il vertice la formalizza e rilancia verso il futuro. Le armi e munizioni della Corea del Nord risalgono per tecnologia al periodo sovietico. Con le scorte di armi moderne vicine all’esaurimento, Mosca gratta il fondo del barile dei vecchi arsenali dell’Urss, compatibili con i materiali forniti da Kim. In cambio fornirà alla Corea del Nord appoggio politico e nucleare-missilistico. È improbabile che ciò cambi le sorti della guerra, di fronte alle armi occidentali fornite all’Ucraina. Ancora una volta, la Russia punta sulla quantità anziché sulla qualità dell’azione militare: un approccio che non le ha portato successo.
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Il brindisi tra Xi e Putin durante il loro ultimo incontro
La terza angolazione da cui guardare alla cooperazione fra Russia e Corea del Nord è quella globale. La Corea del Nord non fa parte dei Brics, del G20 o delle organizzazioni diventate laboratori del nuovo ordine mondiale per il post guerra d’Ucraina. Eppure, il contatto fra Putin e Kim è parte del movimento di rivalsa contro l’Occidente formatosi con la ripresa della guerra, del quale possiamo dire ancora poco. Le dichiarazioni di Kim al vertice con Putin confermano intanto due delle poche certezze che abbiamo. Il “resto del mondo” ci detesta per il nostro benessere, ma soprattutto – e questa è la seconda, ancor più preoccupante certezza – per le libertà fondamentali e lo stile di vita che ci siamo conquistati. In tutto ciò, l’incontro fra Russia e Corea del Nord conferma l’esistenza dell’asse Mosca-Pechino-Pyongyang ed è un altro segnale di arretramento, sul cammino verso un mondo che riconosca nella democrazia e nei diritti fondamentali un patrimonio comune dell’umanità. Sta a noi decidere se agire per difendere le conquiste di secoli di civilizzazione, oppure abbandonarci alla propaganda di chi vuole riportare indietro l’orologio della Storia.
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Una ragazza sudafricana al summit del Brics con il cartello ‘No all’imperialismo di Putin’