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Biden-Xi Jinping: finalmente...

Il primo faccia a faccia, lungamente preparato in vista del G20, scongiura il peggio e allontana un’escalation militare globale

In sintesi:
  • Il mondo bicefalo ribattezzato “Chimerica” prova a trovare un equilibrio
  • L'Europa prova a giocare il ruolo del terzo incomodo scongiurando il rischio di un G+20
  • Resta da sciogliere il nodo Taiwan
XI Jinping e Joe Biden al G20 (Keystone)
15 novembre 2022
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«Approfondito, franco e onesto». I tre aggettivi con i quali Pechino condensa l’incontro di Bali, in Indonesia, vanno un po’ oltre il classico laconico comunicato di fine summit. Un larvato ottimismo è oggi legittimo, una bozza di disgelo sembra poter arginare quel clima di estrema tensione che ha precipitato i rapporti tra le prime due potenze mondiali negli abissi della loro storia diplomatica. Xi Jinping sottolinea il "dialogo sincero sulle questioni strategiche". Joe Biden, ritemprato, ringalluzzito dalle good news domestiche sull’inatteso esito delle midterm, sintetizza: "Dobbiamo evitare che il confronto si tramuti in scontro".

Il primo summit in tête-à-tête tra i due presidenti, lungamente preparato, scongiura certamente il peggio; ci si allontana dall’orlo del baratro sul quale ci aveva spinto l’invasione russa dell’Ucraina, la militaresca insensatezza del "Grande Fratello", il despota Kim Jong-un ormai alla vigilia del settimo esperimento nucleare della Corea del Nord, e l’esplosiva situazione a Taiwan con l’improvvida visita in loco della presidente della Camera dei rappresentanti Usa Nancy Pelosi.

Negli ultimi anni lo sviluppo dei rapporti di forza economici ha delineato un mondo sempre più bipolare, un essere bicefalo già battezzato "Chimerica", con una Cina in crescita e con un’America sempre numero uno ma in relativo declino. La Russia ormai intrappolata nei fanghi del suo fallimentare sogno neo imperiale rimane un’alleata, ma solo di facciata, della Cina: Pechino ha già preso le distanze nel recente vertice asiatico di Samarcanda e ribadisce oggi il suo no a guerra e derive nucleari.


La mano di Biden sulla schiena di Xi, dopo l’incontro (Keystone)

L’Europa mira a diventare il terzo incomodo ed evitare proprio oggi e domani, nei giorni del summit dei più ricchi e potenti della Terra, che il G20 si trasformi, come paventa un analista, in un G2+0. L’atlantismo rimane solido, ma nei rapporti transoceanici si è incuneata da tempo una buona dose di diffidenza: se la Cina non è mai stata vicina, con un XX Congresso del Pc che ne ha addirittura rafforzato la matrice dittatoriale, il conformismo e le chiusure; l’America lo è sempre meno con un modello di democrazia scarsamente credibile così come poco persuasivo appare il suo retorico perorare (a geometria variabile) la causa dei diritti umani nel mondo. La legge delle relazioni internazionali ci riporta inevitabilmente comunque sempre lì, alla dimensione commerciale ed economica, ed è in questo ambito che si giocherà il futuro del confronto tra le potenze. Non per nulla le pratiche commerciali cinesi, considerate da americani ed europei sleali, sono il primo dei nodi da sciogliere.

Washington applica dal 7 ottobre sanzioni commerciali pesanti sulle componenti cinesi ad alta tecnologia e non è certamente casuale il fatto che malgrado la proclamata politica di "una sola Cina" la Casa Bianca si fosse detta per ben quattro volte pronta a difendere militarmente Taiwan. L’isola cinese in effetti ospita aziende-gioiello dell’hi-tech. A partire dal colosso Tsmc che produce addirittura il 90% dei semiconduttori più performanti al mondo, quelli per intenderci che fanno funzionare gli iPhone ma pure i cacciabombardieri F-35 e i missili ipersonici. Il summit Biden-Xi Jinping sarà ora seguito da una serie di visite a Pechino del segretario di Stato Antony Blinken. Le premesse sono incoraggianti, la strada è tracciata, anche se la ricucitura vera e propria rimane un obiettivo parecchio distante.