laR+ IL COMMENTO

Una riforma del secondo pilastro che non mantiene le promesse

Il Parlamento si accinge ad approvare un progetto minimalista, che avrà vita dura in votazione popolare

In sintesi:
  • Compensazioni striminzite, maggior copertura di bassi salari e tempi parziali, ma a costi enormi
  • La sinistra è sulle barricate, ma la riforma non piace nemmeno a una parte del mondo economico
Il consigliere federale Alain Berset durante il dibattito al Consiglio nazionale
(Keystone)
1 marzo 2023
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Mantenere il livello delle rendite; rafforzare il finanziamento del secondo pilastro; migliorare la copertura assicurativa dei lavoratori a tempo parziale, e quindi in particolare delle donne. Questo si proponeva di fare il Consiglio federale con la riforma della previdenza professionale (Lpp 21). Due anni e mezzo fa aveva trasmesso al Parlamento un modello elaborato – su sua richiesta – da Unione svizzera degli imprenditori (Usi), Unione sindacale svizzera (Uss) e Travail.Suisse. Il compromesso intendeva compensare la prevista riduzione delle rendite (del 12%, per effetto dell’abbassamento del tasso di conversione dal 6,8% al 6%) con un supplemento mensile a vita per tutti i futuri pensionati, finanziato attraverso un aumento dei contributi salariali paritari (0,5% a carico dei lavoratori, 0,5% dei datori di lavoro).

Quel modello – frutto se non di «un miracolo», quantomeno di «una performance abbastanza eccezionale» delle parti sociali, ha ricordato ieri il consigliere federale Alain Berset – è stato bollato come "innaffiatoio" e spazzato via senza remore dalla maggioranza borghese del Parlamento. Al suo posto ne sta per essere adottato uno "più mirato". Talmente mirato, che soltanto una persona su due tra quelle appartenenti a una generazione transitoria di 15 anni beneficerà di un supplemento mensile (e solo una parte di loro lo otterrà intero). I sostenitori di quest’opzione minimalista (il relatore della commissione Benjamin Roduit, ad esempio) osano chiamarlo «compromesso»: un ‘compromesso’ «non perfetto», certo, ma pur sempre «preferibile allo statu quo, soprattutto per i lavoratori a basso reddito e le donne».

Le donne, appunto. Oggi percepiscono rendite pensionistiche di un terzo inferiore in media rispetto a quelle degli uomini. Una discrepanza dovuta in massima parte alla Lpp. A loro, ancora pochi mesi fa i partiti borghesi avevano promesso una miglior copertura nel secondo pilastro. L’esercizio ora si sta concludendo. Con risultati deludenti. Alain Berset ha ricordato che le «promesse fatte» lo scorso autunno e il ‘sì’ sul filo di lana alla votazione sulla ‘stabilizzazione’ dell’Avs dovrebbero suggerire «molta modestia». Invece, la maggioranza del Parlamento piazza molto in alto l’asticella per un ‘sì’ alle urne.

Compensazioni tutto sommato striminzite; maggior copertura dei bassi salari e dei lavoratori a tempo parziale, per avere (decenni più tardi!) rendite di qualche centinaio di franchi più elevate, ma a costi enormi (immediati!) in termini di contributi salariali. Sinistra e sindacati si fregano le mani. L’Unione sindacale svizzera deplora "un puro e semplice smantellamento", con "riduzioni di rendita fino a 200 franchi al mese". E già pregusta l’assist che la maggioranza parlamentare sta regalando alla sua iniziativa per una tredicesima Avs "a vantaggio – sottolinea – soprattutto delle persone a basso reddito". Sindacati, Ps e Verdi potranno verosimilmente contare su preziosi, inusuali alleati, nella battaglia contro la mai amata Lpp. Anche una parte dell’economia, in special modo le organizzazioni (l’Unione svizzera dei contadini, la stessa Usam) che rappresentano settori dove impieghi a tempo parziale e salari medio-bassi sono diffusi, giudicano infatti troppo cara questa riforma.

Non sarà una passeggiata per chi dovrà spiegarla alle cittadine e ai cittadini. E non sarà un dramma se alla fine questo progetto finirà in nulla. Anzi.

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