IL COMMENTO

Tira la cinghia anche chi un salario ce l'ha

Uno svizzero su cinque non riesce a far fronte, nello spazio di un mese, a una spesa extra di 2’500 franchi

In sintesi:
  • Bastano una fattura imprevista del dentista o l’auto dal meccanico a far sballare drammaticamente il budget di molte economie domestiche
  • Avere una paga e dover comunque lottare per una vita dignitosa, perché la coperta è sempre troppo corta
(Depositphotos)
4 maggio 2023
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Uno svizzero su cinque non riesce a far fronte, nello spazio di un mese, a una spesa extra di 2’500 franchi. E ci si arriva velocemente. Bastano una fattura imprevista del dentista o l’auto in garage a far sballare drammaticamente il budget di molte economie domestiche. E in tempi di rincari - dove tutto, ma proprio tutto, dal pane alla bolletta dell’elettricità - è più costoso, sempre più persone in Ticino si ritrovano con l’acqua alla gola. C'è chi deve scegliere se pagare l’affitto o la cassa malati, se rischiare lo sfratto o problemi con l’assicurazione malattia. Questo emerge da una fotografia che abbiamo fatto parlando con chi è al fronte e risponde, per primo, alle crescenti emergenze finanziarie.

Nei primi mesi di quest'anno, associazioni come Croce Rossa, Fondazione Francesco di fra Martino Dotta, Soccorso d’inverno, Tavolino magico, Caritas (tanto per citarne alcune) ci dicono di aver fronteggiato una nuova ondata di indigenza. Hanno risposto presente a chi chiedeva un pasto caldo, cibo da mettere in tavola per la famiglia, ma anche un sostegno puntuale per saldare fatture scoperte, per evitare lo sfratto. C’è una novità. Ora lo Tsunami dei nuovi precari sta investendo anche i servizi sociali di grossi comuni: a Lugano, negli ultimi due mesi, sono quasi raddoppiate le richieste di aiuto dei cittadini; a Mendrisio il telefono squilla in continuazione. Entrambi i comuni sono confrontati con una nuova realtà, fatta di famiglie con bisogni puntuali, perché costrette a rapportarsi con un budget mensile da minimo vitale. Tenuto conto dell’inflazione, i salari nel 2022 sono scesi dell’1,9%. E si sente. Basta un extra per accumulare ritardi nei pagamenti. Anche a Bellinzona e Locarno, i servizi sociali segnalano una maggiore fragilizzazione del tessuto sociale e una nuova preoccupazione: i giovani.

Tutti segnali poco piacevoli. Speriamo siano episodi passeggeri che possano venir tamponati con aiuti puntuali. Anche se le premesse non lasciano ben sperare.

Una fotografia comunque in linea coi nuovi dati ufficiali. Due giorni fa, l’Ufficio federale di statistica ha pubblicato l’indagine sul tasso di povertà nella ricca Svizzera, dove 745'000 persone nel 2021 erano colpite da povertà reddituale (8,7% della popolazione). Ben 157mila elvetici pur lavorando, non hanno percepito un reddito superiore alla soglia di povertà (2'289 franchi mensili per un single, 3'989 franchi per una famiglia di 4 persone). Molti di più, ossia 448 mila svizzeri, sono costretti a rinunciare a importanti beni, servizi e attività sociali per ragioni finanziarie. Una precarietà, che in Ticino è ancora più accentuata: un residente su 4 vive con un reddito a rischio povertà (Ufficio cantonale di statistica, 2020).

Il problema non è solo il lavoro ma i salari, la pressione al ribasso esercitata da un frontalierato in continua crescita, in un mercato sempre più precario e su chiamata.

Avere una paga e dover comunque lottare per una vita dignitosa, perché la coperta è sempre troppo corta. C’è preoccupazione per i mesi a venire, tra rincari, nuove bollette in arrivo, insufficiente adeguamento di salari e rendite.

Eppure i numeri dell’assistenza non salgono. Infatti, chi può la evita per paura di perdere il permesso B, per vergogna, per la poca familiarità con una burocrazia sempre più complessa. Così la povertà ufficiale e quella reale sono sempre più distanti.

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