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Lega e Udc, il gigante nazionale coi piedi di argilla ticinese

L'intervista di Blocher al nostro giornale conferma l'unità sul piano federale, ma su quello cantonale gli obiettivi comuni non basteranno in eterno

In sintesi:
  • La lotta per il seggio in Consiglio di Stato dello scorso aprile ha lasciato ferite non ancora cicatrizzate del tutto
  • Il sostegno della Lega a Marco Chiesa c'è, ma sulla carta. All'alleanza il compito di rieleggerlo agli Stati
  • L'Udc si confermerà il primo partito per distacco. Ma serviranno più responsabilità istituzionale e meno toni muscolari
(Ti-Press)
9 settembre 2023
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Per l’alleanza tra Lega e Udc la campagna elettorale in vista delle elezioni federali del 22 ottobre arriva al momento giusto. Quale occasione migliore, infatti, di mostrarsi compatti, uniti, con gli stessi obiettivi e parlando la stessa lingua quando, non più tardi della scorsa primavera, si è consumata una battaglia vera e propria tra attacchi democentristi a un seggio leghista in Consiglio di Stato, il ‘siamo alle pistolettate’ con cui Boris Bignasca espresse tutta la sua ‘simpatia’ verso i compagni di avventura e tanti, troppi mal di pancia interni da ambo le parti.

Nell’intervista concessa in esclusiva a ‘laRegione’ nell’edizione odierna, Christoph Blocher si mostra il politico navigato e scafato qual è. A precisa domanda sui rapporti con la Lega, la risposta è stata che sono alleati e che i veri avversari sono gli altri partiti. Banale finché si vuole, ma è così. Se si guarda solo l’aspetto delle elezioni federali, però. Dove su tutti i temi in campo – dall’immigrazione al clima, dalla neutralità ai rapporti con l’Unione europea – l’intesa è granitica. Il punto è un altro, ed è tutto ticinese: questa alleanza a volte è un gigante forte, per carità, ma con i piedi potenzialmente d’argilla. Argilla ticinese.

La comunione d’intenti sotto la Cupola federale nasconde infatti situazioni che in Ticino, se i due partiti prima o poi non affronteranno, rischieranno di essere talmente ingestibili da non venir risolte con una pacca sulla spalla e un sorriso. La Lega è in calo costante, sia di consensi sia di deputati in Gran Consiglio, mentre l’Udc è in parabola ascendente ormai da tempo. Viene davvero da chiedersi fino a quando farà la portatrice d’acqua – e di consiglieri di Stato, Claudio Zali senza la lista unica con l’Udc difficilmente sarebbe stato riconfermato – e accetterà di essere socia di minoranza senza cercare, sul serio, se non il sorpasso un avvicinamento che, a oggi, parrebbe nelle sue possibilità.

Certo, la ricandidatura di Marco Chiesa al Consiglio degli Stati gode anche del sostegno della Lega. Sulla carta. Per questo è più che comprensibile come l’Udc ripeta spesso che la riconferma di Chiesa è tutto tranne che scontata e che andrà sostenuto fino all’ultimo voto. L’elettorato leghista, quello gagliardo e ‘delle origini’, quello senza giacca e cravatta insomma, avrà digerito l’attacco di Piero Marchesi al posto di Zali? Sarà sufficiente dire, ed è eufemisticamente incontestabile, che Chiesa continuerebbe le battaglie sull’asilo, l’immigrazione e la sovranità nazionale?

Indipendentemente da come andranno in Ticino, le prossime elezioni federali confermeranno che l’Udc è il primo partito, per distacco, in Svizzera. In questa fase storica così delicata, sia a livello internazionale sia a livello nazionale – con i rincari dei premi di cassa malati e del prezzo dell’energia, e con un potere d’acquisto sempre più eroso – i democentristi dovrebbero fare un passo verso le loro responsabilità istituzionali, magari riallacciando i rapporti col fronte borghese, e smettere di usare dei modi che in alcune occasioni sono parsi eccessivamente muscolari. Adesso il vento è in poppa. Ma avere due seggi in governo e fare opposizione continua nella società, e a volte in parlamento, è pagante fino a un certo punto. Citofonare in via Monte Boglia.

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