Potenti, sicuri di sé, fosse una guerra o una riforma delle pensioni. Poi arriva il film con un orsetto e si scoprono tutte le fragilità del potere
Pare che Caligola avesse paura dei temporali, Giulio Cesare degli insetti, Alessandro Magno dei ragni, Gengis Khan dei gatti. Quando le donne erano tenute – nelle teste e nella vulgata popolare – a fare da tappezzeria, si diceva che “dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna”. E invece no, boh, sì, forse, dipende. Di sicuro dietro a un presunto “grande uomo” (perché grandi talvolta sono le responsabilità e i ruoli, non sempre chi li riveste) – leggasi “uomo potente” – c’è una piccola, grande paura.
Quella di Xi Jinping è Winnie the Pooh, oscurato e nascosto a più riprese in Cina, negli ultimi cinque anni, da quando lo scatto di una passeggiata di Xi con Obama ricordò a molti un fotogramma di Winnie the Pooh accanto all’amico Tigro. Ultima puntata: lo stop, “per motivi tecnici”, alla proiezione di ‘Blood & Honey’ a Hong Kong. Il celebre orsetto somiglia in effetti un po’ troppo a Xi, o meglio, è Xi – che ha trent’anni di meno – ad assomigliare a Winnie the Pooh (la sua prima storia è datata 1924, un quarto di secolo prima della nascita della Repubblica popolare cinese).
Xi in questi giorni ha detto chiaro e tondo di non aver paura di Biden e degli americani, anzi dell’Occidente intero, ha dimostrato di non averla di Putin, di fatto declassato da partner alla pari ad alleato subalterno. Xi non ha paura di battere i record di Mao né delle critiche delle diplomazie di mezzo mondo o dei report delle Ong che contestano i troppi angoli bui di un Paese che piazza i riflettori solo dove e quando gli pare.
Winnie the Pooh e Tigro e accanto Xi con Obama. L’accostamento diventò virale (Keystone)
Xi è uno che tira dritto. Come Putin, che invade un Paese sbagliando calcoli e previsioni (militari, sociali, economiche…) e non si ferma nemmeno davanti all’evidenza di una guerra impantanata nelle sabbie mobili. Tira dritto Macron, che insiste nel far passare una riforma delle pensioni che non piace a nessuno, bypassando una delle Camere e scambiando il presidenzialismo alla francese con quello capriccioso e chiassoso di certi leader caraibici.
Tirano dritto anche potenti a cui hanno sfilato la poltrona: Boris Johnson a Londra, che aspetta il verdetto del Partygate dicendo che non ha detto bugie, dopo che è stato certificato che ha detto bugie, dimostrando così di aver detto l’ennesima bugia. E poi Donald Trump, invischiato in storie di mazzette e pornostar: anche lui non ha paura di nessuno, dice che vuole che «tutti lo vedano in manette». Niente di nuovo, era uno che stava seduto alla Casa Bianca come al bar del quartiere, minacciando chi non gli andava a genio via Twitter, come un represso qualunque costretto nel cubicolo di un ufficetto qualunque.
Ma anche Trump – come Putin, come Macron, come Johnson, come il capo arrogantello e supponente dell’ufficetto qualunque – ha il suo Winnie the Pooh.
Proteste anti-cinesi con Winnie the Pooh a simboleggiare Xi (Keystone)
Sarkozy e Berlusconi, altri due che avevano la fissa del tirare dritto, convinti di essere sempre nel giusto, avevano lo stesso punto debole, l’altezza: a tal punto da farsi confezionare scarpe col tacco interno rialzato pur di sentirsi a loro agio in mezzo agli altri. Non tanto bassi, che non è certo una colpa, ma piccoli. Insomma, avevano paura di quel che erano, e quindi, alla fine, di tutto. Sembravano eterni ed è già come se non ci fossero più.
La Storia ce l’ha mostrato fin troppe volte: questi potenti convinti di avere sempre la ragione, la “ggente” o Dio dalla loro parte si sentono protetti da fortezze che sono in realtà castelli di carta: a volte basta soffiare per vederli vacillare. Il comandante Winnie the Pooh ci indicherà la via.